Tutti nel Pd/3

Tutti nel super Pd

Claudio Cerasa

“Si fa così: si prendono tutti i testoni che fanno politica un po' al centro e un po' a sinistra, li si mette assieme, li si schiera uno accanto all'altro, li si mescola per bene, poi si uniscono le forze, si crea un unico contenitore e alla fine vedrete che il risultato sarà ovvio: sarà quello di aver creato un elisir di lunga vita per il centrosinistra italiano”.

    Si fa così: si prendono tutti i testoni che fanno politica un po' al centro e un po' a sinistra, li si mette assieme, li si schiera uno accanto all'altro, li si mescola per bene, poi si uniscono le forze, si crea un unico contenitore e alla fine vedrete che il risultato sarà ovvio: sarà quello di aver creato un elisir di lunga vita per il centrosinistra italiano”. Al professor Michele Salvati piace l'idea di raccogliere le anime politiche al centrosinistra e di metterle in un contenitore unico in grado di trasformarsi nella vera alternativa al centrodestra. Secondo Salvati, la formula del tutti dentro, tutti nel Partito democratico è l'unica evoluzione possibile per un partito un po' impapocchiato come sembra essere oggi quello guidato da Dario Franceschini.

    In questo momento, ci sono due strade che i democratici possono percorrere. La prima è quella che stanno provando a tracciare Enrico Letta e Massimo D'Alema. Il loro discorso è semplice: non può esistere un grande partito di centrosinistra in condizione di rosicchiare tanti voti al centro. D'Alema e Letta pensano che occorra dividersi i compiti per accerchiare la destra e il modo migliore per farlo è – secondo loro – investire su un polo di centro e uno di sinistra. Un'idea rispettabile che andrebbe spiegata con un po' più di coraggio, ma che resta comunque simile alla strategia del gambero: ‘forward to the past'. La seconda strada è quella che invece sognano le altre anime del centrosinistra ed è quello di cui avete scritto ieri: il tutti dentro è una buona sintesi giornalistica per riassumere il progetto, ma ciò che oggi dovrebbe davvero fare senza paura il Pd è lanciare subito un'offerta pubblica di adesione rivolta a tutti quanti: socialisti, comunisti, radicali e dipietristi. A loro andrebbe spiegato che l'unico partito che può governare l'Italia da centrosinistra è quello unico: gli altri progetti a me sembrano semplicemente inutili, dannosi e fallimentari”.

    La spina dorsale su cui dovrebbe poggiare il progetto di espansione del Pd Salvati la immagina così. “Per dare una nuova impronta al partito non servono 283 pagine di programma, servirebbero solo quattro concetti chiari. Questi qui: attenzione ai redditi più bassi, rivoluzione del sistema degli ammortizzatori sociali, un occhio speciale per l'immigrazione e un nuovo progetto per il mezzogiorno”. Salvati poi si spinge un po' più in là e, dovendo proprio immaginare quali potranno essere le anime felicemente comprese nel contenitore di centrosinistra, fa tre nomi mica da poco: Giulio Tremonti, Maurizio Sacconi e Renato Brunetta. Professore, ne è proprio sicuro? “Altroché – rilancia Salvati – in un partito unico sarebbe possibile rimettere insieme anche quelle anime socialiste che oggi non trovano spazio nel Pdl. Anzi, volete sapere la verità? Con l'uscita di scena di Berlusconi, io uno come Tremonti potrei immaginarmelo persino ai vertici di un partito del genere”.

    Come in molti ricorderanno, Salvati fu il primo in Italia a immaginare un partito capace di contenere al suo interno realtà politiche sinistre e centriste. Quel partito era il Pd e il professore anticipò il progetto proprio su queste pagine, sei anni fa. “La prima fase è stata l'Unione. Poi è arrivato l'Ulivo. Poi il Pd veltroniano. Ora a me sembra che non resti che un super Pd. Attenzione, io non ho nulla contro il progetto di D'Alema e Letta. Quella è un'alternativa, ma è un'alternativa che in un sistema come il nostro – che premia i partiti che raggiungono le maggioranze relative – oltre che essere vecchiotta è anche un po' dannosa”.

    Per non parlare poi di quello che si muove ancora più a sinistra. “Un progetto come quello tedesco della Linke – del tutti dentro in un partito di sinistra – nel nostro paese sarebbe un disastro e non sarebbe competitivo. Il partito unico invece sì. Dobbiamo ricordarci che l'Italia è un paese fondamentalmente di destra: negli ultimi quindici anni, a livello nazionale, il centrosinistra ha vinto solo quando dall'altra parte si sono verificate circostanze di questo tipo: o il centrodestra collassava perché distrutto dalle sue contraddizioni interne o il centrosinistra vinceva perché il paese aveva semplicemente bisogno di sperimentare un'alternativa. Un voto convinto per un progetto di centrosinistra io non l'ho ancora visto. Mi rendo conto – continua Salvati – che per formare un Pd unico  servirebbe una figura non meno carismatica di Gesù Cristo, però resto convinto di questo: sinistre, socialisti, dipietristi e vendoliani dovrebbero entrare subito nel Pd. Gli si dovrebbe dire così: signori, volete vincere? Volete provare a governare il paese senza azzuffarvi. Questa è l'unica vera alternativa che avete. Prendere o lasciare”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.