Sconvolgenti scoop nella Repubblica dei miei stivali
Scoperte nuove orribili sconcezze sotto il cielo di Sardegna, stivali di velluto
Salvate i soldati Paolo Berizzi e Carlo Bonini. Anime candide e ragazzi d'altri tempi, che Repubblica manda allo sbaraglio nel mondo del peccato, sconvolti dalla visione di migliaia (e sottolineiamo migliaia) scatti rubati dal fotografo Antonello Zappadu, Berizzi e Bonini scrivono ormai in stato di evidente e insano turbamento, nonostante lo stesso Zappaddu, evidentemente rotto a ogni bruttura, si premuri di sottolineare che in quelle foto in fondo non c'è “nulla di pruriginoso".
Salvate i soldati Paolo Berizzi e Carlo Bonini. Anime candide e ragazzi d'altri tempi, che Repubblica manda allo sbaraglio nel mondo del peccato, della smodata e non autorizzata lussuria, sulle tracce di inenarrabili malefatte della carne, consumate tra cactus e oleandri nei giardini di villa Certosa, succursale sarda di Sodoma e Gomorra. Sconvolti dalla visione di migliaia (e sottolineiamo migliaia) scatti rubati dal fotografo Antonello Zappadu, Berizzi e Bonini scrivono ormai in stato di evidente e insano turbamento, nonostante lo stesso Zappaddu, evidentemente rotto a ogni bruttura, si premuri di sottolineare che in quelle foto in fondo non c'è “nulla di pruriginoso. Piuttosto, direi immagini politicamente imbarazzanti”.
La fa facile, lui. Per dirne una, “nei giardini della villa, c'è un finto matrimonio tra Berlusconi e una ragazza. Ci sono il bouquet di fiori e un gruppo di altre ragazze intorno a loro che applaudono divertite”. Non basta. C'è pure “una donna bruna vestita di scuro, gli occhiali da sole dalla grande montatura, che anticipa il presidente del consiglio sulla pista dell'aeroporto di Olbia e lo aspetta per imbarcarsi con lui”. Insospettiti dalla “grande montatura”, da cronisti di razza quali sono, Berizzi e Bonini, che le montature sono abituati a smascherarle, procedono vieppiù turbati eppure decisi ad arrivare fino ai bassifondi della deboscia berlusconiana: “Si è scritto nelle scorse settimane di ‘docce saffiche', di nudi in topless a bordo piscina, di ragazze, ora in pigiama, ora in baby-doll a passeggio nel patio della villa, lasciando immaginare squarci vouyeristici. In realtà, quello che colpisce delle sequenze in cui le ragazze vengono ritratte, non è tanto quel che fanno (c'è una doccia, ma non è saffica, tanto per dirne una), ma come appaiono”.
Ecco. Li immaginiamo sempre più confusi e sudati, poveri Berizzi e Bonini, minacciati nella loro commovente integrità dagli “squarci voyeristici” su quelle ragazze in pigiama e soprattutto in baby-doll, indumento del quale non sentivamo parlare dal 1956. Il fatto è che “alcune sembrano avere tratti slavi. E, nonostante vengano tutte riprese sempre in pieno giorno (normalmente tra le 13 le 16), è come se indossassero un costume di scena. Passeggiano nel parco non in jeans o in scarpe da ginnastica, ma con stivali in velluto (viola, bianchi) scarpe dai tacchi alti, ridottissime minigonne, abiti colorati che ne fasciano i corpi”. Un brivido corre lungo la schiena di chi legge, e non può che essere il pallido riflesso del brivido che deve aver squassato Berizzi e Bonini, messi di fronte a quelle foto sconvolgenti. Abiti colorati che fasciano i corpi, capite? Non li nascondono né tantomeno li coprono: li fasciano. Abiti di un “giallo acceso”, per esempio, per non parlare di “una maglietta rosa”, e soprattutto delle “ridottissime minigonne”. Non le solite minigonne al ginocchio o al polpaccio, come siamo abituati a vedere in giro nei posti perbene.
E' veramente orribile che certe sconcezze siano praticate così, all'aria aperta, sotto il cielo di Sardegna. Ed è ancora più terribile che i poveri Berizzi e Bonini siano stati costretti a un contatto tanto brutale con cose che, fino a oggi, noi umani non avremmo potuto nemmeno immaginare. L'apice dell'obbrobrio è in quegli “stivali di velluto”. Ombre di feticismo si allungano sul paesaggio finto bucolico di villa Certosa. Berizzi e Bonini non la bevono e denunciano. Loro, del resto, fino a oggi si sono astenuti anche solo dallo sfogliare Velvet, il mensile fashion di Repubblica, direttore Ezio Mauro. Non volevano correre il rischio di incappare nelle foto di occhiali con grandi montature, di minigonne ridottissime, di ragazze dai sospetti tratti slavi, di abiti colorati che fasciano i corpi. Velvet, come velluto, dove si può leggere (pag. 176 dell'ultimo numero) un elogio delle “donne smodate, ingorde, incontentabili, puttane e ninfomani, se volete utilizzare un linguaggio caro a beghine, signori ipocriti e baciapile di centrodestra”. E allora capiamo il senso della perturbante immagine descritta, alla fine del loro pezzo, da Berizzi e Bonini: “Appaiono ospiti di mezza età. Il primo veste un maglione beige e ha il volto incorniciato da baffi e capelli bianchi. Anche il secondo gli sembra coetaneo: capelli bianchi, golf blu, pantaloni scuri. L'ultimo, sullo sfondo, osserva la scena: stringe una rivista”. Velvet?”.
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