Descamisado
Massimo Caprara, morto a Milano all'età brillante di 89 anni, era nel Dopoguerra a Portici il “sindaco senza scarpe”, insomma quello che per gli argentini fu il “descamisado”, una energia iconica forte, popolare e anche un poco populista e magari peronista, ma sempre legittimata dallo stampo intellettuale di alto rango del comunismo italiano (con Togliatti) e napoletano.
Massimo Caprara, morto a Milano all'età brillante di 89 anni, era nel Dopoguerra a Portici il “sindaco senza scarpe”, insomma quello che per gli argentini fu il “descamisado”, una energia iconica forte, popolare e anche un poco populista e magari peronista, ma sempre legittimata dallo stampo intellettuale di alto rango del comunismo italiano (con Togliatti) e napoletano (da Giorgio Amendola a “Giorgino” Napolitano, passando per una caterva di ideologi, filosofi, artisti, matematici, tutta gente scapricciata, non banale, capace di tutto e buona a qualcosa di importante nella storia del paese).
Caprara fu per molti anni segretario di Togliatti, fu un altro intellettuale borghese, e giovane di età, tra quelli chiamati a comporre lo staff di un dirigente internazionalista che aveva soggiornato nelle stanze dell'Hotel Lux di Mosca e di quell'esperienza portava lo stampo di terrore e di grandezza storica. Nell'ultima parte della sua vita, Caprara ha dato fondo agli archivi della memoria intorno a quel periodo di formazione del gruppo dirigente del Pci togliattiano, suscitando interesse e raccontando molte cose interessanti, ma in quegli archivi, come in tutti gli archivi, resisteva sempre un doppio fondo che sfugge al ricordo personale e che va inesorabilmente affidato al giudizio documentato e freddo degli storici.
Il segretario di Togliatti non poteva non essere un conformista, anche nel senso più nobile del termine, ma la disciplina d'apparato e l'ortodossia non erano fatte per quel tribuno e gran signore che si era imbarcato in mille incarichi parlamentari, di guida diretta degli apparati in Campania, fino all'elezione nel mitico Comitato centrale e a una collaborazione assidua, vivace, intelligente con la stampa comunista direttamente risalente alla responsabilità di Togliatti, in primis la sua creatura che fu Rinascita.
A quattro anni dalla morte del capo comunista, in pieno 1968, Caprara si strinse in un sodalizio effimero, che si scioglierà presto, con Pintor, Rossanda, Parlato, Magri, Castellina, gli uomini e le donne che costituirono una frazione politica nel Pci e diedero vita, da posizioni di sinistra ultracomuniste, in bilico tra mille cineserie maoiste e la solidarietà con una mitica Praga dei consigli (la Praga liberale di Dubcek e Smrkowski non era affar loro), alla rivista il Manifesto, precursore del quotidiano nato poi nel 1972.
Dopo la inevitabile radiazione dal partito, l'ex segretario di Togliatti, che nel frattempo aveva assimilato tutto il gusto del dissenso personale, intraprese una carriera pubblicistica fortunata e curiosa, con grandi inchieste sul mondo dei servizi d'informazione, fonti impenetrabili e decisive per la ricostruzione delle cose segrete degli anni Settanta.
Fu doppiamente sospettato di apostasia, prima dal Partito comunista e poi dalla frazione dissenziente del Manifesto, che si riconciliò almeno parzialmente con Enrico Berlinguer, tanto da entrare in Parlamento con i voti del Pci. Caprara no, cominciò un suo percorso solitario nel senso dell'anticomunismo radicale, una strada che conduceva all'isolamento, al massimo a qualche rapporto con Craxi e poi, ma solo poi, a un approdo politicamente più chiaro, ma sempre governato con un certo riserbo mentale, alla destra. E' stata l'epoca, dopo la sinecura della condirezione dell'Illustrazione italiana con il magico Lino Jannuzzi, della collaborazione al Giornale, dei convegni sull'anticomunismo al fianco del senatore Guzzanti e di un accenno di conversione personale al cattolicesimo, nelle sapienti mani dei ciellini di Milano.
Lo storico trotzkista Isaac Deutscher divideva il destino dei dissidenti dal comunismo lungo le due linee di forza degli eretici e dei rinnegati, e seppe confondere acque di per sé già ben confuse, nominando senza complessi, in un suo vecchio saggio storico, le compromissioni sulfuree con l'ex nemico, al tempo della Guerra fredda e delle grandi spie. Caprara ebbe la ventura di vivere lucidamente quell'avventura del XX secolo che fu l'exeità, l'uscita forzata, conflittuale, liberatoria da un mondo che non consentiva uscite di sicurezza.
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