Storia, teoria e prassi della relazione annuale

Il formidabile inno di Catricalà al libero mercato in versione anticrisi

Michele Arnese

Ha criticato le banche provocando la reazione dell'Abi: “I passi avanti sulla trasparenza non sono stati timidi ma coraggiosi”, ha replicato il presidente Corrado Faissola. E ha, soprattutto, invocato Parlamento e governo a non recedere dalle liberalizzazioni, anzi. Dalle farmacie al settore assicurativo, dalla distribuzione del gas ai servizi pubblici locali, il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalà ha invocato il legislatore a non indulgere in restaurazioni.

    Ha criticato le banche (causa reputazione compromessa per prassi contrattuali spesso incomprensibili), provocando la reazione dell'Abi: “I passi avanti sulla trasparenza non sono stati timidi ma coraggiosi”, ha replicato il presidente Corrado Faissola. E ha, soprattutto, invocato Parlamento e governo a non recedere dalle liberalizzazioni, anzi. Dalle farmacie al settore assicurativo, dalla distribuzione del gas ai servizi pubblici locali, il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalà, nella relazione annuale dell'Authority tenuta ieri, ha invocato il legislatore a non indulgere in restaurazioni: “In Parlamento va scoraggiato lo stillicidio di iniziative volte a restaurare gli equilibri del passato”. L'obiettivo di una maggiore concorrenza nei mercati va perseguito anche nei prossimi appuntamenti che attendono il paese, ha detto Catricalà, riferendosi all'alta velocità ferroviaria, al digitale terrestre e satellitare, fino alla banda larga e alle comunicazioni elettroniche.

    Qualche osservatore ha notato come i rilievi si siano spinti verso terreni politicamente sensibili, come la legge sul conflitto di interessi, definita “macchinosa sul manifestarsi dinamico del conflitto”, seppure “chiara sugli aspetti statici delle incompatibilità tra cariche di governo e altri incarichi pubblici e privati”.
    Ma al di là di aspetti contingenti e di dettaglio, la relazione del presidente Antitrust si è caratterizzata nelle prime pagine come un inno al mercato e alla concorrenza in tempi di crisi. Di più, ha fornito una giustificazione teorico-culturale basata anche su riferimenti storici per dimostrare che soltanto l'economia aperta – ovviamente regolata e vigilata – può tutelare i consumatori. “La congiuntura negativa tende a generare diffidenza verso le opportunità del confronto concorrenziale e verso le regole che lo disciplinano”, dice Catricalà.

    Era già accaduto negli Stati Uniti ai tempi della Grande depressione: “Alcuni consiglieri di Roosevelt ritennero che la concorrenza ne fosse concausa e nel 1933 fu approvata una legge per la ripresa dell'industria nazionale che recava importanti deroghe alla normativa antitrust”. La legge fu poi dichiarata incostituzionale nel maggio del 1935 e il comitato istituito da Roosevelt nell'aprile di quell'anno per l'esame degli effetti della riforma concluse che quel programma, promuovendo cartelli e monopoli, aveva di fatto rallentato la ripresa. “L'insegnamento che ne traiamo dagli errori del passato indica la giusta direzione”. Anche se “i segnali in Europa non sono incoraggianti”. Per questo il Garante riafferma che la “concorrenza sviluppa nuova ricchezza da investire e redistribuire, che la valorizzazione delle competenze stimola dinamismo e produttività, che la corretta misurazione dei meriti rende equa una competizione che non prescinda dai principi di sussidiarietà e solidarietà”. Concetti che si ricollegano con l'impostazione liberista-riformista espressa dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, nella recente assemblea annuale della confederazione degli imprenditori.

    Ma nel segnalare “i rischi di un ritorno al protezionismo e alle politiche restrittive”, Catricalà intende tutelare i consumatori e non le singole imprese. Per il Garante questo indirizzo non è costituito soltanto da parole proclamate ma anche da azioni pratiche. “Con l'istituzione di una seconda direzione generale dedicata alla tutela dei consumatori accanto a quella tipica di tutela della concorrenza, – dice al Foglio Gian Luca Zampa, socio dello Studio Freshfields Bruckhaus Deringer, membro del gruppo specialistico “Antitrust, competition and trade” – l'Antitrust ha assunto i connotati di un'authority a tutela del mercato di impostazione anglosassone (ad esempio, l'FTC statunitense o l'OFT inglese), abbandonando il modello continentale”.

    E' stato l'effetto anche di un allargamento delle competenze alle pratiche commerciali scorrette, “le cui procedure, peraltro, sono più veloci e snelle per l'avvio delle istruttorie  rispetto a quelle tipicamente antitrust”. Uno degli effetti indiretti di questa innovazione è stata l'impennata di multe comminate proprio per pratiche commerciali scorrette: 52 milioni di euro dall'inizio del 2008 fino ai primi quattro mesi del 2009 (contro i 5 milioni del 2007). “L'incremento delle sanzioni è anche l'effetto della relativa maggiore facilità di accertare pratiche commerciali scorrette rispetto all'accertamento di cartelli – dice Zampa – le stesse fattispecie delle pratiche scorrette sono meno complesse rispetto a quelle tipiche dell'azione antitrust (intese, abusi e concentrazioni) e permettono una gestione di un maggior numero di procedimenti allo stesso tempo”.