Fra timori e autocoscienza

Il Pdl tenta una risposta tutta politica contro la sindrome 25 luglio

Salvatore Merlo

Al di là del vero o del falso ne sono tutti consapevoli, le attribuzioni infamanti intorno alla vita privata del premier stanno superando il livello di guardia. Ma per i vertici del Pdl, il tanto evocato 25 luglio di Silvio Berlusconi non è alle viste. Dice Maurizio Gasparri: “La maggioranza è forte, i gruppi parlamentari sono saldi e tutta questa vicenda andrebbe ricondotta nei limiti della normalità – sostiene il capogruppo del Pdl al Senato.

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    Al di là del vero o del falso ne sono tutti consapevoli, le attribuzioni infamanti intorno alla vita privata del premier stanno superando il livello di guardia. Ma per i vertici del Pdl, il tanto evocato 25 luglio di Silvio Berlusconi non è alle viste. Dice Maurizio Gasparri: “La maggioranza è forte, i gruppi parlamentari sono saldi e tutta questa vicenda andrebbe ricondotta nei limiti della normalità – sostiene il capogruppo del Pdl al Senato – L'azione di governo conta molto di più degli schizzi di fango. Andremo avanti coesi puntando sulle riforme, indispensabili e prioritarie per il bene del paese”. Eppure nelle ultime ventiquattro ore, dopo l'intervista del Corriere ripresa ieri con forza da Repubblica, gli ambienti berlusconiani sono stati attraversati da un intenso tramestio e in tanti hanno rimproverato agli uomini più vicini al premier di non averlo protetto a sufficienza, di non averlo costretto “a un comportamento più cauto nei confronti dei propri ospiti”.

    Un tramestio che mercoledì, a caldo, ha comportato anche qualche sbavatura, qualche errore di comunicazione, non solo da parte dell'avvocato Niccolò Ghedini (che ha poi rettificato per intervento del capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto) ma persino da parte dei tre coordinatori del partito quando questi hanno espresso “solidarietà al premier”. L'analisi che fanno i berlusconiani minimizza l'inchiesta giudiziaria di Bari e si concentra sull'attacco a mezzo stampa rivolto contro la credibilità del premier: “Il gioco è politico e la risposta dev'essere politica”. Ma è un gioco al buio su cui alcuni dignitari del centrodestra non vogliono sbilanciarsi, “non sappiamo ancora quanto e cosa potrebbe uscire fuori”. Difatti pesano molti silenzi. Questo mentre Gianfranco Fini, quando di complotto si parla, si esprime in termini palindromi ed equivocabili alimentando incertezza: “La pulsione a paventare aggressioni è un malessere della nostra democrazia”.

    L'idea del complotto istituzionale con l'appoggio di Massimo D'Alema aleggia ed è una ipotesi strategicamente valutata nel Pdl per tirarsi fuori dagli impicci. L'idea che si fa strada per superare la sindrome del 25 luglio è quella di denunciare le ipotesi di complotto e allo stesso tempo enfatizzare l'opera del governo. “Più passano le ore più risulta chiaro che non c'è assolutamente nulla di casuale”, dice il ministro Raffaele Fitto e Stefania Prestigiacomo rafforza il concetto: “Sono schizzi di fango mediatico. Noi ne usciamo attraverso l'opera del governo”. Complotto e funzionalismo, dunque. E nell'ipotesi del complotto fanno capolino anche i servizi segreti: Francesco Rutelli, presidente del Copasir, ha annunciato che la questione sarà posta in agenda già per la prossima settimana. Tutte idee frutto dell'autoanalisi di gruppo che ieri il Pdl ha tentato su se stesso. Ma ci sono eccezioni.

    Alessandro Campi, politologo finiano, direttore scientifico della fondazione FareFuturo dice: “Non possiamo permetterci questo stillicidio di insinuazioni infamanti, il clima è torbido e mi impressionano i rumorosi silenzi di tanti berlusconiani. C'è paura. Come se ne esce? Deve uscirne Berlusconi e deve farlo a modo suo, dando pieno sfogo alla propria fantasia e abilità comunicativa. Se chiederà scusa – dice Campi – allora aprirà una pagina nuova. Altrimenti, se si continua con la storia del complotto, almeno spero che faccia i nomi e i cognomi perché altrimenti non funziona”. Eppure la denuncia del complotto sembra la strategia preferita dal centrodestra. Un amico del Cav. come Giorgio Stracquadanio ipotizza che “con questa storia si voglia condizionare il giudizio della Consulta sul lodo Alfano. Lo bocciassero, Napolitano chiederebbe a Berlusconi di farsi da parte e si aprirebbe la strada di un governo di larghe intese”. Possibile? E' il complotto che offrirà una exit strategy a Berlusconi? “Il complotto fa ridere – dice il deputato finiano Fabio Granata – Se ne esce ridimensionando questa faccenduzza da quattro soldi. Se ne esce dicendo che il moralismo non ha mai portato da nessuna parte. Giocano con una debolezza nota del premier ma con argomenti risibili. Il tempo sarà giustiziere”. Ma intanto voci di Palazzo parlano di intercettazioni in arrivo.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.