Moussavi ha un lato sinistro segnato da morte e fanatismo

Giulio Meotti

Ai primi di maggio agenti in borghese del regime iraniano hanno cercato di distruggere le prove del massacro di 30 mila prigionieri politici. Hanno smosso il terreno di parte del cimitero di Khavaran, a sud-est di Teheran, trasferendo i resti delle vittime. Hanno utilizzato scavatori e camion per sollevare il terreno dove si trovano enormi fosse comuni. Hanno cominciato a sostituirle con terreno fresco. All'epoca il primo ministro con diretta responsabilità su quelle esecuzioni era Hossein Moussavi.

    Ai primi di maggio agenti in borghese del regime iraniano hanno cercato di distruggere le prove del massacro di 30 mila prigionieri politici. Hanno smosso il terreno di parte del cimitero di Khavaran, a sud-est di Teheran, trasferendo i resti delle vittime. Hanno utilizzato scavatori e camion per sollevare il terreno dove si trovano enormi fosse comuni. Hanno cominciato a sostituirle con terreno fresco. I familiari delle vittime hanno scoperto resti di scheletri lasciati in superficie. I mullah sono stati costretti però ad abbandonare il progetto di fronte alle proteste dei familiari. Nel 2006 il presidente Ahmadinejad aveva ordinato la demolizione delle lapidi appartenenti ad alcuni dei prigionieri politici uccisi. I resti risalgono al luglio 1988, quando l'Iran conobbe il più spaventoso massacro nella storia della Repubblica islamica. Trentamila morti, erano riformatori, dissidenti, apostati, ribelli, oppositori politici. I loro nomi, ricostruiti dopo molti anni, sono oggi reperibili in rete. All'epoca il primo ministro con diretta responsabilità su quelle esecuzioni era Hossein Moussavi, il principale avversario di Ahmadinejad alla guida della Repubblica islamica.

    Moussavi, che reclama anche una discendenza dal settimo imam sciita, si è messo alla testa di un movimento politico di cui non conosciamo effetti e conseguenze. Dietro alla sua figura incensata di “riformatore” si cela un curriculum sinistro, come è ben spiegato in un articolo di Kenneth Timmerman, direttore della Foundation for democracy in Iran. Moussavi è stato uno degli architetti del ministero dell'Informazione creato nel 1984, il responsabile della scomparsa, dell'uccisione e della persecuzione di migliaia di dissidenti. Il Mois, questo il nome della gestapo iraniana, fu costruita modellandola sul Kgb con l'aiuto di consulenti sovietici. Moussavi reclutava spie e informatori, autorizzava torture e arresti politici. In un'intervista al magazine Payane Enghelab del 1981, poco prima che diventasse primo ministro, Moussavi spiegò l'importanza di una milizia sciita libanese contro i “sionisti”. “Siamo pronti a combattere Israele con una forza armata”, disse Moussavi.

    Due anni dopo creò Hezbollah, oggi in prima fila nell'uccisione di ebrei in tutto il mondo, da Buenos Aires a Tel Aviv. Il 10 luglio 1981 il New York Times riferiva che Moussavi, da ministro degli Esteri iraniano, promosse una “purga” di diplomatici avversi al regime o fedeli del deposto Abolhassan Bani-Sadr. Il 26 ottobre di quell'anno la Reuters diffuse la notizia che Moussavi era contrario a ogni tipo di contatto fra Iran e Stati Uniti, “se non c'è un cambiamento radicale negli Stati Uniti”. Quattro giorni dopo l'Associated Press spiegava che la scelta di Moussavi come nuovo premier era “il segno che Teheran vuole esportare la rivoluzione islamica”. Su mandato di Khomeini, Moussavi prese in mano il principale quotidiano del regime, Jomhuri-e-islami, opponendosi al rilascio dei prigionieri americani e promuovendo l'ideologia talebana sciita, tra cui la messa al bando del gioco degli scacchi. Dopo la fatwa di morte contro lo scrittore Salman Rushdie, Moussavi annunciò che i fedeli della Rivoluzione avrebbero preso “misure necessarie” per portarla a termine. Nel 1991 la fatwa e i dettami di Moussavi diedero i primi frutti: a Tokyo venne ucciso a pugnalate il traduttore giapponese dei “Versetti satanici”, Hitoshi Igarashi. Trentasette ospiti di un albergo a Sivas, in Turchia, vengono uccisi nei tentativi di linciaggio del traduttore turco di Rushdie, Aziz Nesin. Anche il traduttore italiano di Rushdie stava per essere ucciso.

    Moussavi indisse un giorno di lutto nazionale per protestare contro “la cospirazione sporca e sinistra del Grande Satana nel pubblicare materiale velenoso che insulta l'islam, il Corano e il benedetto Profeta”. Durante il lungo premierato di Mousavi, iraniani hanno anche messo a segno alcuni degli attentati più eclatanti: trecento morti a Beirut contro gli americani, le uccisioni del cittadino statunitense William Buckley e del bibliotecario all'American University di Beirut Peter Kilburn, l'esecuzione del sociologo francese Michel Seurat e la sommossa alla Mecca del 1987 che costò la vita a quattrocento pellegrini.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.