Giscard d'Estaing spiega perché si è iscritto al club degli scettici da global warming
Il club degli scettici sulla catastrofe climatica ha un nuovo, illustre membro: Valery Giscard d'Estaing, presidente francese dal 1974 al 1981 e capo della convenzione europea nel 2002-2003. “Le considerevoli somme di denaro che diversi paesi in tutto il mondo credono di spendere per ‘salvare il pianeta' andranno completamente sperperati".
Il club degli scettici sulla catastrofe climatica ha un nuovo, illustre membro: Valery Giscard d'Estaing, presidente francese dal 1974 al 1981 e capo della convenzione europea nel 2002-2003. Nella prefazione al libro di Christian Gerondeau, “CO2. Un mythe planétaire” (éditions du Toucan, pp.270, euro17,90), scrive: “Le considerevoli somme di denaro che diversi paesi in tutto il mondo credono di spendere per ‘salvare il pianeta' andranno completamente sperperati, come quelle impiegate per tappezzare la Francia di turbine eoliche, che deturpano il nostro paesaggio e di cui non abbiamo alcuna necessità in termini di fabbisogno energetico. Il risultato è un cattivo uso dei fondi pubblici per una fonte energetica inefficace”.
Sono parole pesanti, sia per il nome ingombrante del loro autore, sia perché il volume di Gerondeau – ingegnere trasportista e già capo della delegazione francese alla Commissione europea e alla Banca mondiale – è tutto fuorché moderato. Autore due anni fa di “Ecologie, la grande arnaque” nel quale denunciava “il terrorismo intellettuale” dell'ambientalismo politicamente corretto, lo studioso francese torna oggi in libreria con un testo destinato a far discutere per la radicalità delle tesi che espone. Per Gerondeau, l'apocalisse del clima coincide con “la fine del buonsenso” e “una mistificazione organizzata”, perché l'evidenza scientifica non è sufficiente a dire l'ultima parola su quel che sta accadendo in atmosfera, e in particolare sull'influenza umana sulla temperatura.
Il problema, agli occhi dell'autore, va ben oltre gli aspetti scientifici, così come non si limita alle conseguenze (e gli interessi) economiche che sono sottese alle politiche del clima. La questione vera è che l'ecologismo radicale è “quasi una religione”, che non ammette eresia. E ciò nonostante, propone soluzioni irrealistiche, perché “le emissioni di gas a effetto serra sono essenzialmente una conseguenza diretta dell'uso dei combustibili fossili, e i bisogni dell'umanità sono tali che essa utilizzerà tutte le risorse disponibili in ogni momento, perché questa è una necessità assoluta per lo sviluppo e perché intere comunità possano uscire dalla miseria”.
Insomma, le questioni ambientali, per quanto importanti, non possono essere affrontate senza considerare anche le conseguenze per il benessere umano. Del resto, è improbabile pensare che il mondo rinunci alle sue prospettive di crescita nella vaga e lontana prospettiva di impedire il riscaldamento del globo, che almeno in parte avverrà comunque in conseguenza della componente naturale dei cambiamenti climatici. Né è realistico imporre obiettivi unilaterali ai paesi sviluppati, come vorrebbe fare l'Unione europea con le sue politiche ambientali, perché comunque il resto del mondo seguirà un'altra strada. Cioè, il clima non risentirà degli sforzi europei, mentre l'economia dell'Ue ne sarà gravemente colpita.
A maggior ragione, ciò è vero in assenza di un autentico consenso scientifico. Come scrive Giscard d'Estaing, “il grande vantaggio di una mentalità scientifica è che ragiona in modo obiettivo e ingegnoso”, lontano dagli schematismi facili della propaganda politica. Una lettura serena e distaccata del dibattito tra i climatologi, secondo il politico francese, offre ragioni di ottimismo, in quanto “probabilmente il pianeta non subirà grandi danni” e il nesso tra le emissioni antropogeniche e il riscaldamento globale è ancora da verificare. Nelle parole di Giscard d'Estaing, insomma, “questo libro ha la virtù di aiutarci a mettere in dubbio idee generalmente accettate e forse a scoprire nuove e più realistiche soluzioni per il futuro”.
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