Tra cambiamenti climatici e “glocalizzazione solidale”

La Caritas spera che l'enciclica di B-XVI non sia solo una “riflessione”

Maurizio Crippa

“Abbiamo vissuto la nostra esperienza di Gerico e ora le mura del libero mercato senza regole giacciono fra le macerie. La gente più povera, che per decenni ha meno beneficiato della crescita economica senza uguaglianza sta già pagando il prezzo più alto per questa pazzia”. Non è difficile immaginare, da queste parole, che tipo di aspettative nutra il cardinal Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, a proposito della “Caritas in veritate”.

    Dal Foglio di venerdì 26 giugno

    Abbiamo vissuto la nostra esperienza di Gerico e ora le mura del libero mercato senza regole giacciono fra le macerie. La gente più povera, che per decenni ha meno beneficiato della crescita economica senza uguaglianza sta già pagando il prezzo più alto per questa pazzia”. Non è difficile immaginare, da queste parole, che tipo di aspettative nutra il cardinal Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, a proposito della “Caritas in veritate”. La scorsa settimana, parlando ai membri della fondazione “Centesimus annus pro pontifice”, Benedetto XVI aveva ricordato che “la crisi finanziaria ed economica che ha colpito i paesi industrializzati, quelli emergenti e quelli in via di sviluppo, mostra in modo evidente come siano da ripensare certi paradigmi economico-finanziari che sono stati dominanti negli ultimi anni”. Lasciando intendere che nella sua lettera sarà contenuto un invito a tale ripensamento ha sintetizzato gli effetti della crisi mondiale in atto. E del resto l'attesa enciclica sociale non potrà tener conto di un umore diffuso in molti settori della chiesa, soprattutto nei paesi più poveri, di cui il primate dell'Honduras è una voce ascoltata in Vaticano. Maradiaga è infatti anche presidente di Caritas Internationalis, l'associazione che riunisce tutte le Caritas, e ieri era ospite d'onore al Convegno nazionale delle Caritas italiane a Torino.

    Truppe di prima linea, le Caritas fanno parte del fronte ecclesiale propenso a considerare la dottrina sociale tradizionale della chiesa un tutt'uno con la scelta preferenziale per i poveri, e tale scelta un punto fermo:  “Aiutare i poveri non è una opzione da fare solamente in tempi di prosperità, ma una responsabilità permanente”, ha detto ieri Maradiaga, aggiungendo, a proposito dell'uscita dell'enciclica, un significatico: “Spero che ci dia strumenti nuovi per continuare a sviluppare la dottrina sociale della chiesa”.

    Secondo tutte le informazioni filtrate fino ad oggi dal Vaticano, la “Caritas in veritate” dovrebbe chiudere in un virtuale pareggio la disputa tra chi si attende una netta condanna della “pazzia” del mercato capitalista, e chi spera di vedere confermata la linea della wojtyliana “Centesimus annus”, con il suo riconoscimento del valore intrinsecamente positivo della libertà economica. Ma più che di “condanna”, nel mondo delle Caritas si preferisce parlare di necessità di un ripensamento virtuoso, di una “educazione delle persone innanzitutto”, com spiega al Foglio monsignor Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente della Caritas italiana. Anche se, dice, “non ho informazioni precise sulla data di uscita”, Merisi è convinto che “sarà un approfondimento della tradizionale dottrina sociale, a cui ci ispiriamo tutti”, e assicura che “l'enciclica sarà subito posta come base del nostri impianto formativo, perché formare le coscienze è il primo compito, da cui deriva il resto dell'impegno, quelle ‘opere-segni' di carità e giustizia che mettiamo in atto in ogni ambito, ovunque c'è il bisogno”.

    Ma sulla necessità di cambiare tragitto, anche Merisi è chiaro: la crisi rischia “di innescare pericolose reazioni a catena: l'appiattimento del vivere solo il tempo presente, senza sguardi di carità e speranza verso il futuro”. Dunque è necessario “ridefinire a livello culturale e comunitario il nostro modo di intendere la realtà” e costruire una “glocalizzazione solidale”. L'attesa di una “svolta”, più che di una semplice “riflessione”, è dunque avvertita nei settori della chiesa più sensibili alle necessità sociali. Parlando con la stampa a margine del congresso torinese, Maradiaga si è ad esempio detto molto speranzoso dell'incontro tra Benedetto XVI e Barack Obama appena annunciato per il 10 luglio, alla conclusione del G8 de L'Aquila: “Sarà un dialogo molto interessante, è vero che ci sono dei contrasti con gli Stati Uniti, ma ci sono anche dei punti di convergenza, specialmente sui temi della giustizia e della pace”. E, obamianamente, ha ricordato che “le nazioni economicamente sviluppate hanno un obbligo morale di contribuire a risolvere il problema del cambiamento climatico, e che è “necessario che la ‘eco-nomia' prenda il posto della ‘ego-nomia'”.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"