Il tuo programma è perfetto per il fare il Sindaco di Roma. Lettura (olimpica) dell'universo rutelliano di Alessandro Giuli
Maledetto il giorno in cui Francesco Rutelli s'è fatto scippare l'elezione al Campidoglio da Gianni Alemanno. Maledetto due volte, oggi, a leggere il documento che il già due volte sindaco di Roma offre al mercato congressuale del Partito democratico.
Maledetto il giorno in cui Francesco Rutelli s'è fatto scippare l'elezione al Campidoglio da Gianni Alemanno. Maledetto due volte, oggi, a leggere il documento che il già due volte sindaco di Roma offre al mercato congressuale del Partito democratico. Rutelli ha il pregio di non dover dimostrare più nulla a nessuno, non ha esami di riparazione sinceramente democratici da scavalcare né ha bisogno di convincerci che non c'entra nulla con la caliginosa tradizione cattosovietica regnante nel suo (suo?) Pd. Sicché, nel bel documento per la sua corrente dal brutto nome (Liberi democratici), promuove l'economia sociale di mercato, l'Indicatore di benessere, la certezza della pena e la più severa censura contro la criminalità, l'educazione nazionale come leva per la formazione civica delle generazioni più giovani, il ripristino dell'onore della politica eccetera. Ma sopra tutto Rutelli identifica nell'inverno demografico (espressione sua e di rara perspicuità), nel multiculturalismo cieco e nella mancata trasformazione verde del tessuto urbano tre sintomi centrali della nostra malattia moderna. La battaglia per la natalità, di questi tempi, è pura avanguardia rivoluzionaria da incoraggiare più di qualsiasi scaramuccia embrionale.
Il futuro della comunità si gioca su questo crinale che ha molto a che vedere con la trappola multiculturale e con la cementificazione degli spazi vitali. Le politiche famigliari, a parole, si portano molto. Ma proiettare uno sguardo coraggioso sul bisogno di fare figli in nome di una cultura cittadina, regionale e nazionale (lui parla di “umanesimo laico”) è qualcosa che – sia pure non esplicitamente – un insospettabile come Rutelli potrà fare meglio di altri. Magari avesse potuto ricominciare proprio da Roma, lui che la Capitale non l'avrebbe mai consegnata al degrado, trasformata com'è adesso in un bivacco di lanzichenecchi; lui che non avrebbe mai avuto bisogno di distogliersi dai romani per farsi accettare da ogni clero possibile; lui che non avrebbe mai sfregiato i muri della Città affiggendo manifesti con il faccione levantino di Gheddafi; lui che, a parte qualche amico di troppo nel mondo della finanza, avrebbe avuto argomenti solidissimi per preferire il verde pubblico alla fame oscena dei palazzinari. Ecco, il programma di Rutelli per il Pd è un perfetto palinsesto da sindaco di Roma. Purtroppo inapplicato e inapplicabile. A meno che l'astuzia della storia non giochi un solenne scherzo a tutti quanti, facendo prima o poi di Rutelli il successore di Silvio Berlusconi alla guida di un centrodestra romanocentrico, cioè universale.
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