Caccia allo Strega - oggi tocca a Tiziano Scarpa

“Stabat Mater” fa venir voglia di vietare l'uso del “come” per due anni

Mariarosa Mancuso

Aprendo a pagina 69 “Stabat Mater” di Tiziano Scarpa il primo pensiero che viene in testa è “non pare lo stesso Scarpa di ‘Occhi sulla Graticola” e di ‘Kamikaze d'Occidente'”. Detta pagina – dietro suggerimento di Marshall McLuhan – funziona come campione per sapere se un romanzo piacerà o no a chi lo sfoglia in libreria (dopo aver strappato il cellofane di nascosto dai commessi). I campionati sono i cinque finalisti allo Strega, e “Stabat Mater” è l'unico che richiede la manovra di strappo: Lugli, Vighy, Vitali e Scurati sono plastica-free.

    Aprendo a pagina 69 “Stabat Mater” di Tiziano Scarpa il primo pensiero che viene in testa è “non pare lo stesso Scarpa di ‘Occhi sulla Graticola” e di ‘Kamikaze d'Occidente'”. Detta pagina – dietro suggerimento di Marshall McLuhan – funziona come campione per sapere se un romanzo piacerà o no a chi lo sfoglia in libreria (dopo aver strappato il cellofane di nascosto dai commessi). I campionati sono i cinque finalisti allo Strega, e “Stabat Mater” è l'unico che richiede la manovra di strappo: Lugli, Vighy, Vitali e Scurati sono plastica-free. Non sembra lo stesso Scarpa che aveva immaginato una signorina Carolina che con il nome d'arte di “Graticola” si mantiene agli studi disegnando sessi maschili e femminili sui fumetti per la rivista Kiss Manga (le tavole originali giapponesi mostrano eroi piallati come Ken o impenetrabili come Barbie). Non sembra lo stesso Scarpa che in “Kamikaze d'Occidente” – diario di uno scrittore gigolò spacciato come autobiografico per attizzare un po', salvo poi far marcia indietro (“cretini che siete, l'io narrante mica coincide con il nome in copertina”) – scrisse tante volte la parola con la “c” e le due zeta da far dire all'Einaudi ancora prude “no, grazie” (subentrò Rizzoli, e ora Francesco Piccolo può scriverla quante volte vuole senza scandalizzare i torinesi).
    Pagina candida, anche nel senso degli ampi margini (sono 136 pagine più una nota, ma a differenza di Daniele Del Giudice, che in “Orizzonte mobile” ripropone antichi viaggiatori in Patagonia, tutte di mano dell'autore). Si parla di maschere e di musica, ingredienti che immediatamente collocano l'opera nella letteratura alta, anzi sublime. Peccato: l'orfana faceva sperare in qualcosa di dickensiano.

    Quando compileremo la lista dei migliori orfani nella nostra vita di lettori, la sedicenne Cecilia mancherà all'appello. La scrittura è ridondante, come nella migliore tradizione del romanzo italiano. Aggiunge l'aggettivo “impassibile” alla parola “maschera”, le fessure degli occhi non sono soltanto “aperte”, ma c'è bisogno di aggiungere “come due serrature” (se si vietasse l'uso del “come” – diciamo per un paio d'anni – le lettere italiane ne avrebbero grande giovamento). Ridondanti anche i dialoghi. Si anticipa che una richiesta è “inaudita” – il lettore mica può capirlo da solo, bisogna farlo avanzare con il girello o la biciclettina con le rotelle. Dopo che la richiesta è stata avanzata (“Toglietevi le maschere”), segue un bel “ha detto”. Sicuramente dimenticato dall'editor distratto: Tiziano Scarpa vorrà scusarci se lo imputiamo allo scrittore. Queste sono le regole del gioco.

    La prova del 99. Il gioco prevede una prova del 99: questa infatti è la pagina che Ford Madox Ford suggeriva per i carotaggi letterari. Con il senno di poi, aveva qualche buona ragione. A pagina 99, Tiziano Scarpa somiglia a Tiziano Scarpa, finalmente: “Don Antonio ha scritto un concerto dove si sente schiumare la nostra indole di donne”.  Di musica sappiamo quel tanto che basta per capire che il sacerdote Antonio è Vivaldi, la nostra indole di donne schiuma poco o niente; eppure qualcosa suona falso, quando leggiamo: “Quest'uomo tira fuori dai nostri corpi suoni femminili, offre alle orecchie intasate di peli dei vecchi maschi la versione sonora delle donne, la nostra traduzione in suoni, così come la vogliono sentire i maschi”. Pausa. Spazio. Bis: “Questa musica è fatta di donna, spargiamo nell'aria il nostro profumo speziato, è questo che vuole don Antonio?”. “Stabat Mater” di Tiziano Scarpa è entrato in cinquina con il massimo dei voti, 59 contro i 35 di Andrea Vitali (arrivato ultimo) e i 40 di Antonio Scurati (arrivato penultimo). Secondo gli stregologi, può voler dire due cose. Primo: il gruppo Mondadori – vincitore dei due ultimi Strega con Giordano e Ammaniti, e ormai privo del suo candidato Daniele Del Giudice – ha voluto mostrare i muscoli adesso, e lascerà poi la vittoria ad Antonio Scurati che gareggia con la maglia Bompiani-Rizzoli (ripristinando così l'alternanza, al Ninfeo di Villa Giulia ci tengono più che in politica). Secondo:  il gruppo Mondadori ha voluto mostrare i muscoli ora e li mostrerà di nuovo il 2 luglio, quando il past winner Paolo Giordano scriverà i voti sulla lavagna. In tal caso, a farne le spese sarebbe l'ex vincitore annunciato Daniele Del Giudice. Tanto signorile da ritirarsi a polemica scoppiata, mentre il suo principale avversario si affrettò a autocandidarsi. C'era il caso che la Bompiani volesse dar prova di altrettanta signorilità. E allora perché rischiare?