Il congresso quotidiano

Chiamparino espone il suo piano e conferma la “simpatia” per Marino

Salvatore Merlo

Il sindaco torinese, Sergio Chiamparino, sta perfezionando un proprio documento per il congresso democratico di ottobre. Un documento per offrire – a chi vorrà starci – la proposta di ristrutturare il Pd partendo dall'esperienza delle autonomie territoriali e in sostanza da quelle idee che nei mesi passati avevano aggregato tra loro diversi sindaci e amministratori nel così detto Pd del nord.

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    Il sindaco torinese, Sergio Chiamparino, sta perfezionando un proprio documento per il congresso democratico di ottobre. Un documento per offrire – a chi vorrà starci – la proposta di ristrutturare il Pd partendo dall'esperienza delle autonomie territoriali e in sostanza da quelle idee che nei mesi passati avevano aggregato tra loro diversi sindaci e amministratori nel così detto Pd del nord (“un'esperienza tuttavia mai decollata davvero”). Non si tratta di una candidatura alla segreteria, Chiamparino ci ha pensato un po' ma ha già detto di no, e poi, come racconta lui stesso al Foglio, “la mia simpatia va a Ignazio Marino”, il senatore che, impugnata la bandiera della laicità, si è inserito nel duello tra Dario Franceschini e Pier Luigi Bersani. “Questo partito – spiega il sindaco e presidente dell'Anci – ha bisogno di ricostituirsi. Immagino che si possa farlo ripartire dalle esperienze di governo locale e dal rilancio di una vera vocazione maggioritaria”. Significa tutti dentro il Pd? Sinistra bertinottiana, Verdi, socialisti, Radicali e così via? “C'è bisogno di un partito che sia pronto a diluirsi fino al punto di poter accorpare tutti quei soggetti che adesso non accettano di entrare perché rischierebbero di essere schiacciati. Per ottenere questo risultato – spiega Chiamparino – è necessario che il Pd sia disposto a sciogliersi per rinascere. Ci vuole un big bang e poi una ricomposizione attorno a un programma e soprattutto attorno a una leadership”.

    Per questo, aggiunge: “Il momento della verità saranno le prossime elezioni politiche, con la scelta del candidato del centrosinistra alla presidenza del Consiglio”.
    Perché Sergio Chiamparino simpatizza per Ignazio Marino e non per Dario Franceschini che pure, dicono, lo ha a lungo corteggiato? “Credo che Marino possa introdurre temi utili a ravvivare un dibattito che, allo stato, è molto arido dal punto di vista dei contenuti politici e programmatici. Ma attenzione, non vado oltre”. Solo simpatia? Gli indiscreti dicono che Chiamparino sosterrebbe “con forza” il ticket tra Ignazio Marino e il giovane Giuseppe Civati. “Nei confronti di Marino provo ‘interesse' – specifica il sindaco piemontese – per esempio credo sia importante parlare di laicità. In passato non lo abbiamo fatto e abbiamo perso moltissimi voti. Con Marino ci siamo incontrati lunedì, per caso, e gli ho spiegato quanto fossi interessato a dialogare. Mentre lui mi ha rivelato l'intenzione di allargare i contenuti della propria candidatura. Eravamo in sintonia. Quindi gli ho spiegato la mia idea intorno a un documento congressuale che muova dall'esperienza dell'autonomia territoriale per ricostruire il Pd nazionale”. Si preannuncia un asse, pare. Ma ad assetto variabile: “Sono interessato a introdurre idee – dice Chiamparino – con chi ci sta”. C'è chi sostiene che Marino rubi voti nel bacino di consenso di Franceschini, favorendo così, indirettamente, Bersani. “Ma no – risponde il sindaco – dipenderà da come evolve la discussione. Le meccaniche che regolano i congressi non sono così automatiche”.

    Filippo Penati e la morte del Pd del nord. Sembra di capire che Chiamparino voglia proporre al congresso le sensibilità autonomistiche e pragmatiche – federalismo e funzionalismo, per semplificare – che avevano animato il Pd del nord. E' così? “Sì ma non solo. Una delle ragioni per cui questo dibattito congressuale è partito malissimo risiede nell'incapacità del Pd di guardare al di fuori di se stesso. Assistiamo a un dibattito introverso, si fa finta di non vedere che c'è un campo di centrosinistra, diciamo pure di sinistra, che si sta frantumando in mille pezzettini senza rappresentanza. In Italia non c'è più un movimento ambientalista degno di questo nome, c'è una sinistra radicale che è radicale solo negli aggettivi ma poi risulta profondamente conservatrice e populista in alcuni suoi tratti. Allora, se si vuole davvero costituire un soggetto che aggreghi attorno a sé ipotesi di alternative di governo in uno schema bipolare, bisogna cominciare a guardare anche a ciò che sta, disperso, fuori dal Pd. Esperienze che sul territorio, talvolta, sono riuscite”. E si torna al Pd del nord, che tuttavia non si è mantenuto solidale: Filippo Penati per esempio, che lo ha animato assieme a tanti altri, sta con Bersani. “Ho visto Penati e ne abbiamo parlato. Diciamo che il Pd del nord non è mai esistito, era soltanto una rete di relazioni con la quale si è riusciti a fare alcune cose buone come sul federalismo fiscale. Peccato”.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.