Da scossa nasce scossa

Stefano Di Michele

Manco fosse la suggestiva “mossa” di Mimì Tirabusciò, la “scossa” di Massimo D'Alema (evocata una volta, rievocata una seconda) provoca discussioni e genera elucubrazioni. Tra il richiamo agli elettricisti o al sordido complotto, tra la silenziosa invocazione del barese san Nicola (paventando roba da quelle parti) e quella più azzardata di santa Maria Goretti (non prevedendo roba da queste parti), molto si è detto e molto si attende.

    Manco fosse la suggestiva “mossa” di Mimì Tirabusciò, la “scossa” di Massimo D'Alema (evocata una volta, rievocata una seconda: è un tipo che insiste e persiste) provoca discussioni e genera elucubrazioni. Tra il richiamo agli elettricisti (e all'intelligenza degli stessi) o al sordido complotto, tra la silenziosa invocazione del barese san Nicola (paventando roba da quelle parti) e quella più azzardata di santa Maria Goretti (non prevedendo roba da queste parti), molto si è detto e molto si attende. Davvero di tutto, e per ogni gusto. Siccome mediaticamente dove c'è un certo maccherone c'è casa e dove c'è D'Alema c'è complotto (a proposito: cacio sugli stessi), ognuno va a ravanare e ognuno torna giurando di aver individuato tanto il capo quanto la coda del perfido operare dalemiano.

    Per dire dell'ultima scoperta, il Manifesto riportava l'altro giorno la convinzione, espressa nei siti del movimento – inteso Onda, scossa più precisamente di tipo marinaro – che altro che Cav, l'allusione dalemiana era tutta per loro, e guarda un po' arrestano i compagni, e guarda un po' chi c'è dietro, “il procuratore capo della Repubblica di Torino Giancarlo Caselli: è lì per apporre il suo sigillo sull'intera operazione il magistrato vicino al Pci” – che poi, vicino al Pci, a vent'anni dalla scomparsa del Pci, è come se fosse vicino a Pompeo Magno o a Quintino Sella.

    Quelli del movimento – onda su onda e luglio col bene che ti voglio – si fanno filologi, e analizzano il discorso dalemiano nel punto esatto ove evoca, “stanno per arrivare altre scosse, dobbiamo prepararci ad assumere importanti responsabilità ed attrezzare il nostro partito, che non è un centro sociale”. L'ha detto: centro sociale! L'ha detto! Al movimento antagonista ecc. ecc. non la si fa, magari questi vogliono fare il governo di unità nazionale, “e quando si prepara un passaggio politico come questo, bisogna dare un segnale politico ai movimenti”. Ci mancava solo il segnale da dare al movimento, per non dire di quello da dare al governo, per tacere di quello da dare al partito… Tutto un sussulto, le giornate dalemiane.

    Che infatti sta lì, magari un po' incazzoso e forse un po' nervoso, così che scappa a proposito una battuta spiritosa pure a Fassino – essendo torinese come carattere è sempre sul limitare del Punt e Mes, non di più: “D'Alema si è definito uno statista e ha paura della Serracchiani?”– che se uno teme Debora, quando si arriva a Fioroni che ci vuole, la valeriana? E' indubbio che, movimento di piazza e movimenti interni, Massimo ha il suo mettere e levare. Così, messo a punto il riformismo, evocato il socialismo, smistato il rutellismo, c'è da sistemare il dibattito sulla bocciofila. E', il nobile sodalizio, faro ideale del Piddì che verrà o fancazzismo romagnolo? Bersani sostiene che il partito deve essere come “una bocciofila in cui ci sono delle regole”; Violante spiega che “una organizzazione politica non è una bocciofila”. E Massimo non vorrebbe perdere, nel ginnico parapiglia, oltre la pazienza pure il boccino.