Compagno cocomero

Stefano Di Michele

A un certo punto lo dice. “Mettilo”, si raccomanda. Figurarsi, fedelissima trascrizione. Dunque: “In Italia, l'unica cosa più snob della sinistra è il Foglio”. Siamo uno di fronte all'altro – ove per altro s'intende Giuseppe detto Pippo da qualcuno sul suo blog pure affettuosamente Beppìn e che lo scrivente su codesto giornale sbagliando (ma insieme a Repubblica, che è un po' come peccare con il consenso dell'arciprete) chiamò Filippo.
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    A un certo punto lo dice. “Mettilo”, si raccomanda. Figurarsi, fedelissima trascrizione. Dunque: “In Italia, l'unica cosa più snob della sinistra è il Foglio”. Siamo uno di fronte all'altro – ove per altro s'intende Giuseppe detto Pippo da qualcuno sul suo blog pure affettuosamente Beppìn e che lo scrivente su codesto giornale sbagliando (ma insieme a Repubblica, che è un po' come peccare con il consenso dell'arciprete) chiamò Filippo. Sono volate accuse (divertite) di fighettaggine, qualcuna (velata) di coglionaggine, reciproche dolenze per (supposta) incomprensione. E il fatto che Giuseppe detto Pippo voleva pure una campagna per le primarie spensierata, la Madia prima del voto voleva portare in Parlamento la sua inesperienza, la Serracchiani ha suscitato un putiferio con l'adesione alla simpatia di Franceschini: non per dire, ma un disastro, appena si apre bocca… Lui osserva preoccupato uno stendardo sovietico con la faccia di Lenin (dono di amico fascio in trasferta moscovita) dietro la scrivania, io ho la faccia spaesata perché mi cita filosofi che non conosco, e che forse manco alla bocciofila di Bersani praticano.

    Venerdì sui giornali c'era D'Alema che annotava: “Siamo angariati da persone di mezza età che si presentano come giovani”, e pareva pure di sentire lo sbuffo dalemiano, e poi uno tende, con un certo buonsenso, diciamo, a dare sempre ragione a D'Alema. Civati, con altrettanto buonsenso – qui la faccenda deve essere di perfetta par condicio, a filo esatto come il bisturi del professor Marino – a dargli torto. Dico: portate pazienza, state lì a fare i giovanotti con i vostri annetti… Giusto i giovani sono meno interessanti dei vecchi. Civati ride e affonda: “D'Alema lavora sul paradosso, come quando elogia l'apparato, e a me il paradosso piace molto. Basta non crederci davvero…”. Vabbé, ma a fare i pischelletti, intorno ai quaranta… “Vaff… io di anni ne ho trentatré… Anzi, sono nato il 4 agosto, lo stesso giorno di Zapatero e di Obama…”. Giornata riformista parecchio spinta, si direbbe. L'anno, però, è effettivamente diverso. “Un po' giovane lo sono, dai… Il problema non è la risposta a Civati, un collocarsi nel partito. Io non faccio l'eroe, ho spaccato i coglioni a tutti… Il trentenne di oggi si confronta con leader che, dal punto di vista anagrafico e culturale, sono i suoi genitori. Il sindacato che tutela solo il lavoro a tempo indeterminato, alcune forme nuove della cultura politica…”. Madonna, lingottinismo puro questo… “Facciamo così: i nuovismi fanno girare i coglioni come i vecchismi…”. Come quando ho scritto che producete un linguaggio banale, sciatto? Ma Civati è davvero troppo buono (è veltroniano e non lo sa?), troppo garbato, troppo appassionato. “Vorrei solo un po' di rispetto per chi prova a dare qualcosa di diverso”. Ti dico un'altra impressione che ho avuto leggendo i vostri interventi: che state sempre a lisciare il pelo a quelli che avete davanti. Mai una sorpresa.

    Almeno D'Alema ogni tanto manda qualcuno a quel paese. “Da parte nostra c'è modestia rispetto alle persone con cui ci confrontiamo”. Magari le persone con cui vi confrontate non lo sanno. “Guarda, quando sento dire cose tipo D'Alema pirla o Veltroni coglione, ecco, mi sembra roba di una stupidità inverosimile… Vorrei che funzionasse così, per quanto ci riguarda: per ogni insulto ricevuto facciamo una proposta”. Bel proponimento. Soltanto che di solito, a sentirvi parlare, una certa aria di supponenza si respira. Pure Enrico Letta ha chiesto a Bersani di fare i conti con la supponenza della sinistra – e dire che ha ragione è dire poco – ma a fare i conti con la supponenza dei giovani di sinistra, ecco, non si finisce più… Civati ride, armeggia col telefonino (non per supponenza, per telefonata in arrivo): “La domanda è sempre quella: come cazzo mi permetto? Però, almeno l'accusa di giovanilismo l'abbiamo scampata, visto che abbiamo un candidato cinquantenne… Poi, la supponenza… Ci sono diverse sfumature, il compito di segnalare problemi… Supponiamo per esempio che esista un paese in cui gli elettori del Pd sono nauseati dai duellanti, gente che sta governando nel bene e nel male questo partito da vent'anni… Come dice il mio amico Gianni Cuperlo, abbiamo i falsi magri e i falsi dibattiti…”. Qui i duellanti… “come il film di…”, aspetta, Ridley… “sì, sì, Scott…”, che per decenni s'inseguono per darsele… “inutilmente, senza senso”, ecco, sono Veltroni… “e certo, D'Alema…”. Minchia, che intesa…

    Ed è qui che Giuseppe detto Pippo cala l'asso, spiazza, fa il dotto che proprio a D'Alema tanto piace. “Sai, come dice Protagora…”, e uno pensa Pitagora, avrà sbagliato nome, macché, “Protagora, un filosofo: la misura delle cose…”. Quando ci sono i filosofi di mezzo, da Aristotele a Buttiglione, bisogna sempre assentire per non sbagliare, almeno andarci cauti, non si sa mai cosa può esserci nella filosofia, “per fare il pirla, ti dico che quella di Marino è una candidatura socratica”. Come a dire: manco mezza soddisfazione a Rutelli, un filo di radice cristiana. “Nel senso che mira a fare uscire ciò che di buono c'è nelle altre due”. E anzi, nell'azzardo tra il filosofico e il politico, Civati azzarda oltre: “Far uscire il Pd da se stesso” – di senno? E dove dovrebbe andare? Si fa un po' i furbi, qui. Si passa qualche minuto a respingere l'accusa di fighettismo che ognuno potrebbe rovesciare sull'altro.

    Se io intravedo un principio di happy hour in Civati (ma manco tanto, onestamente: se il buonsenso l'assiste, magari è pure più tipo da crodino che da mojito, anche se certe serate politiche-agricole dedicate al Grande cocomero ingenerano giustificato sospetto), quelli del suo blog sono certi che io faccia, più o meno, una vita di merda – intesa comprensiva di aperitivo nel dopolavoro (e onestamente mai, anzi ritengo una vistosa carenza legislativa il fatto che non ci sia una legge che proibisca gli happy hour) o le vacanze tra la Sardegna e Formentera (manco sparato). Questi blog, caro Civati, sono un altro eminentissimo scassamento di palle, un'altra lisciata di pelo che date ogni volta. Sarà mica democratico che uno meno c'ha da dire e più dice… “Beh, nel blog c'è chi lo tiene e chi lo commenta. E' come per le elezioni: non sai mai cosa viene fuori…” – che poi, ultimamente, cosa viene fuori dalle elezioni invece si sa benissimo. “Non voglio sembrare antipatico, ma il blog serve per capire gli umori: metto le mie proposte, attendo le reazioni… E così registri l'insopportabilità verso certe figure, e una volta o l'altra sai che può capitare anche a te. Perdi facilmente credibilità, con uno strumento come il blog…”.

    Casomai, è sorprendente che se ne possa guadagnare. Civati, figurarsi, coautore persino di un libro che ha per titolo “L'amore al tempo di Facebook” – che vengano perdonati tanto gli autori che il titolista – della meraviglia dello strumento, pur con vigilanza che non si può dire democratica ma assennata, è più che convinto. E venuto pure a Roma, quando fu, per la festa fecebookiana di Veltroni (e lì già il dramma si annunciava), e sulla faccenda ragiona, desume e dà spiegazioni. “Certo, preferisco conoscerti, vedere la tua stanza, il tuo sfondo… Pensa alla generazione dei mille euro: se passa le serate attaccate al computer non è per fanatismo, ma per lavoro…”. Veramente stanno attaccati al computer pure al bar: in quattro attorno al tavolo e invece di fare una briscola stanno collegati col mondo. Scusa, ma ti fideresti? “E' che forse le persone sono sempre più sole…”. In mezzo a cento altre, al momento dell'aperitivo? Magari sì.

    Antonella, una mia amica ha pure creato il sito del Pd Cuori Solitari, con tanto di simbolo, partendo dal presupposto che se questo partito ormai serve a poco, vediamo se può almeno servire a rimorchiare… “Certo, anch'io vorrei che la politica tornasse ad essere vita di relazione, ed è questa la cosa che le manca di più… Ho pensato a uno spot che fa venire in mente il sito sui cuori solitari del Pd della tua amica: una ragazza si sveglia e dice che non vuol stare né con l'uno né con l'altro, preferisce star da sola…”. Finché vi profilate voi all'orizzonte. “Io continuo a pensare che l'iniziativa di Veltroni fu positiva, nascono ogni giorno gruppi per qualsiasi cosa… Per esempio, tanto la carovana iniziale, quanto l'iniziativa del Lingottino, noi l'abbiamo organizzata tutta in rete, senza metterci un soldo…”. A te non piace se qualcuno dice del vostro linguaggio che è banale, ma li leggi i messaggi che arrivano: ironia poca, lotta al mondo tanta, banalità a piovere… Azzardo: Civati, che frequenta i filosofi, magari è d'accordo. Se lo è non lo dice. Anzi: “Proviamo a dare forma e rappresentanza a quelli che siamo. Non credo ci sia bisogno di tornare indietro, come auspica qualcuno. I centocinquant'anni di storia del socialismo di cui parla Bersani, possono essere anche i duemila e cinquecento che arrivano fino a Pericle. Un dibattito molto ideologico sul postideologico. E non possiamo interpretare la crisi della sinistra storica e rifare la sinistra storica…”. Madonna, c'è di nuovo aria di dibattito al Lingottino. Si diceva del linguaggio.

    Qualche giovane si conosce – operai o studenti o sbirri – e sai che ti dico: che nessuno parla come voi. Ma proprio nessuno. E allora, a chi parlate? “Bisogna usare le parole per descrivere le parole. Un poliziotto, un fuoricorso, vedono realtà che noi non vediamo. Noi siamo percepiti così, ormai… Per questo io, oltre la bocciofila di Bersani, vorrei ci fosse qualcos'altro, altri luoghi, una discoteca, una palestra… Sennò la sinistra è davvero fuori da questa partita. Stiamo attenti a non rispondere al nuovismo con il vecchismo…”. E stiamo attenti. “Dobbiamo essere comprensibili. Le nostre proposte non si capiscono. Un trentenne di cosa si occupa? La casa, il lavoro, la fidanzata…”. Magari evitiamo proposte sulla fidanzata – tanto più se dovessero risultare comprensibili… Ma non è, come diceva Mino Martinazzoli – che certo un trentenne non è tenuto a conoscere, ma mica vorrà pretendere di cambiare il mondo gratis e consolato: comunque, un democristiano quasi sovversivo rispetto a certi sarchiaponi accasati nel Pd – per diventare comprensibili si finisce col non dire niente? Qui si è svolto un dibattito persino sul fatto che Bersani abbia usato la parola piattaforma: che c'è, comprometteva le cellule grigie? Civati ride: “Lo sai, è una parola che poi anch'io, e anche altri giovani, usano parlando di politica… Solo un esempio… Ma vai dai tuoi amici, e vedrai che se loro la capiscono…”. Forse proprio cime non sono, ma mica mi pare così difficile… “Facciamo molta ideologia e poca politica”, è la conclusione di Civati.

    Lo “spensieratino” principe (che si capisce, questa storia della spensieratezza era male spiegata nell'intervista, assicura, diciamo fuori contesto) ora deve correre da Marino, il suo candidato, tanto più che adesso, dopo Marino, tutti corrono dietro alla laicità. Ha lo sguardo soddisfatto, se si vuol credere alla spensieratezza un po' sognante – sarà effetto di una recente serata milanese detta, appunto, del “Grande cocomero” – verde fuori e rosso dentro, il contrario degli slogan gruppettari sull'antico Pci che “è come un ravanello/ rosso di fuori e bianco nel cervello” – magnificamente impostata: “Un partito in cui si parla di sogni. Di mezza estate”. Se la cosa arriva alle orecchie di D'Alema, sai che spettacolo alla prossima festa dell'Unità – no, al Democratic party, come si chiama a Roma. Che nel manifesto, a simbolo, ha un barman che prepara il cocktail dei democratici, “mescolati, non agitati”. E perciò, alla fine, mica ci stanno così male la spensieratezza o la simpatia. Di mezza estate, e con le zanzare: sta come il caffè e l'ammazzacaffè alla fine della cena.

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