Parlano Battista, Segre, Colombo, Nirenstein

Cercasi minoranza giornalistica che non creda alla quota anti israeliana

Giulio Meotti

Aidan White, segretario generale della Federazione internazionale dei giornalisti, ieri attaccava chi, come il Foglio di sabato e il Corriere della Sera con Pierluigi Battista, ha denunciato  il boicottaggio d'Israele da parte della Federazione, che ha appena espulso dal sindacato la branca israeliana con i suoi seicento giornalisti: “Parlare di boicottaggio di Israele o di antisemitismo o di motivi politici dietro quest'azione è assurdo”, ha detto White.

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    Aidan White, segretario generale della Federazione internazionale dei giornalisti, ieri attaccava chi, come il Foglio di sabato e il Corriere della Sera con Pierluigi Battista, ha denunciato  il boicottaggio d'Israele da parte della Federazione, che ha appena espulso dal sindacato la branca israeliana con i suoi seicento giornalisti: “Parlare di boicottaggio di Israele o di antisemitismo o di motivi politici dietro quest'azione è assurdo”, ha detto White. Anche il portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti, chiede alla Federazione di chiarire subito sull'espulsione. Haim Shibi, veterano dell'Unione dei giornalisti di Gerusalemme, spiega che la decisione di cacciare gli israeliani non ha nulla a che fare con le quote, risale invece alla guerra in Libano del 2006, quando la Federazione attaccò lo stato ebraico per aver colpito gli studi di al Manar, l'organo di propaganda di Hezbollah. “E' un'organizzazione che si batte per l'etica nel giornalismo”, dice Shibi, “ma adesso cacciano i giornalisti più liberi e combattenti nella regione”.

    Quanto alle quote, Shibi taglia corto: “No taxation without representation”. Il caso è politico,  altro che ingiunzione di pagamento. Sul Corriere della Sera, Battista scrive che “sarebbe bello se i giornalisti di tutto il mondo libero, nel nome e nel ricordo di Daniel Pearl, boicottassero i boicottatori e lasciassero al suo (ignobile) destino la Federazione internazionale dei giornalisti”. L'ex vicedirettore del Corsera ha spiegato che “la suddetta, dannosa organizzazione è dominata da un pensiero unico e ossessivo: discriminare Israele e non far mancare l'appoggio a chi, assieme alla distruzione di Israele, non nasconde il proprio compiacimento per la soppressione fisica degli ebrei”. Di “apartheid antisemita” parla espressamente Fiamma Nirenstein, giornalista e vicepresidente della commissione Esteri della Camera. “Il giornalismo israeliano è uno dei più aggressivi del mondo, accusa i soldati, i generali, i politici, è vero giornalismo d'indagine. Nulla giustifica la sua messa sotto accusa, il boicottaggio è una delle armi principali dell'ideologia estremista e antisemita che diventa sempre più forte di giorno in giorno”.

    Vittorio Dan Segre, storico commentatore di vicende israeliane e fondatore dell'Istituto Studi Mediterranei di Lugano, pensa che simili boicottaggi antisraeliani decretino soltanto l'irrilevanza di organismi come la Federazione. “Molte battaglie oggi si combattono sull'informazione, ma non credo che questa decisione antisraeliana cambi qualcosa presso le grandi fonti dell'informazione. Penso all'Economist o al New York Times. Questi del sindacato sono i nemici dell'informazione libera”. Di sindacalismo fazioso parla anche Giorgio Israel, saggista e matematico all'Università La Sapienza di Roma. “L'espulsione è una manifestazione della degenerazione antisemita e antisionista, non si è mai vista una cosa del genere dal Dopoguerra a oggi”.

    Battista è stupito che presso la Federazione nazionale della stampa italiana nessuno abbia fatto sentire il proprio dissenso sull'espulsione. “Spero che la minoranza almeno si faccia sentire e si dissoci da questa vergogna di doppio standard. C'è una cecità spaventosa verso ogni violazione della libertà di stampa in paesi come l'Iran e poi si attacca l'unico paese dove vige il pluralismo dell'informazione”. L'ex direttore dell'Unità, Furio Colombo, si dice “umiliato”. “Dopo aver letto il Foglio ho accertato il fatto e ho scoperto che era vero. C'è stata una miserabile scusa di quote non pagate da parte di Israele. Una sorta di autodenuncia. E' la desolante conclusione che l'antisemitismo è sempre più rampante, cade persino la vergogna di mostrarsi tali, dietro la quale si camuffavano gruppi e persone che lo sono. E' un episodio grandissimo, un autentico scandalo”.

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    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.