L'acquario democristiano di Franceschini. Domani l'intervista a Piero Fassino nel Foglio in edicola
La splendida sala dell'Acquario romano non è strapiena. Davanti al maxischermo montato nel giardino antistante resiste un unico, intrepido spettatore (è una delle giornate più calde dell'anno e non c'è un filo d'ombra). Nelle strade di Roma non è stato affisso neanche un manifesto. Dentro, il segretario in carica, Dario Franceschini, presenta ufficialmente la sua candidatura al congresso del Partito democratico. Ma non c'è nessun palcoscenico da cui dominare la platea.
Leggi Il discorso integrale di Franceschini - Leggi La ferraresità di Franceschini, perfetto segretario per il tempo della crisi - Leggi Il segretario del Pd svela al Foglio le 37 cartelle che leggerà oggi - Leggi Il programma di Franceschini, anticipato sabato (dal Foglio)
La splendida sala dell'Acquario romano non è strapiena. Davanti al maxischermo montato nel giardino antistante resiste un unico, intrepido spettatore (è una delle giornate più calde dell'anno e non c'è un filo d'ombra). Nelle strade di Roma non è stato affisso neanche un manifesto. Dentro, il segretario in carica, Dario Franceschini, presenta ufficialmente la sua candidatura al congresso del Partito democratico. Ma non c'è nessun palcoscenico da cui dominare la platea, nessuna folla accalcata all'ingresso, nessun desiderio di attribuire solennità all'evento, tanto meno il carattere di una dimostrazione di forza. Potrebbe essere un segno di debolezza, come sembra pensare qualche osservatore dell'altro fronte venuto a curiosare. Oppure potrebbe essere soltanto una differenza di stile. Più dimesso, più contenuto, più morbido. Forse, semplicemente, più democristiano.
Perfettamente intonato all'ambiente e all'allestimento, il discorso di Franceschini è tutto in levare. E di cose, anche rispetto al video con cui aveva annunciato la sua intenzione di ricandidarsi, il segretario ne leva parecchie. Altre le attutisce. Altre ancora nemmeno le nomina, a cominciare da quella “vocazione maggioritaria” che al Capranica Walter Veltroni aveva definito come la stessa ragion d'essere del Pd.
Per Franceschini il primo obiettivo è “ricostruire un'identità del nostro campo”. In questi quindici anni, osserva, la destra ha avuto “stabilità negli assetti e un leader unificante”. Così ha potuto “costruire un'identità, percepita da tutti, attorno ad alcuni messaggi chiari: sicurezza, libertà di fare ogni cosa, meno Stato”. Nello stesso periodo “il nostro campo” ha avuto invece “instabilità totale nei leader, nei partiti… nei governi fragili”. E così “non siamo riusciti a trasmettere che sensazioni indistinte, non messaggi chiari e univoci”. In sintesi: “Se voti destra sai cosa voti. Se voti di qua non sai cosa voti”. Ed è questo che “più di ogni altra cosa” spiega “la sconfitta dello scorso anno e i risultati negativi delle amministrative e delle europee”.
Franceschini difende le primarie. “Mettiamo un po' d'ordine nelle regole, ma non rinunciamo alla scelta che abbiamo fatto alla nascita del Pd, di affidare agli iscritti le scelte del partito e l'elezione degli organi territoriali, affiancando a loro gli elettori, da chiamare nei momenti delle grandi scelte, com'è certamente l'elezione di un segretario nazionale”. E aggiunge una delle pochissime affermazioni chiaramente polemiche verso il suo avversario, Pier Luigi Bersani: “Io voglio un partito solido. Ma fare un partito solido nel 2009 non significa rispolverare i modelli di cinquant'anni fa”.
In platea c'è Piero Fassino, che dopo il video di Franceschini non aveva esitato a definire “infelice” la battuta del segretario sullo scontro tra vecchio e nuovo, e ora appare pienamente soddisfatto. C'è Franco Marini, che le primarie vorrebbe cancellarle per sempre dalla faccia della terra e non ne fa mistero; ma ci sono anche Stefano Ceccanti e Salvatore Vassallo, principali artefici e sostenitori dell'attuale statuto del Pd. Ed era a loro che si riferiva Marini, durante l'ultima direzione, quando definiva lo statuto del partito una roba da “dottor Stranamore”. Sulle primarie Franceschini non poteva dargli soddisfazione.
La difesa delle primarie e del partito aperto da chi vorrebbe “tornare indietro” (Bersani) è il principale punto di attacco della sua mozione, il cuore della sua propaganda, il messaggio centrale, esplicito o implicito, dichiarato o subliminale, che caratterizza l'intera campagna. Anche perché su tutti gli altri motivi del contendere che avevano caratterizzato il dibattito interno durante la segreteria Veltroni, dalle alleanze alle tessere, le posizioni si sono ormai parecchio avvicinate. In compenso, Marini può rallegrarsi della sensibile correzione di toni, se non di rotta, su un certo “nuovismo” che inizialmente lo aveva fatto assai arrabbiare, spingendolo a esprimere apertamente la sua contrarietà all'idea di “ammazzare i vecchietti”. Debora Serracchiani non c'era. Qualcuno dice che ha perso l'aereo. O forse il treno.
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