Il copione di vita e di morte che unisce il “club Politkovskaya”
In Russia esiste un club molto particolare. E' un'associazione senza tessera per gente che ha cercato di capire che legami corrono fra i potenti del Cremlino, i ribelli islamici del Caucaso e gli uomini d'affari divenuti ricchi negli anni della guerra in Cecenia. L'associazione non ha un nome ma potrebbe essere chiamata Club Politkovskaya, come la giornalista uccisa nel 2006 in una strada elegante di Mosca. L'Unione russa dei giornalisti dice che gli iscritti sono decine.
Varsavia. In Russia esiste un club molto particolare. E' un'associazione senza tessera per gente che ha cercato di capire che legami corrono fra i potenti del Cremlino, i ribelli islamici del Caucaso e gli uomini d'affari divenuti ricchi negli anni della guerra in Cecenia. L'associazione non ha un nome ma potrebbe essere chiamata Club Politkovskaya, come la giornalista uccisa nel 2006 in una strada elegante di Mosca. L'Unione russa dei giornalisti dice che gli iscritti sono decine, quanti i reporter e gli avvocati dei diritti umani uccisi nell'epoca di Putin e di Gazprom.
L'ultima si chiama Natalia Estemirova, cinquant'anni, attivista di Memorial, una delle poche organizzazioni umanitarie ancora rimaste in Cecenia. Quattro persone l'hanno rapita mercoledì nella sua casa di Grozny, in pieno giorno, di fronte a decine di testimoni. L'hanno caricata su un'auto e l'hanno portata via mentre gridava aiuto. Qualche ora più tardi, il corpo senza vita di Estemirova è spuntato sull'asfalto di una vecchia strada che conduce al villaggio di Gazi-Yurt, lungo il confine con l'Inguscezia. Aveva due pallottole in fronte. “Non so dire chi abbia ordinato l'omicidio – dice il direttore di Memorial, Oleg Orlov – ma conosco il nome del responsabile di questa tragedia. Si chiama Ramzan Kadyrov ed è presidente della Cecenia”. Estimorova era l'avvocato più famoso della provincia. Ha collaborato a lungo con Anna Politkovskaya e si è occupata delle violenze compiute dall'esercito sui civili di Grozny.
Per dieci anni, le forze armate del Cremlino hanno combattuto contro le milizie islamiche che avevano preso il controllo della regione. Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha annunciato la fine delle operazioni militari poche settimane fa. Negli ultimi giorni, Estemirova aveva lavorato al caso di Madina Yunusova, una giovane donna uccisa dalla polizia insieme al marito all'inizio di giugno. Per le forze speciali cecene, Yunusova aveva organizzato un complotto contro il presidente Kadyrov. La morte dell'attivista di Memorial dimostra che in Cecenia la guerra non è ancora finita.
Pochi giorni fa, i reporter russi hanno ricordato un giovane collega venuto dagli Stati Uniti negli anni Novanta, Paul Klebnikov, ucciso da un professionista nel 2004. Klebnikov era il direttore di Forbes Russia. In vita aveva scritto un paio di libri fortunati. Uno aveva come titolo “I padrini del Cremlino” e conteneva una descrizione accurata di Boris Berezovsky, un milionario che ha lasciato il paese per evitare i processi sulle sue imprese poco pulite. L'altro, “Conversazioni con un barbaro”, era la trascrizione fedele di un'intervista durata quindici ore con un leader della guerriglia cecena, Khozh-Ahmed Noukhayev.
Il 9 luglio di cinque anni fa, un uomo armato ha atteso che il giornalista tornasse nella sua casa di Mosca. Quando l'ha visto, gli ha sparato nove colpi di pistola. Quattro lo hanno centrato al petto, ma il giornalista è sopravvissuto per miracolo all'agguato e forse sarebbe ancora vivo se l'ambulanza non avesse impiegato più di un'ora per arrivare sul luogo dell'aggressione, se i medici avessero avuto una bombola di ossigeno con loro e se l'ascensore dell'ospedale non avesse smesso di funzionare proprio mentre l'uomo doveva salire in sala operatoria. Klebnikov è morto nel cuore della notte.
Pochi mesi di indagine sono bastati alla polizia per catturare tre uomini accusati dell'omicidio e scagionati dal Tribunale di Mosca alla fine di un processo lungo due anni. Il killer non ha un volto e neppure un nome. E' una storia molto simile a quella di Anna Politkovskaya e non c'è ragione di meravigliarsi: tutte le morti del club seguono un copione praticamente identico, è come se ci fosse una lista di persone poco gradite che sono destinate alla medesima fine. Politkovskaya è morta a Mosca nel 2006. Usciva di casa quando un uomo con il viso coperto l'ha raggiunta e le ha sparato a bruciapelo. Una telecamera di sorveglianza ha registrato la scena. La reporter di Novaya Gazeta aveva descritto la vita in Cecenia nei giorni della guerra fra l'esercito e i ribelli islamici, senza risparmiare accuse a Kadyrov e al capo del Cremlino, Vladimir Putin, oggi premier.
La reporter è il simbolo delle associazioni che lottano per i diritti umani a Mosca e nelle province del Caucaso. Nel 2008, dopo due anni di indagini, la polizia ha arrestato un agente dei servizi segreti, un militare in congedo e due fratelli ceceni, Ibragim e Jabrail Makhmudov. Secondo la Procura di Mosca hanno partecipato all'organizzazione dell'agguato. Un altro Makhmudov, fuggito all'estero, avrebbe sparato contro la giornalista. Il processo, terminato in febbraio, non è bastato a chiarire il movente dell'omicidio. I quattro sono stati assolti per non aver commesso il fatto. Le accuse contro i fratelli Makhmudov non hanno mai convinto i colleghi della giornalista né i suoi familiari: si sperava in una nuova indagine per tentare di chiarire i reali contorni dell'omicidio. Ma la nuova indagine non si farà. Per la Corte Suprema, è sufficiente ripetere il procedimento archiviato in aprile. “E' come se la Corte avesse scritto la sentenza”, commentano gli avvocati della difesa. Il figlio della giornalista, Ilya, dice che “il processo non andrebbe ripetuto: l'intero caso dovrebbe essere assegnato a una nuova sezione del tribunale per essere approfondito”.
Stanislav Merkolov e Anastasia Baburava sono stati uccisi a gennaio, all'ingresso di una stazione della metropolitana di Mosca, da un uomo armato di passamontagna e pistola. Lui era un avvocato e seguiva le denunce dei cittadini ceceni contro gli ufficiali dell'esercito russo; lei lavorava da pochi mesi nella redazione di Novaya Gazeta. In Russia, 125 reporter hanno perso la vita negli ultimi sedici anni. Diciannove casi sono riconosciuti come omicidi. Nessuno di questi è ancora stato risolto. Il presidente americano, Barack Obama, ha parlato di diritti umani nel suo recente viaggio a Mosca prima del G8 in Italia. Il Cremlino nega ogni responsabilità negli omicidi di Politkovskaya: il premier Putin dice che il governo ha assunto il serio impegno di risolvere ogni caso, e ancora ieri Medvedev, incontrando la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha condannato l'uccisione di Estimorova e ha promesso che farà un'inchiesta per trovare i colpevoli. Ma i membri del club fanno fatica a fidarsi.
Il Foglio sportivo - in corpore sano