I capi della sanità si lamentano per le critiche sull'aborto, ma restano curiosità
Al direttore - In risposta alla lettera di Roberto Volpi in cui si mette in dubbio la qualità scientifica dell'analisi fornita dall'Istituto Superiore di Sanità ci permettiamo di segnalare che l'autore non conosce evidentemente i dati raccolti. […]
Mirella Taranto, capo ufficio stampa - Istituto Superiore di Sanità
A me risulta che nelle vostre ricerche e relazioni non vi occupate direttamente delle cause dell'aborto, comprese quelle economiche. […]
Al direttore - In risposta alla lettera di Roberto Volpi, pubblicata sul Foglio di martedì 21 luglio in cui si mette in dubbio la qualità scientifica dell'analisi fornita dall'Istituto Superiore di Sanità per la relazione annuale al Parlamento sulla 194 ci permettiamo di segnalare che l'autore non conosce evidentemente i dati raccolti. Essi provengono, infatti, dai modelli D12 Istat e dal Sistema di Sorveglianza coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità e dal ministero della Salute in collaborazione con tutte le Regioni. Questa raccolta esiste dal 1980 ed è riuscita a fornire un quadro dell'andamento del fenomeno, a rispondere a quesiti specifici e a permettere un approfondimento delle tematiche connesse, ponendo così le basi per le possibili soluzioni. Si tratta di un lavoro riconosciuto anche a livello internazionale, attraverso pubblicazioni dei risultati su famose riviste scientifiche (ad esempio il New England Journal of Medicine, International Journal of Epidemiology) e su report di organizzazioni internazionali (OMS, The Alan Guttmacher Institute, IPPF). Ai vari ministri della Salute sono stati perciò sempre forniti annualmente i risultati delle raccolte dati con un'interpretazione scientifica basata sulle prove esistenti o attraverso modelli matematici ben sperimentati e non su illazioni personali o di parte, come alcune di quelle riportate da Volpi secondo cui “l'aborto clandestino è con tutta probabilità in espansione”. Relativamente all'aborto clandestino, inoltre, precisiamo come nelle diverse relazioni dell'ISS sia stata sempre presente la preoccupazione, la segnalazione e la stima della presenza di questo fenomeno. Questo ha permesso a ciascun ministro di valutare l'andamento dell'applicazione della legge 194 e di preparare la propria presentazione ai membri del Parlamento. Per una conferma delle nostre affermazioni e del lavoro fatto da noi e da tanti colleghi che lavorano nelle regioni, suggeriamo a qualsiasi lettore di leggere le Relazioni dei ministri presentate annualmente in Parlamento e le nostre pubblicazioni scientifiche, peraltro accessibili online sul sito del ministero della Salute.
Mirella Taranto, capo ufficio stampa - Istituto Superiore di Sanità
A me risulta, preso atto delle rimostranze e precisazioni, che nelle vostre ricerche e relazioni, pregevoli quanto si voglia per altri aspetti, non vi occupate direttamente, perché ritenete sbagliato interrogare su questo persone e strutture, delle cause dell'aborto, comprese quelle economiche. Mi sembra, inoltre, che non ci sia un effettivo accertamento sul funzionamento della 194 nella sua dimensione di prevenzione e tutela sociale della maternità: quanti colloqui seri, razionali, laici, sul modello del centro di Paola Bonzi alla Mangiagalli, quale cultura e sforzo educativo natalista si afferma, quali sono le reazioni delle gestanti, quanto è chiarita la dimensione psicologica, con i rischi del dopo aborto? Mi piacerebbe capire meglio: l'aborto è un fenomeno sociale da combattere o un diritto da certificare senza eccezioni?
Di seguito la lettera di Roberto Volpi pubblicata nel Foglio di martedì 21 luglio:
Al direttore - Lei chiede al governo italiano che, a proposito della relazione annuale al Parlamento sulla 194, non faccia una relazione statistica. Capisco quello che vuol dire. Ma mi permetto di osservare che si sbaglia, e neppure di poco. Il fatto è che, per esempio, l'ultima relazione della Turco dell'aprile dell'anno scorso tutto era meno che una relazione statistica. Era, al più, una relazione contabile. E, per questo, di una rara insulsaggine. Relazioni di questo tipo non consentono di capire una mazza sullo stato di applicazione della 194 per la buonissima ragione che chi le redige, laggiù all'Istituto Superiore di Sanità, non dimostra di masticare i rudimenti dell'analisi statistica (basti dire che in quella relazione non c'è una sola correlazione tra le variabili, cosicché non si sono neppure accorti che i migliori indici di funzionalità ed efficienza relativamente alla 194 sono, secondo la relazione, tutti al sud, dove i consultori esistono solo sulla carta e l'obiezione di coscienza riguarda più di otto ginecologi su dieci). Se li masticasse, avrebbe ricavato dai dati le seguenti conclusioni: a) la legge 194 non funziona (giacché, oltretutto, è fatta male) e l'aborto clandestino è con tutta probabilità in espansione (altro che riduzione al minimo); b) i consultori sono un totale fallimento, strutture alle quali ormai si rivolgono pressoché soltanto le donne straniere che intendono abortire; c) l'applicazione della 194 nel Mezzogiorno, salvo alcune aree, è pressoché inesistente; d) l'azione preventiva-dissuasiva, tesa a rimuovere le cause che portano a chiedere l'aborto, non è mai decollata, al punto che nessuno (a cominciare dal ministro) ha la più vaga idea di quante – non diciamo di chi – siano le donne trattenute dall'abortire. Tutto ciò è rigorosamente ricavabile dai dati (o dalla mancanza dei dati) e dall'analisi statistica dei dati. Non è colpa della statistica se ai più alti livelli se ne fa un uso così mediocre e consolatorio soltanto per poter dire che tutto va ben madama la marchesa.
Roberto Volpi
Il Foglio sportivo - in corpore sano