Marino è noioso ma significativo, comprese le note spese

Giuliano Ferrara

Tutto ciò che parla di Ignazio Marino, chirurgo fattosi politico, è ricoperto da una spessa patina di noia. Compreso, naturalmente, il nostro scooppino sui suoi rimborsi spese americani, raddoppiati tra Pittsburgh e Palermo secondo un incontrovertibile documento che lo accusa per “una serie di irregolarità intenzionali e deliberate”, da Marino stesso controfirmato in ogni pagina.

Leggi La storia opaca dell'allontanamento di Marino, atto II - Leggi Marino si difende - Leggi Quando Marino fu allontanato - Leggi La lettera che svela come Marino fu allontanato

    Tutto ciò che parla di Ignazio Marino, chirurgo fattosi politico, è ricoperto da una spessa patina di noia. Compreso, naturalmente, il nostro scooppino sui suoi rimborsi spese americani, raddoppiati tra Pittsburgh e Palermo secondo un incontrovertibile documento che lo accusa per “una serie di irregolarità intenzionali e deliberate”, da Marino stesso controfirmato in ogni pagina. Lo hanno beccato con le dita nel vaso della marmellata, si sono messi d'accordo per limitare i danni di una separazione che resta tuttora molto opaca; questa prestigiosissima carriera mondiale è stata sottoposta a uno stress un po' comico per ottomila dollari, che in America, paese povero al contrario dell'Italia, sono considerati una bella cifretta; e il risultato normale delle nostre rivelazioni, che fanno tanto America trattandosi di primarie in un partito che si dice Democratic Party, avrebbe dovuto essere quello di sobrie scuse del dottore.

    Scusatemi tanto, quando me ne andai da Palermo nel 2002 dissi che era per lottare la mafia, e altre amenità, invece mi ero comportato da barone disinvolto e gli americani non avevano gradito, e sono stato colpevole di reticenza e manipolazione della realtà da quel medico-politicante che già ero e sempre più mi apprestavo ad essere”. Gli ottomila maledetti dollari di questo western all'italiana corrispondono ai cento milioni a tasso zero imprestati a Di Pietro da un suo inquisibile e restituiti in una scatola da scarpe, in uno scontro titanico tra eroi moralizzatori di uno spaghetti-western e di una commedia all'italiana. 

    Durante la campagna delle politiche 2008 sull'aborto, dopo avergli io concesso un confronto, il senatore-chirurgo ne voleva un secondo, per ripetermi sempre la stessa tiritera malmostosa e ipocrita sulla sofferenza delle donne, fatta risibile dalla ripetizione ossessiva e ideologica dagli anni Settanta ad oggi. Gli dissi di no, e il giovin senatore inesperto ma callido si provò a sfruculiarmi: risposi pubblicamente che non andavo perché Marino era un uomo particolarmente noioso e vanesio. Confermo. Ero stato incuriosito dalla sua posizione dubbiosa, e a suo modo drammatica, espressa in un libriccino einaudiano intitolato al “credere” e al “curare”, lo avevo invitato a parlarne in tv, ma presto mi ero reso conto che anche quella del dubbio era una posa del solito suonatore d'organetto, come quelle foto insopportabili in cui il candidato moralizzatore e grande star medica internazionale si presenta con lo stetoscopio, la mascherina da camera operatoria e altri attrezzi vanitosi di un mestiere sfigurato dalla strumentalità e dalla contaminazione con il linguaggio così diverso della politica. Il problema di Marino era con ogni evidenza uno solo: smettere il prima possibile di fare il chirurgo full time, visto come si erano messe le cose, incassando sull'immagine del grande medico internazionale la cedola della popolarità da reinvestire in politica, possibilmente nel ruolo di chi vuole estirpare dal mondo e dai partiti ogni forma di corruttela, a parte le note spese.

    L'investimento fu compiuto dopo l'increscioso fatto di Palermo, mettendosi a tutta prima sulla scia del più cinico tra i leader del Pd, D'Alema, poi oscillando in cerca del piazzamento migliore tra i suoi avversari, infine tentando un'avventura in proprio che fa leva sul generoso e ingenuo sentimento di tanta gente, che ha paura del coma o dello stato vegetativo e legittimamente vuole evitarne anche solo l'ingombrante possibilità psicologica, e dunque ama il guru del testamento biologico e la sua, figuriamoci, battaglia per la laicità. I medici che fanno politica e si avvalgono callidamente del loro prestigio, non per raccogliere fondi e promuovere la ricerca, ma ormai direttamente per guidare i partiti in nome della maestà e terzietà del prestigio tecnico che attribuiscono con abbondanza di crediti a se stessi, in proprio e attraverso i giornalini d'informazione compiacenti e complici, meritano, in omaggio al dovere di informare e alla volontà di sapere dei loro stessi elettori, che si racconti la loro parabola, che si rivelino le loro debolezze e bugie di fronte all'opinione pubblica, facendo essi parte di un sistema, la sanità, che andrebbe annoverato tra i sistemi criminali da smantellare al pari della mafia, della camorra e della 'ndrangheta, se non altro per rispetto dei medici che fanno bene il loro mestiere e non hanno sempre innestata la ruota del pavone.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.