Anvedi ecco Marino
La candidatura di un celebre clinico come Ignazio Marino alla segreteria del Partito democratico sollecita una riflessione sull'immagine che la professione medica proietta sull'attività politica. Il medico è il professionista al quale affidiamo la nostra salute e, nei casi estremi, la nostra vita. Si tratta di una fiducia meritata nella stragrande maggioranza dei casi, radicata nella coscienza popolare da un'esperienza secolare e che quindi ha una indubitabile valenza pubblica.
La candidatura di un celebre clinico come Ignazio Marino alla segreteria del Partito democratico sollecita una riflessione sull'immagine che la professione medica proietta sull'attività politica. Il medico è il professionista al quale affidiamo la nostra salute e, nei casi estremi, la nostra vita. Si tratta di una fiducia meritata nella stragrande maggioranza dei casi, radicata nella coscienza popolare da un'esperienza secolare e che quindi ha una indubitabile valenza pubblica. In un certo senso è simile alla fiducia che circondava la figura dei magistrati, chiamati ad assicurare un altro bene essenziale come la giustizia, almeno prima che alcuni facessero un uso politico discusso e discutibile della loro alta funzione. E' del tutto lecito, naturalmente, che una persona che intende proporsi come rappresentante politico goda del prestigio riverberato dalla professione che esercita. E' altrettanto naturale che l'immagine del medico, che esercita una missione ma anche una professione, con tutti i caratteri economici e giuridici connessi, venga sottoposta a ogni verifica quando sceglie la strada della competizione pubblica.
E' accaduto anche al ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, forse persino più noto di Ignazio Marino per le sue attività umanitarie svolte in tutto il mondo, che è stato sottoposto a un esame talora malevolo per i rapporti economici intrattenuti con il governo del Gabon. Le circostanze della risoluzione del rapporto di lavoro di Ignazio Marino con il centro medico dell'Università di Pittsburgh, che hanno determinato anche le sue dimissioni dal centro palermitano per i trapianti, furono descritte a suo tempo come una sorta di discriminazione subita da uno scienziato, ed è ragionevole che oggi che quello scienziato si propone per una elevata funzione politica, vengano riesaminate alla luce di nuova documentazione. Se Pier Luigi Bersani risponde del modo in cui ha fatto il presidente dell'Emilia Romagna e il ministro nel governo di Romano Prodi, se Dario Franceschini viene valutato per come ha diretto, prima con Walter Veltroni e poi da solo, la segreteria del partito, è logico che di Marino venga considerata la sua attività professionale, e non soltanto per i suoi pregi.
Si dice che gli uomini politici debbono essere valutati per quel che propongono, e da questo punto di vista la scelta di Ignazio Marino di incentrare la sua iniziativa sulla battaglia culturale sui temi della vita e della morte, seppure da posizioni discutibilissime, appare apprezzabile e sicuramente più attraente della discussione sui caratteri del bipolarismo che divide gli altri due contendenti. Ma si viene valutati in realtà soprattutto per quel che si è, come dimostra la vicenda di Barack Obama e persino quella di Silvio Berlusconi.
Contrapporre l'immagine del non politico a quella dei politici di professione è naturalmente del tutto lecito e, in certi casi, vantaggioso, anche se poi per guidare un partito o un governo (visto che il bizzarro statuto del Partito democratico rende automatica la candidatura a premier del segretario) le capacità politiche sono quelle che contano. Marino conduce, da outsider, una vigorosa campagna contro l'apparato del partito al quale attribuisce un potere di condizionamento delle scelte politiche che finisce con l'essere paralizzante. Nel condurre questa campagna sembra credibile proprio perché la sua storia personale e professionale lo aiuta ad apparire estraneo a pastette correntizie. Visto che usa, giustamente, la sua collocazione professionale come strumento politico, è ragionevole che anche questa sia sottoposta, serenamente, a qualche esame.
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