Che devo fare per farmi ascoltare? Uccidermi? Uccidere?

Manuale (cruciale) di sopravvivenza ai traumi della comunicazione

Camillo Langone

Che cosa devo escogitare per farmi ascoltare? Uccidermi? Uccidere? Darmi all'apicoltura? Mario Perniola ha scritto un libro dal titolo poco invitante, “Miracoli e traumi della comunicazione” (Einaudi), che però promette di aiutarmi a compiere una scelta. Uccidermi? Uccidere? Darmi all'apicoltura? Il capitolo cruciale è “La fine dell'autorevolezza dell'autore”.

    Che cosa devo escogitare per farmi ascoltare? Uccidermi? Uccidere? Darmi all'apicoltura? Mario Perniola ha scritto un libro dal titolo poco invitante, “Miracoli e traumi della comunicazione” (Einaudi), che però promette di aiutarmi a compiere una scelta. Uccidermi? Uccidere? Darmi all'apicoltura? Il capitolo cruciale è “La fine dell'autorevolezza dell'autore”. Perniola, che insegna all'università di Tor Vergata ma non è così periferico, che ha studiato insieme a Gianni Vattimo ma è abbastanza lucido, non fa cominciare la crisi del ruolo degli scrittori con la rete bensì con la radio che durante il Maggio francese “influenza profondamente la percezione dell'evoluzione degli eventi: il movimento stesso è condizionato dall'eco conferitogli dai media. E' come se la radiocronaca della rivolta in presa diretta prendesse il posto di quest'ultima, la quale assume così un ruolo subordinato e parassitario rispetto all'eco che suscita”.

    Negli anni Sessanta si passa così dalla società dell'azione, in cui si legge e poi si agisce, alla società della comunicazione, in cui si guarda e poi si viene agiti. Un mondo nuovo, affamato di comunicatori e non di letterati. Il primo ad accorgersene è stato Michel Foucault che nella conferenza del '69 intitolata “Che cos'è un autore?” profetizza un ambiente dove i discorsi circolano in forma sostanzialmente anonima: insomma Internet. Il primo a trarne le conseguenze è stato Yukio Mishima che nel '70, per incidere nella mente dei giapponesi la propria opera, attua un suicidio rituale e pubblico.

    Perniola non cita Pasolini, peccato, forse ignora gli affascinanti libri in cui Giuseppe Zigaina descrive il massacro di Ostia ('75) come un omicidio-suicidio a lungo premeditato dalla cosiddetta vittima per eternarsi artisticamente. Quindi anche Mishima, anche Pasolini, si fecero all'incirca le stesse mie domande: Che fare per farsi ascoltare? Uccidersi? Uccidere? Oppure, scartando di lato, darsi all'apicoltura? Scelsero l'uccidersi, sia perché non cristiani (il primo) o non abbastanza (il secondo), sia perché più o meno omosessuali e pertanto egocentrici, e poi perché negli anni Settanta non era così evidente l'importanza dell'apicoltura. Oggi che le api rischiano di estinguersi, e non in metafora come le lucciole pasoliniane, risulta chiaro che i mieli raccolti da Andrea Paternoster lassù in Trentino tramandano più cultura dell'intero catalogo Minimum Fax. Il miele sulle labbra di Platone e della sposa del Cantico dei Cantici, il miele ascetico di Giovanni Battista, il miele erotico di Enzo Carella (i cultori del Lucio Battisti periodo Panella avranno capito il riferimento), il miele che scorre insieme al latte nei fiumi della Terra Promessa. “I libri da soli non bastano a cambiare la vita di chicchessia” scrive Perniola, “se non sono accompagnati da un atto esemplare di forte impatto mediatico”.

    Oggi un Montale, vita appartata spesa a bulinare versi, non sarebbe riconosciuto manco campasse centovent'anni. Avendoci i soldi, o una straordinaria capacità di fare debiti, bisognerebbe piuttosto imitare D'Annunzio che fu contemporaneamente grande autore e grande comunicatore. Bisognerebbe però anche avere la sua fortuna: il Vate visse in epoca un filo meno nichilista della presente e non fu costretto a schiacciare il pedale fino all'omicidio o al suicidio, nemmeno tentato (la caduta dalla finestra del Vittoriale, mi ha spiegato Giordano Bruno Guerri davanti a un piatto di tortelli immasticabili, fu dovuta semplicemente ad allucinazioni da cocaina). Nichilista e sorda, “l'età della comunicazione in cui tutti scrivono, ma nessuno legge, tutti parlano, ma nessuno ascolta”. Io l'ho sperimentato mille volte, ecco perché spero che Perniola mi aiuti a trovare una via d'uscita. Ho lettori che quando mi scrivono mi chiamano dottore, che quando mi telefonano mi chiedono dove vado in vacanza, che quando mi incontrano esordiscono esclamando “Io sono laico” per dire che sono atei, e poi si felicitano perché abito a Parma “dove si mangia bene” o perché vengo dal Sud “dove c'è più religione che al Nord”. Tutti, sempre, arricciano il naso quando ordino Lambrusco perché “non è un vero vino”. Ma vaffanculo. Anni di rubriche gettati al vento. Che cosa devo inventare per farmi ascoltare davvero? Uccidermi non voglio. Uccidere non posso, sebbene il desiderio sia grande. E le api pungono.

    Purtroppo Perniola ha più domande che risposte: “Quale autorevolezza può nascere da criteri di tipo comunicativo (per esempio il numero di copie vendute di un libro, di risultati di un motore di ricerca e simili)? Come possono i criteri alternativi veramente autorevoli farsi riconoscere come tali in un mondo che è interamente colonizzato dalla comunicazione?”. Se non lo sa lui. Io non lo so e fortissimamente vorrei saperlo. Se l'età della comunicazione scredita la conoscenza degradandola a opinione, un araldo della verità non ha un posto dove suonare la sua tromba. Nelle ultimissime pagine del libro, Perniola ricorda che solo la morte è irriducibile al presentismo e al futilismo dei media: “Essa rimane l'unica assoluta certezza, che si sottrae a ogni qui e ora”. Non mi sembra una gran scoperta e soprattutto non mi sembra aprire nessun passaggio a nord-ovest. Restano le domande iniziali (Uccidersi? Uccidere? Darsi all'apicoltura?) e casomai se ne aggiunge una quarta: scrivere un libro intitolato “Ricordati che devi morire”? Facile la vita dei filosofi, evocano i problemi, li sparpagliano nella tua testa e poi se ne vanno senza rimettere in ordine.

    • Camillo Langone
    • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).