I napoleonidi - Prima puntata di una serie dell'altro mondo

Il 25 dicembre 1812 l'Hotel de la Marine di New Orleans è molto affollato

Sandro Fusina

Il 25 novembre 1812 l'Hotel de la Marine di New Orleans è molto affollato. Con un pranzo sontuoso, soprattutto per la qualità e la quantità dei vini e dei liquori, vi si festeggia il compleanno del generale Humbert, arrivato in città da non molto. Jean-Amable Humbert è nato nel 1767. Fra gli amici in sala è forse il più vecchio. E' stato un giovanissimo generale di Napoleone, famoso per la sua prestanza fisica e per il successo con le donne.

    Il 25 novembre 1812 l'Hotel de la Marine di New Orleans è molto affollato. Con un pranzo sontuoso, soprattutto per la qualità e la quantità dei vini e dei liquori, vi si festeggia il compleanno del generale Humbert, arrivato in città da non molto. Jean-Amable Humbert è nato nel 1767. Fra gli amici in sala è forse il più vecchio. E' stato un giovanissimo generale di Napoleone, famoso per la sua prestanza fisica e per il successo con le donne. Ora è un omone appesantito, con un naso spugnoso e paonazzo che denuncia una passione spiccata per le bibite alcoliche. New Orleans è una città dai facili duelli e il generale Humbert usa con la stessa disinvoltura la sciabola e la pistola. Chi per il suo naso lo chiama “Fraise”, fragola, lo  fa stando ben attento a non farsi sentire da lui.
    Nei pranzi celebrativi arriva il momento dei brindisi, dei discorsi. Uno degli ospiti si dilunga sulle glorie passate di Humbert, il quale a ogni parola si fa più scuro in volto. Finché, aiutato dall'alcol, non sbotta: come può un uomo come lui, che nella vita ha compiuto tanti fatti eroici, accompagnarsi con la banda di delinquenti raccolta in quella sala? In effetti i commensali non sono tutti gentiluomini, e neppure tutti francesi. Cosa ci fanno due ceffi di vigliacchi italiani della pasta di Vincent Gambi e di Ghighizola alla tavola di un ex generale dell'impero?

    Nella storia degli esuli francesi negli Stati Uniti il generale Humbert non ebbe una parte di primo piano, ma fu una figura caratteristica. La sua biografia e il suo aspetto falstaffiano ne fanno una figura tragicomica, perfetta per fungere da guida nel confuso intreccio di avvenimenti e di uomini che furono le vicende dei francesi esuli in America nei pochi anni tra la seconda abdicazione e la morte di Napoleone nella prigionia di Sant'Elena.
    Di lui il console di Francia a New Orleans scrive che è “pur sempre il contadino dei Vosgi, fine, immaginativo e contorto (maré)”. Nella considerazione degli avversari, e forse nei modi, è sempre un imbroglioncello,  un venditore ambulante, un commerciante di pelli di conigli. Da ragazzo ha imparato appena a scrivere. Le sue considerazioni, spesso intelligenti, annaspano in una sintassi e un'ortografia di fantasia. Suo padre, fattore di una proprietà ecclesiastica, ha fatto di tutto per farlo studiare. Jean è scappato di casa, ha portato in giro le sue spalle già larghe, i suoi pugni già duri, di fienile in fienile, di città in città, fino a Lione. Finché con la rivoluzione non è tornato a casa per arruolarsi in un battaglione di volontari. La confusione sociale, l'imponenza fisica e l'ascendente sui compagni lo fanno nominare in pochi giorni colonnello.

    Di Humbert si sono occupati solo storici locali, inclini all'apologia e all'amplificazione. Sugli splendori e gli infortuni della carriera ci sono ombre non dissipate. Perché il suo battaglione, il tredicesimo dei Vosgi, viene tolto per punizione dall'assedio di Magonza e mandato in Bretagna a combattere gli insorti della Vandea?  In Bretagna, centro della resistenza clericale e realista alla rivoluzione, la guerriglia è senza quartiere. La crudeltà e l'astuzia sostituiscono pietà e cavalleria. In Vandea non si fanno prigionieri, da una parte e dall'altra. Humbert è nominato generale di brigata. Il suo predecessore  aveva fatto stampare come intestazione alla sua carta da lettera: “Mort aux chouans”, morte ai ribelli. Humbert scrive che “la dolcezza  sarà preferibile al rigore”. Avrà questo atteggiamento morbido nei confronti dei nemici mortali della repubblica qualcosa a che fare con l'acquisizione della proprietà di uno dei castelli più grandi e più sfarzosi della Bretagna? La guerra per bande, così micidiale e così poco eroica, aveva finito per guastare l'integrità rivoluzionaria.

    Perfino l'incorruttibile generale Lazare Hoche
    aveva finito per cadere nelle trame di una donna che, figlia di marchese e vedova di chouan, si dilettava a fare il doppio gioco.
    “I generali corrotti dai fornitori vivevano nel lusso”. Conquistato dall'ambiente, Humbert intrattiene un rapporto contemporaneamente con due attrici, le signorine Ninette e Cassin di Rouen. Un suo subordinato lo accusa di lucrare (perfino cinquantamila franchi in una volta) sulle forniture e sulle imposte. Il generale Hoche, anch'egli di estrazione popolare, che nonostante tutto Hubert considera suo amico, non può fare a meno di commentare: “Questa condotta è scandalosa: approfittare delle forze della repubblica per costruire l'edificio di una fortuna personale!”. Poi venne l'avventura irlandese. Il generale Hoche non era riuscito a portare a termine la prima spedizione. Una tempesta aveva disperso nel canale d'Irlanda le navi. Humbert ci aveva riprovato da solo. Fidando sulla rivolta degli irlandesi, era sbarcato con neppure mille uomini su un'isola dove erano di stanza forse cinquantamila soldati britannici. Con quel pugno di uomini era riuscito a penetrare per duecentocinquanta chilometri in direzione di Dublino, prima di essere fermato dagli inglesi comandati dal celebre Lord Cornwallis in persona. Cornwallis aveva riconosciuto il valore e l'audacia del francese. “Avete visto cosa può fare il figlio di un contadino?” aveva detto di sé Humbert, di rientro in Francia dalla prigionia. La folle e futile impresa irlandese di Humbert era passata sotto silenzio, al punto che ancora oggi i libri di storia tendono a confonderla con quella di Hoche.

    La carriera militare di Humbert non se ne avvantaggiò. Quando si preparava la spedizione a Santo Domingo per domare la rivolta del Napoleone nero  Toussaint-L'Ouverture, sembrò che il comando toccasse a lui. Fu affidato invece al generale Charles Leclerc, che non aveva molta esperienza militare, ma era il marito di Paolina, la sorella prediletta di Napoleone. Anche a Santo Domingo, Humbert ebbe qualche problema. Non riuscì a legare con gli altri generali, che pure come lui provenivano dalla repubblicana armata del Reno, non riuscì a sconfiggere il ribelle nero Jacques Maurepas, il quale, passato ai francesi, finì per sostituirlo proprio per ordine di Leclerc al comando del suo reparto. Non riuscì neppure in quell'occasione a evitare sospetti di malversazioni, ma riuscì in compenso a schivare la febbre gialla che decimava le truppe francesi senza risparmiare il comandante in capo Leclerc. Quanto alle voci che lo vollero amante della vedova Paolina Bonaparte, più che su documenti si basano su probabilità statistiche, essendo entrambi i soggetti particolarmente disposti ai rapporti disinvolti con l'altro sesso.
    Da san Domingo partì solo, con un presunto congedo verbale di Leclerc, messo per iscritto dal capitano di una nave che non ne aveva l'autorità. La prima cosa che lesse sbarcato in Francia fu una notifica del ministro della Guerra: “Il governo al quale ho reso conto del vostro ritorno in Francia, ha constatato con dispiacere che aveva abbandonato l'esercito  in un momento in cui la campagna riprendeva le attività, in cui le malattie potevano influenzare il morale dei soldati e in cui l'esempio dei capi poteva essere utile al servizio” (24 dicembre 1802). Humbert considerò oltraggiosa l'accusa. Il primo console Bonaparte firmò invece una sentenza che destituiva Humbert e lo confinava nel suo comune in attesa che lo stato maggiore di san Domingo trasmettesse i documenti relativi ai fatti che gli erano imputati.
    Il comune di residenza di Humbert non è quello della fattoria dei Vosgi dov'è nato, ma quello di Ploermel in Bretagna a metà strada tra Rennes e Vannes, al centro della regione dove era infuriata la rivolta della Vandea. L'antico commerciante ambulante in pelli di coniglio vi possiede il castello di Grévy, uno dei più sontuosi di tutta la Bretagna, con le terrazze che dominano la valle dell'Oust, giardini magnifici disegnati da André Le Notre, lo stesso architetto che aveva disegnato Vaux-le-Vicomte e Versailles, boschi d'alto fusto, un teatro di verdura, scuderie e pascoli per ospitare un intero squadrone di cavalleria. Tanta ricchezza imbarazza un poco gli storici locali che si sentono in dovere di spiegare come il rivoluzionario e democratico concittadino fosse venuto in possesso di una simile dimora. Il castello era stato sequestrato al conte di Grévy, emigrato per sfuggire alla rivoluzione. Come bene nazionale era stato messo all'asta. Se l'era aggiudicato per quarantamila franchi un giudice di pace dei dintorni, il quale era però morto senza  pagare la quarta rata. La vedova aveva ceduto i diritti a Humbert,  il quale per soli diecimila franchi era diventato il legittimo proprietario.

    Alle accuse di concussione e di malversazione Humbert non era estraneo, ma Napoleone aveva, e avrebbe altre volte, chiuso un occhio sul comportamento disinvolto in fatto di denaro dei  suoi generali. Né aveva o avrebbe fatto troppo caso alle attenzioni dei suoi generali per le sue sorelle. Hoche, che ai tempi della Repubblica avrebbe potuto fargli ombra, era morto: per tubercolosi e non per veleno, come volevano certe voci, aveva accertato l'autopsia. Neppure l'antica e dubbia amicizia con lui non poteva essere un'aggravante per Humbert. Né Napoleone aveva stimato abbastanza il defunto cognato Leclerc per volerne difendere la memoria. Quale ne fosse il motivo non si sa, ma per dieci anni si oppose e che Humbert fosse reintegrato nelle sue cariche.
    Nei martirologi, Humbert condusse per dieci anni una vita solitaria e dolente nel suo castello. Secondo tradizioni locali, ancora molto vive alla fine del secolo, al castello di Grévy non c'erano mai state tante feste e chiasso come in quegli anni, anche se gli invitati non erano più dame e cavalieri dell'ancien regime, ma ufficiali delle guarnigioni e attrici e altre professioniste di Rennes e di Vannes. Poi, stanco di inviare al ministero della Guerra petizioni senza esito e cacciato dal suo castello dai debiti, Humbert si risolve nel 1812 a emigrare a New Orleans.