Così scriveva Giuliano Ferrara sul Foglio il 31 ottobre del 2007

Il partito senza tessere risolve anche la questione morale

Giuliano Ferrara

Riproponiamo, in vista del congresso del Partito Democratico in autunno, la storia del Partito Democratico stesso come l'ha raccontata Il Foglio in questi ultimi anni. Come la proposta del partito senza tessere lanciata da Giuliano Ferrara:

"La democrazia interna consenta che le idee contino, ma non è un caso se, con tutto l'esercizio possibile di democrazia interna, alla fine i gruppi dirigenti dei partiti in Italia sono fatti storici, durano nel tempo oltre ogni credibile limite, e si perpetuano come grandi famiglie dinastiche".

    Dal Foglio del 31 ottobre del 2007

    Dove nasce la famosa questione morale, con tutti i suoi equivoci tragici? Nasce dal carattere separato e burocratico dei partiti di massa che contano sulle tessere, gli organismi dirigenti, i congressi. Muore, o meglio resta un dominio riservato ai soli ladri professionali, quando e se nasca un partito dei cittadini elettori, fondato su una diversa rappresentanza della società.
    Come funziona oggi il rapporto tra le potenze sociali ed economiche e i partiti di vecchio stampo? Funziona così. In nome di un falso primato e di una falsa autonomia della politica, i partiti sono formalmente espressione di libere adesioni organizzate, che eleggono i gruppi dirigenti attraverso i congressi. In realtà sono i dirigenti a eleggere i congressi, in quanto depositari di una eredità storica che si prolunga nel tempo ed esprime un'identità ideologica collettiva.

    La democrazia interna consente che le idee contino, ma non è un caso se, con tutto l'esercizio possibile di democrazia interna, alla fine i gruppi dirigenti dei partiti in Italia sono fatti storici, durano nel tempo oltre ogni credibile limite, e si perpetuano come grandi famiglie dinastiche. I gruppi dirigenti dei partiti, padroni incontrastati in casa propria, si muovono così in un circuito parallelo a quello dei soldi, dell'economia, delle potenze sociali e finanziarie, e dicono che l'etica e gli interessi procedono su letti distinti come due fiumi che non si incontrano mai. Poi, al telefono ovvero privatamente, dicono: abbiamo una banca. Oppure: compagno cooperatore, facci sognare. Nel frattempo i banchieri, i finanzieri, gli editori, gli industriali, ma anche i cooperatori o i sindacati, ci raccontano che non fanno politica; e invece fanno politica scegliendo questo o quel pezzo di gruppo dirigente di partito e cercando di esercitare influenza al coperto di rispettive autonomie. Magari portando fuori di tanto in tanto il capino, come ha fatto l'editore e finanziere Carlo De Benedetti quando ha puntato le sue fisches su Veltroni e Rutelli, dicendo che il Partito democratico avrebbe dovuto averli come leader, e in quel caso il finanziere-editore avrebbe anche preso la tessera numero 1.
    Quando non ci siano più tessere, né numero 1 né numero 2, e la democrazia interna sia sostituita dalla democrazia esterna, cioè da un regolare processo elettorale che decide selezionando la classe dirigente da insediare nelle istituzioni, le cose cambiano.Finalmente i leader politici non saranno costretti a mentire per la gola, ma a chiedere impegno e soldi per essere eletti nelle primarie e poi nelle elezioni; finalmente le potenze sociali ed economiche, dalle coop alle banche ai sindacati alle industrie, dovranno sborsare quattrini in chiaro, trasparenti e a tutti conosciuti attraverso appositi registri del fund raising o raccolta di soldi, per influenzare l'andamento del processo decisionale e avere una qualche rappresentanza politica di interessi sociali consolidati.


    Il modello attuale di relazioni è opaco: chi ha soldi e interessi deve avvicinare e condizionare riservatamente politici che pretendono di non avere relazioni incestuose con poteri economici. I giornali si chiedono: chi c'è dietro D'Alema? chi è nel blocco di potere di Veltroni o di Prodi? chi appoggia Berlusconi nell'establishment e chi lo avversa? chi sceglie il personale politico centrista? Con un modello di democrazia esterna, messo per quanto possibile in chiaro attraverso l'azione di movimenti e lobby e gruppi organizzati di interesse o di cultura o di valori, che promuovono direttamente la loro rappresentanza nelle elezioni primarie dove vengono scelti i titolari delle politiche pubbliche, cioè gli eletti, tutto si muove in una direzione meno opaca. Il partito degli elettori e degli eletti pone un primato delle istituzioni e della società, a detrimento di un primato della politica, nella sua autonomia separata, che storicamente si è sempre esercitato in segreto. In epoca di ideologie, un segreto maestoso e terribile. Oggi, un segreto meschino e ridicolo.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.