Lo sfascia carrozze

Claudio Cerasa

Dan Neil è uno spietato editorialista americano, scrive ogni settimana una column molto bella sulle pagine del Los Angeles Times, ha vinto il premio Pulitzer nel 2004 ed è uno dei giornalisti in circolazione che più ne capisce quando si parla di automobili. Due anni fa, Neil ha realizzato una lunga inchiesta per il settimanale Time in cui illustrava le 50 peggiori macchine della storia dell'automobilismo.

    Dan Neil è uno spietato editorialista americano, scrive ogni settimana una column molto bella sulle pagine del Los Angeles Times, ha vinto il premio Pulitzer nel 2004 ed è uno dei giornalisti in circolazione che più ne capisce quando si parla di automobili. Due anni fa, Neil ha realizzato una lunga inchiesta per il settimanale Time in cui illustrava le 50 peggiori macchine della storia dell'automobilismo. L'inchiesta ebbe molto successo, le descrizioni delle vetture selezionate erano semplicemente feroci e le fotografie pubblicate dal magazine americano rendevano bene l'idea di quello che Neil definisce ancora oggi “The horror park car”. Due anni dopo quella formidabile ricognizione, abbiamo ricontattato Neil per aggiornare la classifica e capire quali sono stati i peggiori flop automobilistici registrati non soltanto anno per anno ma nell'intera storia dell'automobilismo. Di quella classifica, l'editorialista del Los Angeles Times conferma tutte le dure valutazioni fatte all'epoca, aggiunge alcuni interessanti dettagli sulle più brutte macchine del 2008 e del 2009 e offre una valutazione complessiva di quelle che sono state le peggiori macchine di sempre.


    I parametri di valutazione di Neil rientrano in una sorta di codice lombrosiano automobilistico. Nel 1876 il criminologo Cesare Lombroso divulgò la sua teoria su come fosse possibile dedurre la propensione a delinquere di una persona dalla forma e la dimensione del cranio. Neil oggi fa un po' lo stesso con le macchine. Macchina di classe uguale persone di classe. Macchina cazzona uguale proprietario cazzone. Secondo Neil, “ogni automobile dà la possibilità di tirare fuori il peggio che si ha in noi”; e il premio Pulitzer non si riferisce solo alle risse da semaforo o alle dispute da parcheggio ma fa riferimento a un più interessante processo di formazione. “L'inchiesta che ho realizzato due anni fa mi ha insegnato molte cose: l'automobile è un oggetto culturale. Ogni macchina ci dice qualcosa di importante sulle persone che la usano: su chi sono, sui loro valori, sulle loro credenze. Spesso conoscere le caratteristiche di una macchina ti aiuta a evitare di trovarti di fronte a persone sgradevoli – sfido io ad andare a cena con una persona che guida una Cadillac Escalade (un lussuosissimo Suv da 5,1 metri, con lettore Dvd e schermo da 8 pollici ripiegabile montato sul tettino da 75.390 euro, ndr). Altrettanto spesso però la macchina è segno di festa. Di una cosa meravigliosa. Prendete per esempio l'Alfa Romeo Mito: l'unica macchina al mondo che riesce a essere sexy in modo così divertente e senza essere noiosa. Altra cosa che ho capito in questi anni dopo l'inchiesta è stata questa. Se è vero che la macchina è riflesso diretto di chi la guida è anche vero che una macchina non buona è a sua volta riflesso del luogo in cui è stata costruita. E sono convinto che i luoghi peggiori dove costruire oggi auto siano due: il primo è l'inferno delle fabbriche di auto nel sud dell'India; il secondo sono le fabbriche in Alabama. Il discorso è facile: se in un paese c'è troppo caldo è meglio coltivare ortaggi non costruire autovetture”.


    Negli ultimi due anni, secondo Neil le peggiori macchine finite sul mercato sono state due. Nel 2008, “the worst car of the year” è stata la Buick Lucerne (una 3.8 litri a sei cilindri della General Motors, “sfacciata e disfunzionale” secondo il giornalista americano) mentre nel 2009 la peggiore in assoluto è stato il minivan Volkswagen Routan che secondo Neil è “trash, total trash”. Tra le peggiori 50 macchine del mondo, nel 2007 Neil descrisse anche “quattro disastri italiani” che erano la Ferrari Mondial 8 (“il suo impianto elettrico aveva più difetti di una finestra di un motel di Barstow”), la Maserati Biturbo (“fu il prodotto di una disperata, squattrinata azienda vicino alla bancarotta, e si vede. La raccolta degli avvisi di riparazione assomigliava alla Bibbia di Gutenberg”), la Fiat Multipla (“Sembrava che avesse più file di occhi, come un girino illuminato. Aveva quella strana proboscide davanti e una ingombrante cabina dietro, e l'insieme era situato su ruote da nano”) e la Lamborghini LM002 (“che si rivolgeva a giovani e viziati sceicchi sauditi”). Secondo Neil, la più brutta auto della storia è senz'altro la Trabant, una famosa automobile prodotta dalla casa automobilistica VEB messa in produzione negli anni 50 nella Repubblica Democratica Tedesca, assai simile a uno scafo di una barca a vela segato a meta (della Trabant esiste anche un modello limousine con sei ruote e tutto di colore giallo limone) ed effettivamente molto ma molto brutta. Ma è proprio tra le quattro macchine italiane passate in rassegna nel 2007 che Neil sostiene si nasconda la peggiore vettura mai vista nella storia: il modello LMOO2, Lamborghini. “E' una macchina che potrebbe guidare soltanto uno come Uday Hussein (figlio maggiore dell'ex presidente iracheno Saddam Hussein, che – racconta Neil – era proprietario di una Lamborghini LMOO2, ndr): si tratta di un veicolo costruito per i giovani arabi ricchi e sceicchi in modo che potessero farsi le loro corsette lungo il deserto, sopravvivendo alla complicata topografia del territorio delle loro aziende e al loro passato di di guide beduin. E' stata una macchina – sostiene Neil – che non ha mostrato alcun riguardo per l'ambiente o la decenza umana e resto convinto dell'idea che chi guida questa macchina non possa che essere un po' un cazzone. Il discorso è semplice in fondo. E' come diceva Roland Barthes: le macchine sono le nostre cattedrali gotiche: bellissime, splendide, costruite da migliaia di anonimi artigiani e che attraverso le opere in qualche modo esprimono la propria divinità”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.