L'elefantino scende in campo: reportage dal Pd

Giuliano Ferrara

Riproponiamo, in vista del congresso del Partito Democratico in autunno, la storia del Partito Democratico stesso come l'ha raccontata Il Foglio in questi ultimi anni. Come l'incursione di Giuliano Ferrara al Nazareno, raccontata sul Foglio il 14 gennaio 2008:

"È sabato, pioviggina, arrivo alla splendida sede della ex Margherita, al 16 di via Sant'Andrea delle Fratte, in tempo per l'inizio della discussione sul manifesto dei valori del Partito democratico".

    Dal Foglio del 14 gennaio 2008

    È sabato, pioviggina, arrivo alla splendida sede della ex Margherita, al 16 di via Sant'Andrea delle Fratte, in tempo per l'inizio della discussione sul manifesto dei valori del Partito democratico, mentre il nostro cronista politico Cundari, dopo una visita a un nipotino appena nato, si apprestava ad andare a quella per lo statuto. L'usciere mi dice che è chiuso alla stampa. Gli dico di verificare, perché venerdì alla riunione di redazione del Foglio mi era stato detto che la commissione valori e la commissione statuto sarebbero state a porte aperte, e l'avevo anche letto sui giornali. Lui verifica e mi fa salire al terzo piano per vedere un po' il da farsi. Imbocco l'ascensore con il professor Odifreddi, scherziamo sull'ateismo, ci perdiamo in corridoi di partito segnati dal vuoto e dall'inerzia mattutina. Infine usciamo in una magnifica terrazza, sulla sinistra incombente una delle più belle chiese di Roma, più su Trinità dei Monti, e finalmente c'è una bella sala delle riunioni, con simboli, un gruppo di delegati già seduti, e qualcuno gentilmente mi porta da Reichlin, presidente della commissione, per presentarmi a lui. Si scherza con Alfredo su questa presentazione formale, perché Reichlin mi ha visto nascere, ed ecco l'equivoco. Reichlin dice che non sa se la riunione è aperta alla stampa, gli riferiscono che in verità non lo sarebbe, ma lui gentile mi prega di accomodarmi. Mi siedo in ultima fila, e il presidente pone la questione se aprire o no la riunione all'ospite ingrato epperò anche grato, ancora non si sa, visto che ha chiesto di partecipare. Io specifico che non ho chiesto niente, non sono qui per uno show personale, credevo che fosse una riunione aperta, e faccio per andarmene sorridente con giaccone e cappello, mi dicono cortesemente di fermarmi, di restare, mettono in votazione l'apertura della riunione, e vince l'apertura, dopodiché un bel manipolo di colleghi, qualche ora dopo, arriva in frotta, i più appassionati contenti della mia funzione di battistrada, qualcuno più smagato maledicendomi per un sabato di corta perduto.
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    Ho ascoltato tre quarti della discussione e, da quel cronista di serie B che sono sempre stato, me ne sono andato sul più bello, cioè quando si è messo al brutto, perché la mia dolce moglie mi comunicava che ha senso essere sposati solo quando piove, e pioveva, e avevo una certa famina. Ma sono state tre ore interessanti, di cui ora vi rendo conto in breve, e il resto me lo hanno raccontato per filo e per segno al telefono due insigni membri della commissione, Antonio Polito e Gianni Cuperlo, che (per quanto di serie B sia il vostro cronista) sono state le classiche due campane da ascoltare.
    Ecco le mie tre ore. Hanno parlato Treu, Mirabelli, un simpatico e tonante fin dal nome Zaniboni, Bassanini, Carrà, una Laura Pennacchi che forse esagera il valore dei Nobel Sen e Stiglitz e in loro nome propone un tardivo new deal di politiche iperpubbliche, lo scaltro Follini che vuole chiudere presto e bene, l'ecologista Gentili preoccupato per il destino della specie, Polito in brillante dissenso su posizioni new labour e liberali, Merlo sulla laicità, il martiniano Monaco contro il partito assembramento, la Binetti per il diritto di nascere e di essere accolti almeno come gli immigrati, Penati preoccupato di un partito un po' terronico che non capisce il nord, la Silvana Sanlorenzo che vorrebbe un breve manifesto tipo “we want” e “I care”, il cattolico Castagnetti che curiosamente è sì per la libertà di coscienza ma dopo che la si sia autorizzata con un voto dei gruppi parlamentari, il socialista d'antan Francesco Tempestini, la terribilissima Gaiotti De Biase che vuole combinare libertà di coscienza ed etica della convivenza (mah!), l'attivista gay Benedino che ha censurato simpaticamente il testo sulla famiglia perché la famiglia biparentale classica non c'è più tanto o non è più la sola, l'ex sindaco di Piacenza ed economista Giacomo Vaciago che vuole spirito pratico, documenti sui problemi concreti del paese, e ha sostenuto che la questione di cui discutere non è l'aborto ma le scarse nascite, senza tener conto che forse c'è un qualche collegamento logico fra le due cose. Prima di questa sfilza di interventi il presidente Reichlin si era lamentato dell'attacco di Ostellino sul Corriere (Ostellino aveva scritto con una certa malagrazia, forse benintenzionata, che il documento sui valori sembrava un paper sovietico) e aveva replicato alle tesi del Foglio, con molta grazia, dicendo che andrebbero bene se loro avessero scelto di fare un partito americano, ma non era questa la loro scelta. Il relatore Ceruti aveva precisato di non essere un filosofo cattolico, entrambe le cose sì, ma partitamente, senza il trait d'union.
    Ecco l'oretta e mezza successiva alla dipartita del cronista. Qualche intervento severo o sgarbato (Gawronski, Salamon) dice, con argomenti della fazione liberale, che è roba vecchia, il documento, che sembra di stare in Alleanza democratica 1993, che gli esterni sono inclusi come testimonial, che c'è verbosità e retorica. Il presidente Reichlin si stufa, dice che se non vogliono echeggiare un livello teorico all'altezza, che so, del carteggio Gramsci-Togliatti, se provano fastidio perché gli estensori hanno letto Sturzo e Maritain, allora il documento se lo scrivano loro, i protestatari, e aggiunge che la maggioranza è d'accordo con le tesi e che bisogna dare un segno di coesione all'esterno rivelandolo (c'erano comunque ormai, merito o colpa mia, i giornalisti). Segue discussione accesa sull'ordine dei lavori, Polito non vuole che si tronchi tutto, chiede che resti aperta dopo una seconda bozza più asciutta la possibilità di emendare il testo, e finisce come sempre nelle riunioni di partito di tutti i tempi, specie quelle sui manifesti di valori, con un bel rinvio.
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    Mie impressioni. Buon livello. Film già visto ma di qualità. I problemi del Pd sono tre: il Papa, il mercato, e il machiavellico dilemma del come essere e del come parere, cioè che tipo di potere rappresentativo esprime un partito come quello e che cosa trasmette al paese. Sul Papa e sul ritorno religioso del nostro tempo sarà possibile un compromesso precario fondato sulla cultura cattolico democratica e democristiana, con problemi che restano molto ma molto aperti. Sul mercato si farà un compomesso verbale utile, poi deciderà parecchio il mercato stesso, che qualche influenza su società e politica dopo il crollo della pianificazione se l'è guadagnata. E' il compromesso sul terzo punto che mi sembra più complicato. Fare un partito tradizionale, organico, che ha quello che Franceschini 1 chiama un tessuto di valori condiviso, vorrebbe dire non aver scelto la leadership di Veltroni, il metodo delle primarie aperte al popolo elettore e al cittadino, il loft senza una lira o con poche lire, perché Sposetti non paga il sabato. Fare il partito nuovo, all'americana, corrispondente al nome, insomma il partito post identitario che sostiene Franceschini 2, una confederazione di forze sociali e culturali e civili che si organizzano e votano per eleggere una classe dirigente che fa le politiche pubbliche nelle istituzioni, vorrebbe dire rinunciare a molti convegni e a molte commissioni incaricate di stendere manifesti di valori. Per ora, sebbene si debba rispettare l'esigenza della prudente gradualità in politica, l'impressione è questa: da un lato nasce il Psi-Psdi unificato con la doppia segreteria di Ferri e Tanassi, quarant'anni dopo il 1968, dall'altro si elegge Obama o Obambi come candidato alla leadership del paese in nome della bella politica del cittadino elettore. Le due cose stridono un po'. Detto con perfidia stilistica, ma con amicizia sostanziale verso un tentativo serio di innovazione che tra l'altro ha portato il Cav. sul predellino di un'automobile, cosa buona e giusta.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.