Le farfalle di Sierra Leone/6
La moglie dell'oste non ha gradito, Lorenzo vola nel fango della strada
Che bel gioco. Non avere niente da fare e avere uno che ti segue. Avere uno che non sa che tu sai che lui ti segue. Puoi fermarti a pisciare per la strada, per guardarlo con la coda dell'occhio. Deve fermarsi ad aspettare. Anche se pisciare come gli inglesi è un po' seccante. Non pisciano contro il muro, come tutte le persone normali.
Che bel gioco. Non avere niente da fare e avere uno che ti segue. Avere uno che non sa che tu sai che lui ti segue. Puoi fermarti a pisciare per la strada, per guardarlo con la coda dell'occhio. Deve fermarsi ad aspettare. Anche se pisciare come gli inglesi è un po' seccante. Non pisciano contro il muro, come tutte le persone normali. Pisciano rivolti verso la strada. Non è mica bello stare lì a fare la fontanella con il pistolino al vento. Dicono che lo fanno perché così non ti vedono dalle botteghe. E dalle carrozze, allora non ti vedono? E dalle botteghe di fronte? E dalle finestre? Per pisciare devi bere. Allora entri in un locale a farti la tua pinta. Con comodo, tanto quello ti aspetta. Se c'è una bella cameriera puoi cercare di combinare, almeno darle una strizzata alle tette. Una strizzata alle tette puoi dargliela anche se non è tanto bella. Non impegna. Con uno scellino di mancia te la cavi. A uno scellino alla palpata la ragazza intanto si fa la dote. Scrivere un trattato, bisognerebbe. Dell'influenza delle palpate all'osteria sull'incremento dei matrimoni nelle classi lavoratrici. Intanto lo stronzo è là fuori. In mezzo alla strada come un babbeo. Che fa finta di niente. Assediato dai mendicanti. Non tira fuori un quattrino, il pidocchio. Che nero gigantesco.
Chissà cosa tenta di rifilargli. Mi copre. Ne approfitto per fargli uno scherzo. Cambio posto, mi infilo in un angolo dove lo stronzo non mi può vedere. Eccolo. E' stato costretto ad affacciarsi alla porta. Mi viene voglia di fargli ciao ciao con la manina. Quei coglioni si sono messi in testa che Mary e il Pigliamosche li ho fatti fuori io. O che abbia visto chi è stato. Si sono fregati l'orologio. E sanno che è mio. Deve essere stato quella zecca del padrone a fare la spia. Devo andarmene da quell'albergo. Me ne frego se Swedenborg c'ha avuto la visione. Anche il corvo è un bel matto. E forse ha anche le mani lunghe. Se non è stato lui, chi è stato a fregarmi la borsa? Cazzo, come stavo male. Quanto c'era dentro. Qualche bella moneta d'oro con su il profilo riverito di sua maestà. Come è brutto Giorgio terzo. E' difficile che un sovrano sia bello. Tanto scopano lo stesso. Molto onorato maestà. Dopo che ha dato una ripassata a mia moglie Le spiace di firmare per quella pensione. C'avrei anche una figlia. Se sua maestà volesse onorarmi. Cazzo, piove. Che bello, lo stronzo si bagna. Tanto io mangio, ho la birra che mi balla per lo stomaco. Io magno lui si bagna. Lui si bagna io magno. Intraducibile. Che cazzata. – Ragazza. La ragazza parlotta con l'oste e rimane sulla porta della cucina. L'oste si avvicna al tavolo dove è seduto Lorenzo. – Posso servirla, signore? – Non ho chiamato te, ho chiamato la ragazza – disse Lorenzo indicando la ragazza che seguiva la scena appoggiata con i gomiti al tavolo. – Ho sentito signore, ma la ragazza, che è mia moglie, non può venire. E' occupata. E' anche geloso, questo scimmione. Mi viene voglia di prendere su e andarmene. Ma piove. Io magno lui si bagna. Lui si bagna io magno. Lorenzo ridacchiò da solo per il gioco di parole. L'oste con le mani giunte sulla pancia sotto il grembiale restò impassibile. – Voglio mangiare – disse Lorenzo in un inglese di fantasia. – C'è solo arrosto di porco. – Va bene. – Freddo. – Va benissimo. Mi vuole sbolognare, intuì Lorenzo. Mentre l'oste si allontanava verso la cucina, aggiunse: – Un'altra pinta di birra. – Se il signore crede che sia opportuno. Lorenzo non capì tutta la frase. Comunque assentì. L'uomo in grigio entrò nella locanda. Si tolse una mantellina. Era praticamente asciutto. Si sedette a un tavolo vicino alla porta. Il padrone corse da lui. Lorenzo seguì la scena. Vide che l'uomo in grigio fece cenno all'oste di accostarsi.
L'oste si chinò. L'uomo in grigio gli disse qualcosa. Lorenzo non poteva sentire. Se avesse potuto sentire probabilmente non avrebbe capito. Avrebbe colto al massimo qualche parola. L'avrebbe fraintesa. Ebbe l'impressione che l'uomo in grigio parlasse di lui. Si sentì a disagio. Ebbe la certezza che avevano parlato di lui quando l'oste gli passò accanto e gli fece un largo sorriso. Lorenzo gli rispose con un sorriso imbarazzato. Poi guardò verso l'uomo in grigio. Aveva spostato la sedia, gli voltava le spalle. L'oste scomparve in una porta seguito dalla moglie. Dopo un poco riapparvero. La moglie reggeva un vassoio con un piatto, l'oste spillò la birra e posò il boccale sul vassoio. Reggendo il vassoio con le due mani l'ostessa si avviò verso il tavolo di Lorenzo. Lorenzo cercò di indovinare come fossero le gambe. Il seno era pieno. L'ostessa posò il vassoio sul tavolo. Poi prese lo straccio che portava infilato in vita e cominciò a pulire meticolosamente il tavolo. Lorenzo cercò di agganciare il suo sguardo. L'ostessa strofinava con energia. Girò tutto intorno al tavolo. Senza alzare gli occhi. Quando arrivò accanto a Lorenzo si protese per arrivare all'altro lato del tavolo. Appoggiò il seno al braccio di Lorenzo, che sentì qualcosa risvegliarsi all'inguine. L'ostessa lasciò il seno appoggiato, mentre Lorenzo tendeva il braccio per aumentare la pressione. L'ostessa continuava a strofinare. Senza diminuire la pressione Lorenzo sollevò il braccio dal tavolo e cercò con la mano la coscia dell'ostessa. L'ostessa strofinava. Il formicolio all'inguine si era trasformato in erezione. Mentre con la mano cercava la coscia, Lorenzo con gli occhi cercava gli occhi dell'ostessa. L'ostessa continuava a strofinare nello stesso punto, con lo sguardo fisso al tavolo, senza diminuire la pressione del seno sul braccio di Lorenzo.
La mano afferrò la coscia. L'ostessa strillò. Strillò, rovesciò con una manata il boccale di birra addosso a Lorenzo e scappò via, urlando qualcosa al marito. Birra o sorpresa, l'erezione svanì. Accorse il marito, seguito da due garzoni. Un garzone impugnava l'attizzatoio, l'altro un grosso coltello da cucina. Lorenzo cercò con gli occhi il suo bastone che aveva appoggiato al tavolo. Era caduto per terra. Lo raccolse, si rizzò e si mise in guardia, barcollando leggermente. Impugnava il bastone come fosse una spada. Fu affrontato dal garzone con l'attizzatoio. Niente a che vedere con l'eleganza di Lorenzo che fece un passo indietro per incrociare le lame. Il garzone non sapeva niente della scherma. Invece di rispondere come si doveva, tirò un fendente a due mani sul bastone di Lorenzo. Il polso di Lorenzo era saldo. Non cedette. Il bastone si spezzò. Mentre Lorenzo puntava il suo mozzicone di legno contro il garzone con l'attizzatoio, l'altro garzone saltò sul tavolo e con la punta del coltello gli fece saltare ridendo la parrucca. Lorenzo sollevò un braccio per impedire che cadesse. Tutti e tre gli furono addosso. Lorenzo era robusto, ma anche i suoi avversari. Nonostante facesse resistenza, i due garzoni non ci misero molto tempo a rovesciarlo sul tavolo. L'oste gli sputava addosso insulti che Lorenzo non conosceva. Poi si allontanò. Ritornò con una bottiglia. I garzoni gli torcevano le braccia ridendo, il bordo del tavolo gli trinciava la schiena.
Lorenzo non era nelle condizioni di chiedersi quali fossero le intenzioni dell'oste. Con un colpo secco l'oste spezzò sul bordo del tavolo la bottiglia di vetro grosso e nero. Il vino sprizzò. Con soddisfazione i garzoni lo videro innaffiare la ridicola giacca di seta azzurra operata dello straniero. Alcune gocce arrivarono anche sul jabot di pizzo. Brandendolo per il collo, l'oste gli accostò alla guancia sinistra il coccio di bottiglia. Con un colpetto esperto fece saltare la mouche che Lorenzo si era sistemato con cura sotto l'occhio sinistro. Lorenzo temendo il peggio chiuse gli occhi. Non sentì che un graffio leggero. Quando li riaperse aveva perduto le forze. Mentre il padrone rideva sguaiatamente i due garzoni lo sollevarono e lo trascinarono fino all'uscita. Pioveva ancora. Finì nel fango. Un calcio nello stomaco lo fece rotolare. La giacca azzurra, le culotte bianche cambiarono colore. I garzoni guardarono con soddisfazione la loro opera. Rientrarono. Uno tornò fuori e gli gettò addosso i due tronconi del bastone e la parrucca. Lorenzo aspettò che se ne fosse andato per rialzarsi. Pensò che non aveva pagato. L'oste non se ne preoccupava. A pagare il conto ci stava pensando l'uomo in grigio. Lorenzo raccolse da terra il pezzo del bastone con il pomo d'oro. Fermò una carrozza. Il vetturino non voleva lasciarlo montare. L'offerta di una sterlina lo convinse. Mentre la carrozza si allontanava alcuni ragazzini lottavano nel fango per impadronirsi della parrucca. L'uomo in grigio rimase seduto a finire la sua birra. Era certo di ritrovare il marchese di Biandronno alla locanda. (6. continua)
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