Processioni

Toni Capuozzo

Stasera, all'aeroporto de L'Aquila, c'è Renzo Arbore, l'altra sera a San Demetrio nei Vestini è venuto Enzo Iacchetti. L'agosto del terremoto ha i suoi appuntamenti come un qualsiasi agosto italiano, e in più reso più prezioso dalla solidarietà, dalla gratuità che fa di questi incontri qualcosa di speciale, irripetibile altrove.

    Stasera, all'aeroporto de L'Aquila, c'è Renzo Arbore, l'altra sera a San Demetrio nei Vestini è venuto Enzo Iacchetti. L'agosto del terremoto ha i suoi appuntamenti come un qualsiasi agosto italiano, e in più reso più prezioso dalla solidarietà, dalla gratuità che fa di questi incontri qualcosa di speciale, irripetibile altrove. Enzo Iacchetti, con il suo gruppo tutto familiare – il fratello, la cognata, il nipote e il figlio – non era lo stesso signor Enzino di Striscia, e Renzo Arbore, che nell'Abruzzo della guerra era sfollato da Foggia, non sarà lo stesso Arbore del Teatro di Ostia antica. Nulla è uguale qui, nulla è normale. A settembre o dopo qualche ufficio ci comunicherà le statistiche dei turisti stranieri in Italia, così come le cronache ci raccontano le disavventure degli avventori giapponesi in certi ristoranti. Qui sono diversi sia gli stranieri che i turisti. Metti proprio San Demetrio nei Vestini, accanto al laghetto che rappresentava la spiaggia estiva degli aquilani e che ora, segnato dalle fratture delle rive, è inaccessibile. A san Demetrio molti degli attendati hanno lasciato il campo, andandosi a sistemare accanto a casa o rientrandovi, quando era possibile, e adesso gli italiani, un'ottantina, sono in minoranza rispetto ai macedoni. Ce n'erano molti prima – ben integrati, e nelle cronache del 6 aprile resta scolpita la storia del macedone che per salvare un'altra bambina perse la propria sotto le macerie – e adesso sono addirittura aumentati – centoventi, più degli italiani – , attratti dalle opportunità di lavoro nell'edilizia della ricostruzione, e vorrei ben vedere chi ha il coraggio di allontanarli dalle tende dove hanno trovato la sistemazione che in altre parti d'Italia è costosa sempre e spesso difficile. L'integrazione è messa più a dura prova in ambienti urbani, come nel capoluogo, dove ci sono tendopoli in cui anziani o impiegati vivono tenda a tenda con il tossico o la prostituta compatriota, ma anche con colonie rumene, ucraine, albanesi.

    Si è molto parlato della tenda “termica” di Paganica, dove possono trovare temporaneo sollievo gli anziani ( molte tende hanno i condizionatori, ma non sempre i campi reggono il funzionamento in contemporanea di tutti i condizionatori accesi) ma si è parlato molto meno della tenda/cella del Campo di Piazza d'Ami, a L'Aquila. Cos'è ? E' la risposta, imbarazzata ma inevitabile al problema posto dal fatto che c'erano alcuni aquilani agli arresti domiciliari, prima del 6 aprile. E che fare di loro e della legge, dopo? E' stata eretta una tenda dove si scontano, per modo di dire, gli arresti domiciliari. E poi ci sono gli stranieri per modo di dire, i figli degli emigrati d'Abruzzo. Sant'Eusanio in Forconese ha più compaesani a Brooklin di quanti siano gli abitanti del comune. Nella tendopoli ai piedi del paese ho incontrato una coppia. Lui belga senza equivoci, lei abruzzese con forte accento francese. Erano venuti a vedere la casa dei genitori. Il padre, che ha fatto il minatore – lei si ricordava, certo, di Marcinelle – non se l'era sentita di scendere al paese ferito. E lei stessa diceva che più della casa dei suoi giochi di vacanze bambine le interessava la sorte del paese tutto. La stessa cosa mi hanno ripetuto abruzzesi dell'Ontario e una coppia di Palm Beach, a Casentino, tutta una storia di fatica e di successo, di feste della Madonna delle Nevi nel Bronx e di cene per raccogliere fondi per l'Abruzzo dei padri. Non sono normali i turisti che il fine settimana tornano a Santo Stefano di Sessanio, ospiti delle camere piuttosto care di un albergo diffuso ma anche di trattorie dove mangi e bevi per dieci euro.

    Qui il terremoto non ha fatto vittime, ma aperto ferite nei muri a sasso, e coinvolto nell'emergenza borghi risparmiati dal progresso, scenari di film storici, o base logistica per le pubblicità delle automobili, sulle strade verso Campo Imperatore, che sembrano un angolo di Tibet o di Islanda, per come ce li immaginiamo noi. Lì l'altro ieri si è tenuta la fiera ovina che sembrava rubata ai tempi della transumanza (adesso la si fa in camion, i pastori sono quasi tutti macedoni, e il piccolo gioiellino che ornava il collo, come per un pegno, delle donne dei pastori transumanti è stato donato alle first ladies del G8) e che forse ha voluto essere anche un segno di fedeltà al passato. Come le sagre, quella del pane o quella della bistecca. Come le processioni che salgono verso le chiese campestri. Come quel cartello affisso sulla farmacia nella capanna di legno ai margini della mia tendopoli, e che annuncia la chiusura per ferie, l'ultima settimana d'agosto. Ho chiesto al farmacista dove intendesse andare. “Non lo so”, mi ha risposto. Ma chiedere anche solo una settimana già sembrava un augurio di normalità, un modo per continuare a essere gli stessi di prima, almeno d'estate.