Le farfalle di Sierra Leone/8

Lorenzo vince e va dalla cavaliera d'Eon, che un tempo era un uomo

Sandro Fusina

Il pubblico urlò come un pieno d'orchestra in cui si amalgamavano i timbri contrastanti delle diverse emozioni. Lorenzo si voltò verso la pedana. La scena era congelata, immobile. Il maestro di scherma, come un allievo poco dotato, teneva la spada penzoloni. Con il cannocchiale nel pomo del bastone Lorenzo vide che la lama era spezzata in punta.

    Il pubblico urlò come un pieno d'orchestra in cui si amalgamavano i timbri contrastanti delle diverse emozioni. Lorenzo si voltò verso la pedana. La scena era congelata, immobile. Il maestro di scherma, come un allievo poco dotato, teneva la spada penzoloni. Con il cannocchiale nel pomo del bastone Lorenzo vide che la lama era spezzata in punta. La cavaliera d'Eon premeva con la mano destra, che impugnava ancora la spada, sulla spalla sinistra. Poi la scena tornò a muoversi. Il direttore di gara e il maestro di scherma si avvicinarono alla cavaliera. La cavaliera accennò a roteare il braccio sinistro. Fece una smorfia di dolore. Con la testa disse di no. Il direttore venne sull'orlo della pedana a comunicò che la cavaliera d'Eon non era in grado di continuare. Nella sala si sollevò un vespaio. Tutti discutevano con tutti. Ciascuno sosteneva la vittoria del campione su cui aveva scommesso. Con la sua flemma Alvise Dolfin era tra i più determinati.

    Lorenzo e la signora alla sua destra guardavano fisso verso la pedana. La cavaliera si ritirò seguita dal maestro che allargava le braccia e si profondeva in scuse. Il direttore chiese silenzio e pronunciò il verdetto. Per abbandono dell'avversario vinceva il maestro di scherma. La metà della sala composta dai giocatori più pavidi, che avevano giocato sul sicuro, espresse il suo disappunto. La vicina di Lorenzo non si scompose. Cercò nella borsetta, tirò fuori due sterline e le porse a Lorenzo. Lorenzo non voleva accettarle. – E' stata una disgrazia. – Le prenda. Non accetto favori – disse la signora con una determinazione che l'esame fisiognomico di Lorenzo non aveva rilevato. Lorenzo prese le sterline, sfiorando con le dita la mano che gliele porgeva. Con un sorriso aperto, in cui non traspariva il disappunto per avere perso, la signora disse «Arrivederci » e senza attendere l'arrivederci di Lorenzo si avviò all'uscita. – Abbiamo vinto, ma forse c'abbiamo rimesso la cena – disse Alvise mentre aspettavano sulla porta che Jacques passasse a prenderli. Invece arrivò un servo nero in una livrea rossa. Si rivolse ad Alvise. – La mia padrona mi ha incaricato di avvertire il signor conte che la serata procederà come previsto. – E' bello essere all'estero, si diventa tutti conti e marchesi. Io almeno non sono marchese per pochi minuti. Ma tu, lo zio Giulio avrà dieci anni più di te. E cinque figli maschi. Tu conte non lo diventi più. – Lo sono già, mona, sono un conte spagnolo, conte di San Benito, che non so neanche dove sia, c'ho la patente, per servigi resi al re di Spagna. – Che servizi? – E' tutta una storia, non c'ho voglia di raccontartela. Ecco Jacques. – A casa di chi andiamo?– chiese Lorenzo. – Dalla cavaliera d'Eon, no? Lorenzo scoppiò a ridere. – Va bene che come dici tu la mona è mona. Ma non chiaverai mica anche quello spadaccino, spero. – Tu Lorenzo ti prendi troppe confidenze, dovresti darmi del voi, come fanno i nipoti bene educati, e poi a casa della cavaliera si beve il miglior Borgogna di Londra, neanche il principe di Galles ne beve di uguale, senza contare che se vuoi sapere quello che succede di strano a Londra devi chiederlo a lei. – Chi è questa cavaliera? – Non l'hai mai sentita? ne hanno parlato in tutta Europa, tu eri troppo piccolo, è uno che all'improvviso è diventato donna. – Diventato donna all'improvviso. Con la bacchetta magica? – Pressappoco, lo scettro è più di una bacchetta magica, il re di Francia ha deciso che doveva diventare donna e lui, e lei, per non perdere la pensione, è diventata donna, la regina ha chiamato la sua guardarobiera, che allora era famosa, come mostro soprattutto, la Bertin, e gli ha fatto fare il guardaroba, il cavaliere è diventato cavaliera. – Così, per capriccio del re? – Sotto c'era una storia complicata di carte segrete, di una cabala, di una gabola messa in piedi dal quel mona di suo nonno, Luigi quindici, adesso sembra che la cavaliera non se la passi molto bene a finanze, ha venduto all'asta quasi tutta la sua biblioteca, ho comperato qualche libro anch'io. – Per farne che cosa? Non hai mai letto un libro in vita tua. – Vedi che dici monate? non ho mai letto uno di quei libri che piacciono a te e a tuo padre, che gli piacevano, poveretto, quei libri che parlano di cose inventate, ho comperato libri molto rari, interessanti, di caccia, di pesca, anche qualche libro di memorie, quelli mi piacciono e li leggo volentieri, ah, sta attento, la cavaliera c'ha i disegni originali delle fortificazioni del Vauban, scommetto che non sai neanche chi è, un francese di cent'anni fa che costruiva fortificazioni, è convinta che hanno un gran valore e vuole venderli, non farteli rifilare, mona come sei, tu hai ereditato troppi soldi, ma mona come sei finisce che ti durano poco. Erano in sei. A capotavola c'era la cavaliera d'Eon con il braccio sinistro legato al collo. Davanti a lei un anziano colonnello di cui Lorenzo non capì il nome irlandese. Alvise era seduto alla sinistra della cavaliera, accanto a lui c'era una signora inglese con una toilette molto elaborata e una acconciatura monumentale, Lorenzo sedeva a destra della cavaliera. Alla sua sinistra aveva una principessa tedesca, con il volto coperto di cerone e il collo grinzoso di una tartaruga. Lorenzo si divertì a fare il conto dell'età delle coppie. Dunque, la cavaliera e il generale facevano insieme un centotrenta anni. Lo zio mona e la sua vicina totalizzavano centodieci anni, cinquantacinque a testa. Lui e la sua vicina milleventi. Mille la sua vicina e venti lui. Era la sua giornata fortunata, aveva vinto ancora.

    Il colonnello era taciturno, Alvise depresso, Lorenzo costernato. Le signore reggevano la conversazione. La cavaliera non sembrava preoccupata per la sconfitta. Per un po' regnò la confusione delle lingue. Sfortunatamente la provvidenza aveva fornito una lingua universale. Dopo un po' passarono tutti al francese. Lorenzo non poté più fare finta di non capire. Dovette dare retta alla principessa che faceva la bambina capricciosa. Del resto non è che al tavolo ci fosse qualcuno che l'attraesse. La signora inglese parlava male il francese con una voce insopportabilmente acuta. Ogni volta che la cavaliera d'Eon apriva bocca Lorenzo aveva la sensazione di ascoltare una campana fessa. Se si voltava verso di lei non poteva impedire che lo sguardo gli cadesse sulle tozze braccia maschili che spuntavano dai merletti della manica corta. Il volto era ancora più imbarazzante, con quel prolasso della pappagorgia e quel naso che pisciava in bocca che sarebbero stati ridicoli anche in un uomo. Chissà come faceva un coso così a tirare di scherma in quel modo. La semisfera di luce creata dai doppieri sul tavolo imprigionava lui e lo zio Alvise insieme a quei mostri. Lo zio Alvise sembrava perfettamente a suo agio. – E' il vino della mia proprietà di Tonnerre in Borgogna – spiegò la cavaliera, mentre il servo nero in livrea rossa riempiva i bicchieri. Il cristallo sfaccettato mandava riflessi aranciati.

    Lorenzo capì che era un vino vecchio. Portò il bicchiere al naso, con gioia. Inutilmente. La principessa millenaria doveva avere fatto il bagno nell'essenza di violetta, la signora inglese si era impanata nella cipria. Anche il vecchio generale non aveva lesinato sul profumo. «Prosit» disse la principessa. Lorenzo si voltò e la vide vuotare il bicchiere d'un sorso. Dal labbro molle fluì un rivolo di bava vinosa sul mento. Lorenzo si ricordò di una discussione alcolica fra lo zio Alvise e il padre. Era meglio un buon vino in cattiva compagnia o un vino mediocre in buona compagnia? All'idea di buona compagnia si associò l'immagine della signora che gli aveva vinto due sterline un'ora prima. – Mi faceva la corte – batté la campana fessa – si era dichiarato. Per imbrogliarmi meglio. Lorenzo seguì il discorso. La cavaliera stava parlando di un terribile parvenu, un finto nobile, volgare e mellifluo. Faceva dei giochi di parole sul suo nome. Caron come Caronte, il traghettatore. Caron de Beaumarchais. – Come l'autore delle Nozze di Figaro? – chiese per cortesia Lorenzo. Gli era appena arrivata da Vienna la lettera di un amico che raccontava meraviglie del successo di un'opera con lo stesso titolo al Burgtheater. – Proprio lui. Un intrigante. Di mestiere fa il cacciatore di pamphlet.  (8. continua)