Metamorfosi di un giornale autorevole senza eccessi di zelo

Ma quanto è ganzo l'Osservatore Romano coi blue jeans sotto lo tonaca

Stefano Di Michele

A voler far bella figura, al mare e ai monti, e non solo in sacrestia, sarebbe bene presentarsi con l'Osservatore Romano sotto il braccio. Con il dovuto rispetto, l'organo della Santa Sede, da qualche tempo, ha un che di ganzo, di sottilmente pop. Belle foto, bella carta, bei titoli: oltre che da tutto il resto, pure giornalisticamente ben ispirato. Merito, si capisce, innanzi tutto del direttore Giovanni Maria Vian, incursionista nel secolo non meno che nello spirito.

    A voler far bella figura, al mare e ai monti, e non solo in sacrestia, sarebbe bene presentarsi con l'Osservatore Romano sotto il braccio. Con il dovuto rispetto, l'organo della Santa Sede, da qualche tempo, ha un che di ganzo, di sottilmente pop. Belle foto, bella carta, bei titoli: oltre che da tutto il resto, pure giornalisticamente ben ispirato. Merito, si capisce, innanzi tutto del direttore Giovanni Maria Vian, incursionista nel secolo non meno che nello spirito. Se Dio vuole (e si capisce che lo vuole), non traffica in gossip né in rivelazioni (quelle con la minuscola), ma per esempio affida a Topolino, nelle insoliti vesti di sorcio guelfo, la soluzione di una disputa quale quella sul famoso disco di Festo. Senza contare la già mitologica pagina dedicata ai blue jeans: “Storia di un pantalone” (peraltro su un quotidiano destinato principalmente a gente in tonaca), con foto scanzonata di James Dean e titolo da rivista beat – ci fossero ancora le riviste beat – “Da Garibaldi a Gianni Agnelli passando per i 50 anni dei teddy boys”.

    E' il giornale che ha avviato la più sorprendente metamorfosi, quello di Vian. E magari, chissà, sarebbe piaciuto anche al vecchio cardinale Silvio Oddi che anni fa, chiacchierando con il cronista dell'Unità, raccontava della sua passione per il giornalismo: “Ma voi, lì, come siete organizzati? Anche noi qui abbiamo un piccolo quotidiano, autorevole, per carità, è la voce del Santo Padre… Ma sa,  è in mano ai preti, lei capisce…”. Ci trovi l'indispensabile (e ci mancherebbe), e si va dall'imprescindibile rubrica “Provviste di Chiese”, con tutte le possibili annotazioni di vescovi promossi, vescovi rimossi, vescovi in pensione, a certi scritti sul card. Colombo “curati in proprio pro manuscripto dalla parrocchia Santa Margherita in Caronno Pertusella (Varese)” fino ad appropriati approfondimenti genere: “Per volare fino al terzo cielo servono sei ali”. Ma qui siamo, oltre che al necessario, all'ovvio: sennò certe informazioni i monsignori dove le vanno a pescare, su Famiglia Cristiana? Però tutto il resto non poco consola e molto appassiona. Come la pagina sul robot “che non si ribella” o il saggio su quando “Thomas Harriot bruciò Galileo sul traguardo” – e non per dire, ma a momenti Galileo bruciava e basta. Siccome la fede sostiene e il buongusto appaga, le otto pagine dell'Osservatore hanno foto eleganti (c'è un don Sturzo in spiaggia mai visto prima) e grafica da far rosicare i più incalliti laicisti. Si capisce: il secolo muta, e i giornali s'aggiornano.

    All'ottimo Vian è toccato pure di subire l'assalto degli scalmanati neoconservatori americani: chi a momenti l'accusava di essere abortista, chi di coccolare troppo Obama, chi chiedeva la sua testa direttoriale. Arrivano tardi. Le belle polemiche intorno all'Osservatore le facevano, una volta, fior di cardinali di curia che, avendo a mente l'annotazione di Gregorio XVI sulla stampa “pessima e mai sufficientemente esecrata e detestata”, sapevano pur volgerla in divertita ironia. E' successo molto, in passato, in un giornale pur abilmente diretto e meglio stimolato. Una volta, addirittura di scrivere la parola diavolo con la maiuscola. E immaginarsi il cardinal Siri, che fece un pandemonio, se la parola non è inopportuna, quando abolirono la cappamagna, il lungo strascico dei cardinali, di fronte all'esaltazione del jeans. Nei suoi divertentissimi diari vaticani, Benny Lai ricorda il mitico Cesidio Lolli, incaricato di compilare per l'Osservatore i discorsi del Papa, in un tripudio di “elevatissimi moniti” e “mirabili insegnamenti”. Quando Pio XII lo chiamava al telefono, appena riconosceva la voce proseguiva la conversazione in ginocchio. Coniò la formula che precedeva la pubblicazione di un discorso papale: “Riportiamo la venerata parola di Sua Santità come l'abbiamo potuta raccogliere dalle sue auguste labbra”. Fu Pio XII a invocare: “Tolga le auguste labbra…”. Perché il Papa lo sapeva già e Vian ora lo pratica: niente eccesso di zelo…