La scuola dei sogni
Ho nostalgia del liceo gentiliano e non solo perché non l'ho fatto (sono un ragazzo di strada e ho frequentato le scuole basse). Ho nostalgia della koinè, del codice comune che (mi hanno raccontato, ho percepito) legava le persone negli uffici, nelle università, in parlamento, nelle redazioni, sul lavoro e fuori dal lavoro, una trama di nomi di autori e di citazioni di classici, una retinatura umanistica che impediva a interi ceti di sbriciolarsi. Una splendida lingua morta.
Ho nostalgia del liceo gentiliano e non solo perché non l'ho fatto (sono un ragazzo di strada e ho frequentato le scuole basse). Ho nostalgia della koinè, del codice comune che (mi hanno raccontato, ho percepito) legava le persone negli uffici, nelle università, in parlamento, nelle redazioni, sul lavoro e fuori dal lavoro, una trama di nomi di autori e di citazioni di classici, una retinatura umanistica che impediva a interi ceti di sbriciolarsi. Una splendida lingua morta. Che riposi in pace, davvero, e si goda la quiete a noi non concessa. Perché qui sarà uno stillicidio, un assedio, una tortura cinese fino a quando atei, pagani e finiani non l'avranno vinta: la vera religione fuori dalla scuola e la falsa Costituzione dentro. La religione cattolica è vera perché istituita da Dio vero, Gesù Cristo, duemila anni fa alle sorgenti del Giordano, la Costituzione è falsa perché scritta nel 1947 da professionisti della doppia verità (Togliatti in primis) che volevano asservire l'Italia all'Unione sovietica. Andavano impiccati per intelligenza col nemico e gli hanno intestato le vie delle città. Comunque, quando all'oro si preferisce il princisbecco che si può dire, tenetevelo. Chi ha talenti da impiegare non può spenderli nella battaglia di retroguardia che si combatte in una sempre più indifendibile Valtellina concordataria. Fra l'altro è Vangelo: “A chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello”. Ne avrà bisogno, quel soggetto pessimo e litigioso, perché la costituzione è un'antologia di freddure a cominciare da un articolo 1 che è puro avanspettacolo: “L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”. E io dovrei mandare i miei figli in una scuola dove invece di insegnare a leggere, scrivere e far di conto si raccontano barzellette che non fanno ridere? Proprio nella nazione più castale d'occidente? Dove chi vive di solo lavoro è ridotto alla fame, specie se abita al nord ma anche a Roma o a Firenze? Qui o godi di rendite avite, un paio di appartamenti, qualche titolo di stato, la pensione di mammà, o le bollette del riscaldamento devi pagarle a rate. Poliziotti e maestri prendono stipendi umilianti, se no come si potrebbero garantire lauti vitalizi ai pensionati quarantenni della regione Sicilia che votano Lombardo?
Non tutti i vecchi sono ricchi, in Italia, ma tutti i giovani sono più poveri di loro, qualora non assistiti dai genitori. Lasciamo agli atei e ai pagani e ai finiani il mantello usurpato e confezioniamo una veste nuova, decorata con le perle che non daremo più ai porci. Sarà bellissima. Chiamiamola scuola privata? Non so, forse non è l'aggettivo giusto: se c'è una scuola che merita di definirsi privata è l'attuale scuola cosiddetta pubblica, dove si spacciano ideologie nemiche del bene comune. Una scuola privata del ben dell'intelletto, della storia e della geografia, dei grembiuli e delle divise, dell'alzarsi in piedi quando entra il professore, dell'ora di religione col prete in tonaca, della preghiera, del latino e dei classici, espulsi non per dimenticanza o per accidia, che pure, ma perché i grandi autori sono impegnativi, sono divisivi, sono vivi. Sarà mica viva Alda Merini, la Giovanni Allevi della poesia italiana?
Se c'è un poeta vivo si chiama Dante Alighieri. Anna (devo chiedere ad Anna perché io sul liceo inteso come materia sono appunto insufficiente) dice che la “scuola di stato cade a pezzi, allo scientifico di Cittanova la professoressa di italiano mi chiese di aiutarla a correggere i temi perché lei non era capace”. Me lo racconta sdraiata sul lettino del Calajunco Beach sul lungomare di Reggio Calabria, dove “beach” sembra l'esito della scuola di stato delatinizzata e deitalianizzata che conosciamo. Magari il titolare, che sul sito internet si firma cognome e nome, è andato allo stesso liceo della piana di Gioia Tauro dove Anna ha aiutato la sua professoressa ciuccia. Se fosse siciliano (poi dicono che uno ce l'ha con la Sicilia) sarebbe stato un perfetto ex allievo della signora Anzaldi, docente di Palermo che al Corriere, sui test scolastici scopiazzati con la complicità degli insegnanti, dichiara: “Giustifico i colleghi che hanno agito così di fronte a situazioni di disagio”. Scuola senza vergogna, scuola senza onore. Scuola immonda che non dà credito alla religione ma alla falsa testimonianza. Scuola delatinizzata, deitalianizzata e infine decristianizzata, tutto consequenziale. Come cristiano sono contrario all'accanimento terapeutico. Francesco ha lodato il Signore per sorella morte corporale dalla quale niente e nessuno può scappare, figuriamoci la scuola. Stacchiamo il respiratore dalla vecchia carcassa: i giuda valdesi, i magistrati a carico, i parassiti della Cgil per campare dovranno cercarsi un'altra agonia. C'era una volta il minimo comune denominatore e adesso non c'è più, ce ne faremo una ragione, l'Italia si dividerà tra chi vuole che ai propri figli sia insegnata la Costituzione e chi il Decalogo. Fantastico: a noi Dante e l'Ecclesiaste, a loro Calvino e Rodari.
Il Foglio sportivo - in corpore sano