A ronda libera
Chi sia, in verità, il cosiddetto “rondista” – persona che esce in strada a “vigilare per la sicurezza” e che d'ora in poi dovrà essere in regola con il “codice ronde” firmato dal ministro Roberto Maroni – non lo si capisce certo dalle reazioni che suscita, all'ingrosso, la parola rondista. Metti che uno, una sera a cena, dica appunto “rondista”. Immediatamente tra i commensali si leverà un coro di “che schifo”, “che orrore”, “che barbarie”.
Chi sia, in verità, il cosiddetto “rondista” – persona che esce in strada a “vigilare per la sicurezza” e che d'ora in poi dovrà essere in regola con il “codice ronde” firmato dal ministro Roberto Maroni – non lo si capisce certo dalle reazioni che suscita, all'ingrosso, la parola rondista. Metti che uno, una sera a cena, dica appunto “rondista”. Immediatamente tra i commensali si leverà un coro di “che schifo”, “che orrore”, “che barbarie”. Uno dei commensali sicuramente dirà: “Altro che rondista, squadrista”. Un altro ricorderà i fatti recenti di Massa – scontro di ronde di diverso colore – e dirà “la ronda è un coacervo di infiltrati reazionari”. Un terzo farà notare che “c'è quell'uomo, quel Gaetano Saya, che voleva fare le ronde nere e chissà quanti ce ne sono come lui”. Saya, neomissino di suo, pur dicendosi fautore di un rondismo “apolitico”, aveva molto esagerato con lo sfoggio di divise con aquila imperiale, e dunque il commensale, vedendo in ogni rondista un potenziale nerissimo Saya, dirà “ecco, appunto: tutti si fingeranno apolitici e invece saranno sovversivi”. Peggio va se uno ribatte: “Ma non saranno tutti sovversivi i signori in giubba gialla di Verona, quelli che, a spasso per il parco con ricetrasmittente, intervistati da La7, dicevano all'intervistatrice ‘appena il ladro ci vede scappa' e l'intervistatrice quasi si metteva a ridere”. Perché allora il commensale dirà “balle, il sovversivo e il naziskin possono essere ovunque”, e insomma non se ne uscirà per tutta la serata.
Tale e tanta è l'avversione che la sola parola “ronda” suscita all'istante (e non solo in campo sinceramente democratico, ma anche nella destra che un tempo alla ronda inneggiava), che il pur democraticissimo professor Alfonso Berardinelli – stufo di assistere a conciliaboli di amici o studenti orrendamente atterriti all'idea delle “ronde legalizzate” ma poco interessati al contenuto della ronda ovvero al cittadino che si fa rondista – un bel giorno ha scritto a questo giornale il suo “sogno di mezza estate”: sogno una sinistra rondista che pattugli il sud e le coste. Una sinistra che plauda a “un'inventiva pratica che alla politica italiana è sempre mancata”. In piena estasi onirica, Berardinelli immaginava una sinistra diversa da quella che sente ancora “il bisogno di essere ambigua, di ghignare, di sospettare, di pensare: ronde uguale destra, ronde uguale pericolo fascista. E' uno dei tanti riflessi pavloviani di una cultura e mentalità di sinistra che da anni sta distruggendo le proprie potenzialità politiche per conservatorismo, paura, sentimentalismi, anchilosi intellettuale”.
Fuor di anchilosi, c'è il signor Danilo, veneto di Chiarano. Il signor Danilo la mattina sale sul camion della Protezione civile e monitora. E' il suo lavoro: ore sul camion su e giù, lungo campi, corsi d'acqua e centri abitati – monitorare, monitorare, monitorare. Già che c'è, il signor Danilo, alla sera, esce con altri colleghi della Protezione civile in borghese e continua (volontariamente) a monitorare: “Tirar fuori uno dall'acqua o cercare di fermare uno che ruba per me è la stessa cosa”, dice, e si dichiara “sicuro” che dal 2006 i volontari di provenienza “Protezione civile” hanno “fermato sul nascere molti furti, dopo che c'erano state rapine a mano armata nelle abitazioni di campagna attorno a casa mia, e persino l'omicidio di due vecchietti”. Se vede “qualcosa di strano”, il signor Danilo chiama i carabinieri. Nessun volontario interviene direttamente. Non c'è bisogno “di far sacrifici”, dice: “Se un mio amico è in pasticceria e io a cena fuori, ci si mette d'accordo e ognuno fa la guardia in quella zona. In genere usciamo in due, ci appostiamo in una via in macchina, al buio, per vedere chi passa. A Natale, Pasqua e Ferragosto intensifichiamo”. Il signor Danilo dice che in un primo periodo “si usciva direttamente con il mezzo e la divisa ufficiale”, ma poi Guido Bertolaso, capo della Protezione civile, “ci ha dato uno stop”. Dare uno stop vuol dire: niente divise o mezzi della Protezione civile durante la volontaria attività di monitoraggio notturno. Da quel momento, dice il signor Danilo, “abbiamo fatto con mezzi nostri, rischiando più volte di essere presi per ladri dalla gente: in campagna abbiamo delle jeep un po' malridotte e magari qualcuno, a vederci di notte fermi sotto casa sua, all'inizio si spaventava”. Ora tutti gli abitanti di Chiarano “conoscono i volontari” della Protezione civile in borghese e chiamano loro anziché i carabinieri, “anche per non disturbarli se c'è un falso allarme”. “Se qualcuno vuole aiutarci, lo accettiamo”, dice il signor Danilo, “ma senza linea politica precostituita, perché se la politica si mette di mezzo non se ne fa niente”.
Da Chiarano viene anche il senatore leghista Giampaolo Vallardi, demiurgo di ronde che anni fa diceva “sfilatevi la pantofola e indossate la casacca” e che oggi definisce “isterici” i detrattori delle ronde legalizzate: “E' gente che sa benissimo che tutte queste persone attive per la sicurezza in strada esistevano già, e facevano parte del volontariato a trecentosessanta gradi. Non si capisce perché ci dobbiamo inventare qualcosa di nuovo. Se la Protezione civile di giorno controlla la riva di un fiume, perché i suoi volontari non possono controllare anche le vie buie di sera? A parte qualche deficiente esaltato di estrema destra o estrema sinistra, quelli che abbiamo visto a Massa, io vedo in giro soltanto cittadini responsabilizzati che vogliono dare una mano”.
La signora Sara, mamma di un bambino di sette anni, vive all'Esquilino, quartiere multietnico di Roma. Vota centrosinistra come sua madre, suo padre, sua nonna e suo nonno, ma si è fatta “sentinella occasionale” per Roma Caput Mundi, associazione di volontari considerata di destra per via della provenienza politica del suo ideatore, Augusto Caratelli, consigliere circoscrizionale al primo municipio, prima storaciano ora Udc. Alla prima occhiata, sul sito dell'Associazione si nota in effetti qualche lode alla vita “legionaria” e qualche strano attacco alla birra che attenta “alla dignità dell'uomo”. Caratelli, interpellato, spiega che l'associazione “è apolitica, fatta di gente del quartiere, donne, ragazzi o addirittura anziani che prima erano depressi e ora sono risorti: ci vengono a chiedere cosa devono fare quel pomeriggio, se c'è la piazza o il bar da tenere sotto controllo. Abbiamo duecentocinquanta iscritti e più di mille simpatizzanti”. Per ottemperare alla legge Maroni, Caratelli non comparirà “nella nuova associazione costituita per essere in linea con le direttive del ministro dell'Interno” (secondo il decreto, infatti, i volontari non dovranno essere riconducibili a partiti politici, né espressione di questi). Quello che non va giù a Caratelli sono “le pettorine” che si dovranno indossare per legge: “Un conto è se un responsabile risulta riconoscibile”, dice Caratelli, “ma la sentinella occasionale, per ragioni di sicurezza, dev'essere invisibile”. Caratelli ha dunque presentato il suo cahier de doléances al sindaco Gianni Alemanno (che, pur di destra, si dice contrario alle ronde. Due giorni fa il sindaco ha deciso che le ronde romane dovranno essere “pattuglie legate ai comitati di quartiere, solo diurne” e non soggetti nati “ad hoc” e all'ultimo momento”).
Le foto di repertorio ritraggono intanto un Caratelli circondato da arzille signore settanta-ottantenni intente a marciare sul mercato di Piazza Vittorio (“sono quelle avvelenate con la malavita cinese e con i borseggiatori”, spiega un ragazzo che abita nella zona). La signora Sara dice: “Non ne potevo più del degrado sotto i portici, delle risse tra ubriachi a qualsiasi ora, e non mi importa se l'associazione è di destra o di sinistra”. Ogni mattina la signora Sara accompagna suo figlio a scuola. Se lungo il percorso vede “qualche bivacco di gente ancora lì a bere dalla notte prima o qualche scarico di merci sospetto”, avverte via sms, fax o telefono “la sala operativa”. La sala operativa consiste in “una decina di responsabili dell'associazione che a turno ricevono le segnalazioni e avvertono le forze dell'ordine”, dice Caratelli, assolutamente certo “che a forza di segnalazioni abbiamo aiutato le forze dell'ordine a sgominare diciotto bische clandestine cinesi”. Merito, dice, dell'esperienza maturata “in quella che sembra una guerra fredda tra sentinelle. Guerra di nervi. Perché anche i cinesi hanno le loro sentinelle e conoscono le nostre. Le loro sorvegliano che non ci sia qualcuno dei nostri che avvisa la polizia sullo scarico merci, sui locali e negozi abusivi e sulle bische. Noi facciamo più fatica a capire se c'è una sentinella cinese mentre uno dei nostri sorveglia, perché molti cinesi sembrano assomigliarsi, ma abbiamo molti volontari, compresi quelli che la sera si affacciano alla finestra e mentre fumano una sigaretta ci dicono se vedono movimenti sospetti”. L'eloquio di Caratelli, con la brutta frase sui cinesi tutti uguali, indicibile di suo, farà di sicuro inorridire il purista del politicamente corretto (che magari può permettersi di adorare sempre tutti indistintamente perché sotto casa sua non c'è la bisca con rissa o la lite con sparatoria, cose che esistono invece a Milano, zona “cinese”, via Paolo Sarpi). A Roma, Piazza Vittorio, resta però il problema della piccola mafia cinese del quartiere (“di cui si lamentano, potendo, anche gli onesti lavoratori cinesi”, dice un vecchio abitante dell'Esquilino, ex democristiano ora pd, convinto che “nell'associazione di Caratelli non ci sia nulla di razzista. Che i boss cinesi qui abbiano fatto carne di porco è verissimo. Potrebbero essere italiani, svizzeri, sarebbero ugualmente pericolosi. Secondo me più si lascia che il degrado aumenti, più il vero razzismo cresce. Se i cittadini sorvegliano e avvertono la polizia quando succede qualcosa nella loro via, si evita proprio la giustizia fai da te”. L'associazione Caput Mundi intanto sembra infischiarsene delle critiche e guarda “al risultato”: “Ci hanno dato un presidio fisso dei carabinieri a Piazza Vittorio, e i reati sono diminuti del trentacinque per cento”, dice Caratelli. Non si capisce se i reati sono diminuiti grazie al presidio, grazie alle sentinelle o grazie alla sinergia tra le due “forze”. D'altronde ovunque in Italia i volontari per la sicurezza dicono che grazie a loro i reati diminuiscono, ma ovunque in Italia i detrattori delle ronde (e a volte le forze dell'ordine) rispondono: macché, siete inutili. L'esercito di anziane sentinelle romane, e la pattuglia anti furto degli amici veneti del signor Danilo, paiono animati magari da un eccessivo fervore “spione”, con punte di complesso di onnipotenza e con un fondo di qualunquismo allarmista – ma che siano “squadristi” è tutto da provare (e pare difficile anche da pensare).
Il sindaco di Padova, Flavio Zanonato, uomo del Pd, non vede volontari fascistoidi dietro ogni angolo. Intervistato dalla Stampa, parla chiaro: “Non mi aspetto miracoli dalle ronde, ma non ho pregiudizi ideologici e non le demonizzo”. E aggiunge: “Noi facciamo già qualcosa del genere ed è un esperimento positivo. Se i cittadini collaborano con le istituzioni, che male c'è?… Oltretutto sgravano la polizia municipale che così può fare altro. E' una catena virtuosa. Mettiamo da parte l'ideologia e stiamo a vedere come evolve la cosa”. I sindaci del nord, Zanonato in testa, sono preoccupati invece per il “no” ai finanziamenti. Sempre alla Stampa, il sindaco di Padova fa notare infatti che “la legge non prevede soldi per gli enti locali e prevede invece la formazione… se vogliamo farla sul serio, spiegando ai volontari quali sono i diritti e i doveri dei cittadini, qualcosa costerà. Secondo errore, la legge non prevede sanzioni per chi volesse fare le ronde alla vecchia maniera, autogestite e magari pure politicizzate. In teoria potrebbero presto convivere esperienze istituzionali e non”.
Il deputato Daniele Marantelli, uomo del Pd di Varese, l'estate scorsa si era fatto promotore dell'iniziativa “il partito va a domicilio” per “stare vicino alla gente e alle sue esigenze”. Le persone chiamavano, il deputato o un suo sostituto accorrevano. Le lamentele sulla sicurezza erano in cima alla lista delle lagnanze. Oggi Marantelli vede “un'utilità psicologica nelle ronde, a livello di percezione della sicurezza, anche se potrebbero essere poco efficaci. Contro la 'ndrangheta che sale fino al nord, contro il traffico di droga, ci vuole ben altro. La buona fede non basta. Stiamo attenti, poi, che gli italiani, una volta indossata la divisa, non si sentano tutti Tex Willer. Insomma, questi volontari dovranno essere molto preparati. Ma i comuni, anche quelli virtuosi, sono in condizioni disperate, e con il Dpef anticrisi non possono battere cassa”. Marantelli sente al contempo la mancanza del “vecchio vigile urbano che era parte integrante del controllo del territorio. Oggi la maggioranza dei vigili sono sommersi dalle scartoffie o si nascondono dietro le colonne di un portico per fare la multa al cittadino in divieto”.
Il signor Giovanni, assistente civico a Verona, evidentemente nostalgico del vigile urbano vecchio stile che tanto piace a Marantelli, si sente “come un bobby inglese, uno di quei bei poliziotti rubicondi che negli anni Ottanta aiutavano le signore ad attraversare la strada. Io cerco di capire se ci sono rischi per donne e bambini nei parchi o nelle vie mal frequentate, e in caso avverto le autorità”. Il signor Giovanni non si è mai sentito “uno delle ronde padane. Mio padre ha fatto il partigiano, figurarsi”. Dice che la sua attività di assistente civico è “una cosa di buonsenso”. Dice pure “che chi spara a caso sulle ronde non capisce che il più delle volte non c'entra la politica nera o rossa. Ho tanti colleghi leghisti, tra gli assistenti, ma non facciamo attività politica, noi, diamo solo un'occhiata in giro per sentirci più sicuri e far sentire più sicuri gli altri cittadini”. Quando va nei parchi con la pettorina gialla Giovanni è convinto, come gli intervistati da La 7, “che il malintenzionato si allontani appena ci vede”. Se chi lo ascolta stenta a credergli, il signor Giovanni ripete: “C'è un forte effetto deterrenza”.
I rondisti-colleghi di Giovanni (tra cui un ragazzo nigeriano molto intervistato dai telegionali, mesi fa, come “extracomunitario rondista per il sindaco leghista Flavio Tosi”), possono apparire a volte invasati, a volte poco inefficaci, a volte altisonanti nelle dichiarazioni sulle “zone a rischio” popolate da “malviventi”, a volte bercianti, a volte fastidiosi, a volte poco avvezzi alla raffinata speculazione politico-socio-culturale. “Squadristi” non proprio. La mela marcia può esserci e c'è sicuramente (come ovunque), ma a scorrere i nomi delle associazioni usate dai sindaci del nord come bacino di “ausiliari sicurezza” si notano perlopiù nomi di onlus che si occupano di malati, extracomunitari, donne sole, tossicodipendenti, disabili, anziani, oltre ai suddetti gruppi riconducibili alla Protezione civile (attivi anche nel ravennate, amministrato dal centrosinistra). Delle due l'una: o le associazioni che forniscono volontari rondisti arruolano squadristi che poi si riciclano in ronde o le ronde non sono fatte di squadristi.
Certo è che ormai anche il rondista, allarmato dalla foga antirondista, teme d'esser chiamato rondista (termine che tecnicamente significa persona che, conformemente al decalogo di Maroni, gira per la strada con cellulare, walkie-talkie e pettorina, previa registrazione in elenco vidimato da sindaco e prefetto). Fatto sta che appena si sente definire rondista, il rondista, sdegnatissimo, dirà che no, lui è un “assistente civico”, un “volontario per la sicurezza”, un “cittadino di buonsenso che si propone come vigilante”. Poi però quelli che fanno le ronde (e pure quelli che le creano, di destra o di sinistra), dicono che il ministro Maroni si è “ispirato” a loro nel farle, tanto che si propongono come modello da esportazione: il ministro Maroni ci ha citati come esempio, hanno detto mesi fa i City Angels di Milano, considerati “ronda di sinistra” per via della loro predilezione per “l'aiuto ai deboli” – e oggi gli Angels sottolineano: una cosa sono le ronde che “cercano il nemico”, ma noi “cerchiamo gente da aiutare”. Forse anche grazie a questa dichiarazione sono chiamati “ronda di sinistra”, a dispetto del tipo di addestramento che i pur utilissimi Angels prediligono. Gaber forse si chiederebbe se siano di destra o di sinistra l'allenamento all'autodifesa di gruppo in stile Karate Kid e la regola del nomignolo. Ogni City Angel usa infatti un nomignolo da strada che non stonerebbe in un film sugli attivisti americani per la sicurezza (invasati): “Warrior”, “dog”, “stone”, si legge sul curriculum dei miti Angels, tutti ingegneri, studenti, infermiere e pensionati. Non che ci sia nulla di male, anzi: i volontari che di notte girano a via Padova (Milano) forse del corso di autodifesa hanno bisogno, pena il verificarsi di quella che il Monde, in un articolo uscito nel marzo scorso, ha chiamato “la barzelletta”: le forze dell'ordine devono correre a difendere quelli che dovrebbero coadiuvare le forze dell'ordine, e cioè gli attempati signori che al giornalista Philippe Ridet apparivano stranamente abbigliati da “fognaioli”. In effetti i sindacati delle forze dell'ordine sono in allarme.
Già in febbraio, alle prime avvisaglie di decreto sicurezza, Roberto Traverso, segretario generale provinciale Silp, così esprimeva il suo disappunto: “Ci sentiamo in dovere di spiegare ai genovesi che ogni ronda presente sul territorio significa più lavoro per le forze dell'ordine che beffardamente dovranno preoccuparsi anche dell'incolumità dei volenterosi pattuglianti fai da te”. L'ex prefetto Achille Serra, ora senatore pd, profonde oggi parole allarmate dal sito del Pd: “Mi domando se fosse necessario arrivare alle ronde per segnalare situazioni di degrado. Si tratta di un'attività che dovrebbe appartenere alla coscienza civica di qualsiasi cittadino”. Appunto, direbbero molti volontari per la sicurezza. Fatto sta che ora pure i “rossi” City Angels si ritrovano congelati. Effetto del blocco imposto dal sindaco di Milano Letizia Moratti per via del pasticciaccio “Blue Berets”, volontari prima considerati dai milanesi “paladini dei deboli nel metrò di notte” e ora messi sotto accusa per via del loro capo, Vincenzo Scavo, del quale un'inchiesta di Repubblica ha rivelato l'impegno politico nell'Msi. A quel punto la Moratti ha messo in quarantena tutti: Blue Berets, City Angels e Associazione poliziotti (poliziotti in pensione rondizzati). Il decalogo di Maroni, poi, ha reso l'avvenire dei volontari milanesi, finora “spesati” dal comune, ancora più imperscrutabile. Solo l'autunno scioglierà la loro sorte.
Come ieri i “rossi” Angels, oggi invece è il leghista sindaco di Verona Flavio Tosi a nobilitare con l'etichetta di “musa” di Maroni il suo modello di “assistentato civico”: volontari armati solo di cellulare, radiolina e pettorina, rigorosamente coordinati dall'alto funzionario di polizia Luigi Altamura. “Ora ci esportano”, dicono nel frattempo a Roma anche i volontari del “destro” Caratelli (sempre però dicendosi “contrari alle ronde” e rifiutandosi di definirsi ronda). Infuria pure la gara opposta, quella di chi si vuole disfare della scomoda etichetta di “inventore di ronda”. Sergio Cofferati, chiamato in causa da Tosi come “ispiratore” degli assistenti civici veronesi – Cofferati chiamò a vigilare studenti e anziani, disse Tosi all'avvio delle sue “ronde” – ora si mostra antirondista convinto (ma a suon di distinguo): una cosa erano i miei provvedimenti, una cosa sono le ronde. Il sindaco di Genova Marta Vincenzi, dal canto suo, aveva previsto per la sua città i “nonni-vigile” ma oggi, a sentir parlare di ronda, inorridisce.
L'Italia dei valori – che a Genova vantava un assessore detto “lo sceriffo”, Francesco Scidone, fan dei volontari da strada – oggi, per bocca del capogruppo dipietrista alla Camera, Massimo Donadi, fa la Cassandra: “Tra un anno, quando si potrà fare un bilancio sulle attività delle ronde, tutti potranno rendersi conto del loro fallimento e della loro inutilità. La sicurezza non si garantisce con le ronde, ma dando più soldi alle forze dell'ordine, e mettendole nelle condizioni di lavorare al meglio”. Che l'Idv difenda le forze dell'ordine non sorprende, visti i toni abituali dello sbirresco Antonio Di Pietro. Stupisce di più l'improvviso paradosso di una sinistra innamorata della “legalità”, e tradizionalmente nemica di ogni arma e divisa, che ora loda lo sbirro-sbirro e pure l'esercito in strada tanto odiato un anno fa, ma non riesce a guardare senza “anchilosi intellettuale” gli aspiranti non-sbirri fai da te (innamorati della legalità pure loro).
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