Il posto che avrei voluto vedere/6

Sarei voluto andare in Giappone per i mondiali del 2002

Claudio Cerasa

Sarei voluto andare in Giappone, nell'estate del 2002. C'erano i Mondiali di calcio, l'Italia di Trapattoni aveva gestito con intelligenza i preparativi per la sua disfatta e la Gazzetta dello sport organizzò un fantastico concorso (insieme con la Microsoft) per giovani cronisti.

    Sarei voluto andare in Giappone, nell'estate del 2002. C'erano i Mondiali di calcio, l'Italia di Trapattoni aveva gestito con intelligenza i preparativi per la sua disfatta (Baggio fuori, Di Livio dentro, Doni in campo, Panucci e Maldini a guardare lo stacco di testa di Ahn Jung-Hwan) e poco prima che l'Italia si ritrovasse in area di rigore i cartellini rossi di Byron Moreno la Gazzetta dello sport organizzò un fantastico concorso (insieme con la Microsoft) per tutti i giovani cronisti che sognavano di raccontare i Mondiali di calcio. Ricordo ancora il nome: XpReporter. Dove reporter stava per reporter e dove Xp stava per l'ultimo sistema operativo progettato dalla Microsoft nella primavera del 2002. Il concorso funzionava così. Tu vuoi andare a raccontare i mondiali per la gazzetta? (Sì sì sì sì!) Allora mandaci un tuo articolo che possa in qualche modo dimostrare che tu sia un “reporter multimediale”. Che cazzo significava “multimediale” ancora non l'ho capito, ma all'epoca invece pensavo di averlo un minimo compreso. “Se il reporter normale – pensavo – scrive articoli su un supporto non virtuale, il reporter multimediale dovrà trovare solo un modo per far sì che l'articolo sembri scritto sul Web”.

    L'articolo che ho scelto di fare riguardava una data un po' particolare (il 5 maggio del 2002) di cui oggi ricordo solo tre dettagli: bandierine tricolori che sventolano in una curva sud colorata di nerazzurro, Gresko (‘tacci sua) che lascia libero sul vertice destro dell'area di rigore laziale Karel Poborsky (‘tacci sua), seggioline dello stadio a fine partite completamente in fiamme insieme con quelle dannate bandierine tricolori. Il pezzo era venuto molto bene. Mi piaceva. Funzionava. Era, secondo me, scritto da dio. Lo invio a una “giuria di qualità” che avrebbe “valutato gli elaborati interamente con votazione on-line” insieme con “i voti dei navigatori che si collegheranno al sito”. Mobilitazione generale. Parenti, amici, colleghi, genitori, professori, cani, gatti: chiunque sapesse schiacciare il bottone con il “vota qui” era stato arruolato per far sì che il mio pezzo, che comunque era scritto da dio, avesse più consensi possibili. Non si fa, ma – pensai – sti cazzi. Dopo tre giorni di clic sul sito del concorso, avevo forse più occhiaie di Toni Capuozzo ma, daje, ero primo. Dopo di che, toccava alla giuria multimediale dare il suo voto. Nel tentativo di capire cosa significasse essere un “reporter multimediale”, chiesi consiglio a un mio vecchio amico (maledetto).

    Gli dissi: la cosa più multimediale che ti viene in mente per un articolo qual è? Lui rispose quattro lettere che mi conquistarono: “html”. Oooooooo: html; e che è? Chiesi: “Come si fa a trasformare un articolo in ‘html'”? “Vai tranquillo”, disse il mio amico, “ci lavoro un po' e ci penso io”. L'articolo fu trasformato in html ma la giuria degli esperti non apparve soddisfatta dal mio sforzo multimediale; e arrivai ultimo. Ulimo+primo+occhiaie= quinto classificato nella classifica generale. In Giappone, i posti per gli “Xpreporter” erano però soltanto quattro.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.