Le farfalle di Sierra Leone/17
Lorenzo fa l'amore con Fanny, la servetta della locanda in cui è recluso con Alvise
Salirono la scala. La ragazzina rossa li precedeva con una bugia. Al pianerottolo aprì la porta di Alvise, Alvise la seguì, entrò nella stanza, senza chiudere la porta. - Buona notte, disse con un tono ironico Lorenzo, rimasto quasi al buio. - Buona notte, gli rispose lo zio mona dall'interno della stanza.
Salirono la scala. La ragazzina rossa li precedeva con una bugia. Al pianerottolo aprì la porta di Alvise, Alvise la seguì, entrò nella stanza, senza chiudere la porta. - Buona notte, disse con un tono ironico Lorenzo, rimasto quasi al buio. - Buona notte, gli rispose lo zio mona dall'interno della stanza. Lorenzo stava cercando al buio la sua stanza quando la ragazzina rossa uscì dalla stanza di Alvise, chiudendosi la porta dietro le spalle e dicendo: -Buona notte. - Buona notte a te -, le rispose Alvise con tono allegro. Al lume della bugia la ragazzina rossa aprì la serratura della stanza di Lorenzo. Entrò accese le candele del doppiere sul comò, posò la bugia sul comodino, si diresse alla porta. “Buona notte. Non dimenticare la bugia”, stava per dire Lorenzo.
La ragazzina rossa chiuse la porta e si voltò verso di lui. Lorenzo pensò che volesse una mancia, cercò una moneta e gliela tese. La ragazzina rossa arrossì, fece segno di no con la testa, frugò nella tasca del grembiule, tirò fuori una sterlina e la mostrò a Lorenzo. - Me la data il signore vecchio, mi ha detto che stanotte lei aveva bisogno di me. Lorenzo sperò che Alvise non stesse ascoltando. “Signore vecchio” non gli avrebbe fatto piacere. - Veramente... disse Lorenzo che non era dell'umore adatto per fare l'amore. - Non vuole? Non le piaccio? Se non vuole va bene. Vado a restituire la sterlina al signore vecchio. - Si chiama signor Alvise, signor Dolfin, conte di San Benito. Chiamalo come vuoi, ma non signore vecchio, se no si incazza. Non è necessario che gli rendi la sterlina. Tientela per te.
- No signore, mi spiace ma non accetto soldi da un uomo, così per niente, se lei non ha bisogno di me vado dal signore vecchio, mi scusi, dal signor conte, e gli rendo la sterlina. Lorenzo si era tolto la giacca - Hai bisogno di quei soldi? - Ho bisogno e non ho bisogno. Li metto da parte. - Per cosa? - Per la dote, no? - Hai un fidanzato?, chiese Lorenzo togliendosi uno stivale - Proprio fidanzato no. C'è uno con cui faccio l'amore. - Non gli dispiace se fai l'amore anche con altri? - chiese Lorenzo togliendosi l'altro stivale. - Dipende. Se faccio l'amore qui alla locanda non gli spiace. Credo, almeno. Non ne parliamo. - Cosa fa lui? - Tante cose. Aiuta i genitori nei campi. Tante cose. Quello che può. Lorenzo si distese sul letto. Nel mezzo. Con le gambe divaricate. La testa appoggiata sulle mani. - Non posso restare, signore? Lorenzo si ritirò nel lato destro del letto, appoggiandosi sul fianco sinistro. Con la mano destra batté sulla parte del letto rimasta vuota, per dire vieni. La ragazzina rossa si liberò degli zoccoli, si tolse il grembiule, si sedette sul letto e si sfilò una calza. - Quanti anni hai, le chiese Lorenzo, - Quanti ne dimostro?, rispose la ragazzina girando la testa. Lorenzo fu colpito dal verde luminoso del suo sguardo. - Non so. Diciassette? La ragazzina rise, togliendo le forcine. I capelli le caddero ondulati e pesanti sulle spalle. - Sbagliato. - Quanti? - Indovini, rise ancora la ragazzina rossa. - Di più o di meno? - Di meno. - Sedici? - Quasi. Compio sedici anni il sette settembre. Sono nata il sette settembre millesettecentosettanta. Mi hanno detto che porta fortuna. E' vero?
La ragazzina si stese sul letto, aggiustò la camicia, i capelli rossi si sparsero a ventaglio sul guanciale. Poi sollevò un poco il busto e si sfilò una catenina d'argento con una medaglietta. Lorenzo le chiese di mostrargliela. C'era incisa una madonna. - Siamo cattolici anche noi -, spiegò, posandola sul comodino. - Cosa ne sai se sono cattolico? - Lo hanno gridato stasera. Papista, no? Che spavento quando è entrata quella donna con il bambino in braccio. Col braccino che pendeva. Era uguale a un'immagine che c'è appesa sopra il letto di mia mamma. Ha paura per domani, signore? - Mi chiamo Lorenzo. - Io Fanny. Ha paura per domani signor Lorenzo? - Lorenzo, senza il signore. - Hai paura per domani, Lorenzo? - chiese Fanny. Lorenzo seguiva il gioco della camicia che si tendeva impercettibilmente sui seni, seguiva la curva della pancia e si insinuava tra le gambe che Fanny teneva leggermente aperte. - Non so - disse Lorenzo, allungando distrattamente una mano sul seno destro. Accarezzando la stoffa ruvida con i polpastrelli sentì che il capezzolo si rizzava. Provò sul seno sinistro, gli ci volle qualche istante di più. Gli sembrò di sentire la ragazzina fremere. Senza smettere di carezzarle i capezzoli, prima l'uno, poi l'altro, con la preferenza del sinistro che sentiva meno turgido, passò il braccio sinistro sotto le spalle di Fanny e l'attirò a sé. Fanny assecondò il movimento. I corpi si incontrarono. Fanny protese la pancia per aderire al corpo di Lorenzo, sentì il cazzo, si incollò con più forza. Lorenzo si appoggiò sulla schiena e l'attirò su di sé. Le cercò la bocca. Fanny rispose al bacio.
Le lingue si stuzzicavano, si accarezzavano, cercavano di avvinghiarsi, poi cominciarono un gioco di rapidi colpetti, di attacchi e di ritirate. Intanto il lungo corpo di Lorenzo e il corpo minuto di Fanny si misuravano, si aggiustavano per aderire in modo perfetto. Senza staccare il corpo, senza staccare la bocca, Lorenzo roteò sul fianco sinistro. Fanny docile, come una dama nel ballo, roteò con lui. Si trovò sotto. Inarcò la schiena e incollò il pube al pube di Lorenzo. Lorenzo la lasciò con un braccio, per slacciarsi la brachetta - No - disse Fanny staccando la bocca, con voce allarmata. Gli prese il braccio e se lo rimise intorno alla schiena. Incollò ancora le labbra a quelle di Lorenzo, poi allentò l'abbraccio, liberò una mano, strinse, spinse verso di sé il braccio di Lorenzo, come per dirgli di non smettere di abbracciarla, scese con la mano alla brachetta, cercò di slacciarla, non ci riuscì, liberò anche l'altra mano, invitò di nuovo Lorenzo a tenerla abbracciata, poi riprovò con la brachetta. Lorenzo l'aiutò sollevando il bacino. Fu un'operazione laboriosa. Fanny non staccava le labbra da quelle di Lorenzo. Quando il cazzo uscì con uno scatto elastico, Fanny gli diede un leggero colpetto con la mano, poi sollevò la camicia.
Lorenzo tentò ancora di slacciare un braccio per aiutarsi. - No, aspetta -, disse ancora Fanny. Si sciolse dall'abbraccio, allontanò gentilmente da sé Lorenzo, si mise a sedere e si sfilò la camicia. Baciò brevemente Lorenzo sulla bocca e incominciò a togliere la camicia anche a lui. Lorenzo fece un po' di resistenza e poi assecondò le intenzioni di Fanny. A torso nudo, guardò Fanny stupito. - Anche il resto, per favore. Adesso Lorenzo era allibito. Non era mai stato seminudo con una donna completamente nuda. - Dai, anche i calzoni. Lorenzo arrossì, si sedette sul letto e si sfilò i pantaloni, le calze e le mutande. Fanny intanto gli accarezzava la schiena. Lorenzo non fece caso alle mani ruvide, le serve delle locande avevano sempre le mani ruvide. Quando tornarono ad abbracciarsi si stupì invece della pelle del corpo. Una pelle candida e morbida come non aveva mai visto, soprattutto all'interno delle cosce. - Abbracciami più forte. E' una cosa bella e strana. - Cosa? chiese Lorenzo - Sentirsi abbracciare con due braccia. Harry ne ha uno solo. (17. continua)
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