Il Guardasigilli sugli stranieri

Alfano ci spiega perché l'Ue può fare la sua parte sul dossier delle carceri

Piero Vietti

Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, parla con il Foglio prima di lasciare la Fiera di Rimini dove si svolge il trentesimo Meeting di Cl. Protagonista ieri di un seguitissimo dibattito sulla giustizia con il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, Alfano era già tra i padiglioni riminesi lunedì pomeriggio, quando ha seguito la lezione di don Julian Carrón su san Paolo.

    Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, parla con il Foglio prima di lasciare la Fiera di Rimini dove si svolge il trentesimo Meeting di Cl. Protagonista ieri di un seguitissimo dibattito sulla giustizia con il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, Alfano era già tra i padiglioni riminesi lunedì pomeriggio, quando ha seguito la lezione di don Julian Carrón su san Paolo. Tra le sue parole hanno avuto molta eco quelle sull'affollamento delle carceri. Al Foglio il ministro dice: “Le carceri italiane sono idonee a ospitare solo i detenuti italiani. Se è vero che la capienza massima dei nostri istituti penitenziari è di 43 mila posti e a oggi ospitano 63 mila persone delle quali 20 mila sono stranieri, è evidente che basterebbero”. Che fare dunque, dal momento che non possono essere fatti uscire tutti? Non un nuovo indulto: “Ogni due anni – ha detto durante l'incontro – si fanno uscire 30 mila detenuti, ma il problema non si risolve mai. Noi puntiamo alla realizzazione di nuove carceri e sul lavoro in carcere per abbassare la recidiva”. Noi non intendiamo procedere sulla via seguita per sessant'anni dalla nostra Repubblica”. E quindi? “Innanzitutto – spiega – il governo varerà un nuovo piano delle carceri a settembre”. Che però non basterà a risolvere la questione. Per questo Alfano tira in ballo l'Europa: “Chiediamo all'Ue che per prima cosa si renda presente nell'applicare i trattati già in vigore tra stati europei ed extraeuropei e che, dove mancano, ne stipuli di nuovi. Per questo però deve anche contribuire economicamente alla costruzione di nuove carceri soprattutto nei paesi che patiscono il sovraffollamento per la presenza di troppi stranieri”.

    Le parole di Alfano sono indubbiamente da leggere legate alla politica governativa di espulsione degli stranieri che delinquono, ma forse ancora di più alla necessità di una riforma della giustizia: su 58 mila detenuti presenti alla fine dello scorso anno nelle case circondariali e di reclusione, infatti, più della metà sono imputati in attesa di giudizio. Dove l'Ue forse nemmeno ha potere (“la Commissione europea – ha detto ieri il portavoce Dennis Abbot – non è competente per la gestione quotidiana della giustizia, tuttavia siamo pronti a studiare con il governo italiano possibili modi per migliorare il trasferimento di detenuti tra uno stato membro e l'altro”), potrebbe la riforma. Riforma su cui il ministro si dice “disposto a un confronto costruttivo”, ma non a sentire dichiarazioni tipo “il governo deve fare marcia indietro e ritirare il testo o cose simili: il confronto sia nel merito”. Disponibilità al dialogo ma anche – taglia corto – “obbligo da parte nostra a mantenere le promesse fatte agli elettori durante la campagna elettorale”.

    Che l'autunno alle porte sarà foriero di problemi per via Arenula non è difficile da immaginare. Alfano non si scompone: “Mi auguro piuttosto che sarà un autunno del fare”. In effetti c'è da fare: “Intanto, a settembre è in programa la riforma dell'avvocatura di cui si parla troppo poco”. L'opposizione si presenterà agguerrita ai vari appuntamenti: “Io credo e auspico che nel Pd ci saranno le condizioni per dare vita a un confronto che non li vedrà subire passivamente le posizioni di Di Pietro e compagni”. E l'Udc? “Il partito di Casini è storicamente sensibile e attento ai temi della giustizia, siamo convinti che potrà fare sua ancora una volta la cultura del governo in questo campo”. A proposito di polemiche, non si può non parlare del lodo Alfano, e dell'attesa pronuncia della Consulta sulla sua costituzionalità. Il ministro della Giustizia dice di attendere “fiducioso e rispettoso il pronunciamento della Corte”, ma si dice anche certo “di avere offerto al Parlamento un testo che rispettava le precedenti pronunce della Corte in questo senso”. Durante il dibattito del mattino con il vicepresidente del Csm, Alfano ha criticato l'organo della giustizia: “Ho sempre visto il Csm come un organo totalmente sganciato dalla funzione politica – ha detto – ma quando Mancino mi ha invitato e ha proposto che parlasse un magistrato in rappresentanza di ciascun gruppo mi sono sentito in Parlamento, bonsai ma in Parlamento”. Alfano spiega come superare questa situazione: “Sono quattro le questioni da affrontare, le correnti, le nomine, i pareri e la disciplinare. Bisogna parlarne con calma e farlo in coerenza con la nostra visione della giustizia, che vede innanzitutto la separazione delle carriere”. Lasciando il Meeting, Alfano dice che cosa lo ha colpito della kermesse: “E' una straordinaria prova di come il volontariato in Italia sia vivo e contribuisca concretamente a migliorare la società. E' la dimostrazione che c'è una gioventù diversa a cui piace costruire personalmente il futuro proprio e del paese”.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.