Il Tesoro del Meeting
Tremonti risponde con la sua dottrina sociale a chi chiede scosse
L'arrivo di Giulio Tremonti al Meeting di Rimini, il salone pieno e la sottolineatura di Giorgio Vittadini di come quello di ieri fosse “l'incontro più importante” confermano (dopo gli applausi a Mario Draghi di mercoledì) l'intesa tra il ganzo Giulio e il popolo ciellino, che lo applaude più volte mentre con Enrico Letta spiega come uscire dalla crisi e non ritornare “al falò dell'avidità”.
L'arrivo di Giulio Tremonti al Meeting di Rimini, il salone pieno e la sottolineatura di Giorgio Vittadini di come quello di ieri fosse “l'incontro più importante” confermano (dopo gli applausi a Mario Draghi di mercoledì) l'intesa tra il ganzo Giulio e il popolo ciellino, che lo applaude più volte mentre con Enrico Letta spiega come uscire dalla crisi e non ritornare “al falò dell'avidità”. Il finale del suo intervento ribadisce che il governo è in competizione con la sinistra sui temi del sociale: “La notizia più bella dell'estate – ha detto Tremonti – è la vittoria degli operai dell'Insse che sono saliti sulla gru per difendere il loro lavoro fino a quando non è arrivato un imprenditore che ha messo i suoi soldi per salvare la situazione, senza chiederli allo stato. Per questo credo si debba favorire la compartecipazione agli utili dei lavoratori nelle imprese: può essere una risposta alla crisi, un modo perché lavoratori e imprenditori siano più uniti”. Tremonti, le maniche della camicia arrotolate, saluta l'altro Giulio, Andreotti, in prima fila. E cita il Papa della “Caritas in veritate”: “Il mondo soffre oggi per mancanza di visioni e di pensiero”. Non è il primo degli ospiti di questi giorni a citare il documento di Benedetto XVI, ma forse è quello che più ne sottolinea l'importanza per ciò che definisce “l'appuntamento con il destino della nostra generazione”. Non si può prendere congedo dalla verità, “non possiamo illuderci che il XXI secolo sia il sequitur del XX. Nel Novecento ci sono state troppe cose malevoli, un secolo di cambiamenti, un secolo da dimenticare per tanti aspetti”. Servono “nuovi strumenti, nuove categorie mentali, politiche, sociali”, non basta pensare di “aggiornare” il liberismo e il socialismo.
Ecco l'importanza dell'enciclica, che il ministro reputa “non solo un documento teologico ed economico”, ma anche e soprattutto “politico”. Di più: “E' il primo testo organico di politica che organizza una tabula mundi per il mondo nuovo, non c'è un testo più importante” per affrontare quello che ci aspetta. Il futuro “non è la post modernità, ma il ritorno alle basi delle nostre tradizioni”. Vittadini gongola: “Un tempo gli economisti venivano al Meeting e dicevano: bravi ragazzi, ma l'economia è un'altra cosa. Oggi invece sentiamo dire che bisogna partire da quello di cui abbiamo sempre parlato”. Poi Tremonti passa alle banche: “Quando gestisci una crisi per eccesso di debito, chi puoi salvare? Industria, famiglie e risparmio. Invece in tanti paesi, con l'idea che le banche sono sistemiche, si è scelto di salvare le banche. Non so se fosse giusto o no, ma è certa una cosa, e questo non ve lo sentirete mai dire nei salotti farisaici: forse è una crisi come quella del '29, ma di sicuro in questi anni non è stato fatto quello che allora aveva fatto Roosevelt, cioè investimenti pubblici. Questa crisi nasce dall'eccesso di debito privato”. Un conto, ha proseguito Tremonti, è un debito che cresce perché scende il pil a causa della crisi, un altro perché si fanno i prestiti agli istituti di credito per salvare i signori delle banche. “Può anche essere stato inevitabile, ma bisogna dire la verità”. Tremonti spiega come guardare avanti: “Forti della nostra esperienza”, con l'enciclica come tavola di navigazione e il recupero delle dimensioni del “dono, della sussidiarietà e della famiglia”.
Choc? Meglio la corrente continua del governo. Enrico Letta aggiunge che “la crisi ci dà la possibilità di fare quello che normalmente non siamo in grado di fare”, chiede riforme e, al ministro Mariastella Gelmini, un giro di vite sull'Università e la ricerca (cosa di cui il ministro dell'Istruzione aveva parlato in mattinata con il presidente di Farmindustria Sergio Dompè). Tremonti allora precisa che “quando sei al governo devi tenere conto di tre fattori: il fatto che la crisi è globale, e nel nostro caso è arrivata dall'esterno, lo stress della gestione dell'emergenza nel giorno per giorno e la particolarità del nostro paese, che ha il terzo debito pubblico del mondo”. Facile parlare di ricette e riforme da fare, più complicato metterle in pratica, oltre al fatto che la scelta dell'esecutivo è stata quella di affrontare innanzitutto i problemi nel breve periodo. “Abbiamo fatto una politica che è stata definita prudente e appropriata con le dimensioni del nostro debito pubblico”. La non velata polemica con il governatore di Bankitalia Mario Draghi prosegue: “Ci chiedono di fare le riforme, ma questo governo di riforme ne ha fatte molte, da quella della scuola primaria e secondaria all'adeguamento dell'età pensionabile fino alla riforme delle riforme che sarà il federalismo fiscale”. A chi chiede più spesa pubblica il ministro ricorda che questo significa “più tasse per la povera gente”, mentre “a un anno dalla crisi l'Italia è un paese unito e socialmente pacificato”. “Abbiamo dato soldi agli ammortizzatori sociali e sbloccato i pagamenti”. Poi è il turno dell'ad di Intesa Corrado Passera: “Forse sono utili gli choc, ma penso sia meglio la corrente continua del lavoro del governo”. E gli economisti? Se avessero “il buon senso di stare zitti per un anno o due, ne guadagneremmo tutti”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano