Più che al taglione siamo alla rappresaglia
Il lato oscuro del Cav. faccia riflettere i cattolici sul rapporto con il potere
Che a cominciare sia stata Repubblica con le sue dieci domande è una considerazione pertinente ma anche irrilevante. Soprattutto se viene usata a scusante per Vittorio Feltri – vedi Carlo Giovanardi, che invece della privacy stavolta invoca la legge del taglione. E poi qui, più che al taglione, siamo alla rappresaglia. Che informazione e politica navighino ormai a vista nella feccia è un'altra considerazione pertinente. Ma anche non sufficiente.
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Che a cominciare sia stata Repubblica con le sue dieci domande è una considerazione pertinente ma anche irrilevante. Soprattutto se viene usata a scusante per Vittorio Feltri – vedi Carlo Giovanardi, che invece della privacy stavolta invoca la legge del taglione. E poi qui, più che al taglione, siamo alla rappresaglia. Che informazione e politica navighino ormai a vista nella feccia è un'altra considerazione pertinente. Ma anche non sufficiente, se si vuole provare a capire che cosa stia accadendo ai rapporti tra la chiesa e la politica (e la società, e virtualmente “lo stato”, come ha scritto sul Corriere Galli della Loggia).
L'“affaire Boffo-Feltrusconi”, pessimo comunque lo si guardi, ha forse qualcosa da insegnare prima di tutto ai cattolici. “Ex malo bonum”, può aiutarli a rinfrescare un paio di nozioni base di realismo cristiano e politico trascurate negli ultimi tempi. Quello del Giornale – che sia attendibile, o no, la dissociazione di Silvio Berlusconi – è stato un avvertimento. E non vi è chi non l'abbia colto, nei Sacri Palazzi. “Diciannovismo”, nel senso delle squadracce, per citare l'immagine usata da Rocco Buttiglione. Un'intimidazione diretta, più che alla persona di Dino Boffo, agli ambienti ecclesiali che si sono permessi di criticare tanto il Berlusconi “privato” quanto alcune scelte del governo, immigrazione e altro. Se poi quegli ambienti siano “tutta la Cei” o solo una parte, è un'altra faccenda. Come pure capire se – come si evince da alcuni segnali, non ultima l'intervista di Gian Maria Vian, direttore dell'Osservatore Romano, al Corriere di ieri – in Vaticano hanno di meglio da fare che non occuparsi di “Papi”.
Quello che è apparso con violenza è il “lato oscuro della forza” del Cavaliere, un suo inaspettato carattere vendicativo. O forse, come ha scritto ieri il Foglio, siamo alla scoperta di un suo difetto di “autostima”. Ma in fondo è indifferente.
Il punto vero è che cosa dovrebbe trarre da questa rivelazione il mondo cattolico. La chiesa non ha come vocazione di fare la guerra al potere, né l'ha mai avuta – san Paolo ammoniva i cristiani a rispettare l'autorità costituita, non a misurarne la moralità. Ugualmente, non è nemmeno scritto che i cattolici, e persino i loro vescovi, non possano avere ed esprimere posizioni anche divergenti sull'operato del governo. Tanto più in Italia, dove l'unità politica è finita da decenni. I cristiani non hanno patria, non si sentono più forti di quelli che sono. Tantomeno nell'occidente di oggi. Ilvo Diamanti su Repubblica ha scritto: “E' singolare vedere la chiesa all'opposizione”. In realtà, è ancor più singolare pensare che sia al governo. E non solo perché questo è un governo senza cattolici, ma perché non è cosa. E non è più tempo.
Servirebbe dunque un rapporto un po' meno schematico col potere. La fede, con un pizzico di ragione, aiuta a riconoscere situazione per situazione le buone leggi e i buoni compromessi. E a distinguerli dalla svendita all'ammasso della propria identità e anche dalle logiche di puro (e magari legittimo) “do ut des”. Soprattutto, bisogna imparare a non idealizzare il potere o chi lo incarna. Si può continuare a votare Berlusconi oppure no (in Vaticano probabilmente pensano che vada bene così). Ma forse il lato oscuro di Berlusconi, o almeno lo squadrismo di Feltri, dovrebbero far riflettere su qualche eccesso di sacralizzazione e di (ingenua) proiezione mitologica messe in scena con troppa enfasi, quando nacque il Pdl. L'altra questione è che si rischia di restare impiccati alla corda del moralismo (l'uso strumentale della morale), laddove la coerenza con le proprie visioni sia l'unico metro di giudizio. E l'unico punto di forza per le proprie battaglie etiche contro tutto il mondo. Uno scrittore cattolico, Alver Metalli, ha scritto: “Dove l'irreprensibilità morale è il solo ideale, là prospera il ricatto”.
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