Parolacce/2

Avviso a tutti i neolinguisti del mondo, non si dice “escort”

Camillo Langone

Puttane, si chiamano puttane. La donna che vende il proprio corpo in una blasfema parodia dell'amore è una puttana, una baldracca, una bagascia, una mignotta, una zoccola, una troia. Poi si riveste e magari torna a essere una madre, una moglie, una studentessa, una commessa e a quel punto la chiamerò madre, moglie, studentessa, commessa: ma nel momento che prende soldi per aprire le labbra la chiamo puttana.

Leggi Ci sono parole che una persona elegante non pronuncia mai. Gay, per esempio

    Puttane, si chiamano puttane. La donna che vende il proprio corpo in una blasfema parodia dell'amore è una puttana, una baldracca, una bagascia, una mignotta, una zoccola, una troia. Poi si riveste e magari torna a essere una madre, una moglie, una studentessa, una commessa e a quel punto la chiamerò madre, moglie, studentessa, commessa: ma nel momento che prende soldi per aprire le labbra la chiamo puttana. Sono uno scrittore e voglio onorare il suo mestiere di putta cattiva, di ragazzaccia, di bad girl cantata da Donna Summer e poi Jamiroquai. La verità rende liberi e non chiamandola escort salvo il suo cliente e salvo lei. Entrambi devono sapere quello che fanno se non vogliono andare all'inferno senza nemmeno accorgersene: la neolingua è demoniaca (la neolingua delle parolacce che sto analizzando in questa serie di articoli) e ha come primo obiettivo quello di capovolgere la realtà, di confondere l'uomo fino a renderlo incapace di distinguere il bene dal male. E a quel punto sono cazzi, come dice Isaia 5,20.

    Escort è quasi una bella parola, significa scorta, e tutti abbiamo bisogno di protezione, di aiuto. “Prego che sia mia scorta” scrive Francesco Petrarca nella “Canzone alla Vergine” e perciò, di traduzione in traduzione, chi chiama escort una puttana chiamerà puttana la Madonna. Anche Michelangelo Buonarroti, sommo artefice e grande poeta i cui mal protesi nervi non lo facevano sentire gaio bensì, giustamente, disgraziatissimo, scrisse sovente di scorte e non alludeva a marchettari. Scorta, nel Rinascimento sì presuntoso ma ancora irraggiato dal luminoso Medio Evo, ricordava i cavalieri senza macchia e senza paura della Tavola Rotonda, Avalon e Camelot, un mondo favoloso basato sull'onore, la fedeltà, la giustizia. Dio mio, com'è possibile che una parola così nobile sia caduta così in basso? Com'è accaduto che sulla prima pagina di Repubblica sia trasformata in infamia e manganello? Per il bene del vivere civile bisogna risalire alle sorgenti del significato e separare le sorti delle parole in oggetto. Per il bene dello stesso Ezio Mauro che ha ridotto un giornale che si vuole autorevole e riflessivo a edizione contemporanea della “Tariffa de le puttane”, il catalogo pubblicato nel 1535 da Antonio Cavallino o da Lorenzo Venier (l'attribuzione è incerta siccome al tempo in cui esisteva la vergogna testi del genere uscivano anonimi). Il sottotitolo era “Ragionamento del forestiere e del gentil huomo: nel quale si dinota il prezzo e la qualità di tutte le cortigiane di Venezia, col nome delle ruffiane”.

    Un documento importante dal quale si ricava, fra l'altro, che la capitale del meretricio non era ancora Bari. Se Mauro non avesse la lingua opaca avrebbe potuto titolare “Tutte le puttane di Berlusconi”. Non esiste, che io sappia, un Arcitroie e nemmeno un Batton Pride, le donne di malaffare non hanno i medesimi strumenti di pressione degli omosessuali e Mauro non avrebbe ricevuto la caterva di insulti che ho ricevuto io dopo la prima puntata di Parolacce, da parte di ferocissimi froci nemici della lingua italiana e della libertà di espressione. Nessuno lo avrebbe chiamato “effemminato”, “frocio represso”, nessuno gli avrebbe augurato “tutto il peggio dalla vita”, nessuno lo avrebbe apostrofato come “fascistone schifoso” (ammesso che non fosse un complimento, magari era un estimatore di Sylvia Plath e del suo verso immortale “Ogni donna ama un fascista”). Nessuno, soprattutto, avrebbe denigrato i suoi mocassini Cole Haan (l'offesa che più mi ha ferito). Eppure quel titolo lì, “Tutte le puttane di Berlusconi”, in prima pagina non è uscito e non uscirà mai perché per dire puttana ci vogliono le prove e soprattutto ci vuole il gusto per la realtà. E per andare a puttane? Per andare a puttane basta pagare. Naturalmente, come sempre, conosco bene la materia di cui scrivo, un giornalista è il contrario di una verginella e figuriamoci chi ha un passato e forse un futuro nel giornalismo enogastronomico, il settore più unto che ci sia. Semplicemente richiamo la perenne efficacia dell'ottavo comandamento che imponendo di chiamare puttana la puttana aiuta a ricordare che sono altre le figure professionali da candidare alle elezioni. Quando il vocabolario funziona si può andare a puttane senza mandare a puttane la propria capacità di giudizio. Infine si può addirittura non andare a puttane, esistono piaceri quasi altrettanto sensuali che risparmiano la tristezza del post coitum: il Lambrusco Vecchia Modena, le biciclette Taurus, i libri Adelphi…

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    • Camillo Langone
    • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).