Fini prepara il disarmo ideologico per rinviare la legge sul fine vita

Salvatore Merlo

Il presidente della Camera lo aveva detto: “Sulle mie idee non arretrerò di un passo”. Difatti l'area finiana del Pdl ha pronto un documento con il quale si chiederà di sospendere la discussione sul testamento biologico, per un disarmo “bilaterale”. Il testo sarà reso pubblico a breve, quando le polemiche interne al partito passeranno un po' in secondo piano.

    Il presidente della Camera lo aveva detto: “Sulle mie idee non arretrerò di un passo”. Difatti l'area finiana del Pdl ha pronto un documento con il quale si chiederà di sospendere la discussione sul testamento biologico, per un disarmo “bilaterale”. Il testo sarà reso pubblico a breve, quando le polemiche interne al partito passeranno un po' in secondo piano. E' previsto che l'appello, alla Camera, possa raccogliere consensi non soltanto tra i laici ma anche tra i molti cattolici, di centrodestra e centrosinistra, che sul testamento biologico hanno assunto posizioni simili a quelle riflessive e attendiste dell'ex presidente del Senato Marcello Pera.

    Si chiederà un disarmo ideologico”, spiega al Foglio il deputato del Pdl area radical-finiana, Benedetto Della Vedova. “Sarebbe opportuno – dice – scrivere una norma che fissi dei paletti intorno alle posizioni largamente condivise, cioè il no all'eutanasia attiva e il no all'accanimento terapeutico. E' insomma auspicabile una norma che eviti di definire regole prescrittive sul fine vita lasciando che siano la famiglia, il paziente e i medici ad avere, com'è sempre stato, un ruolo decisivo”. Questo è l'obiettivo esplicito, mentre sottotraccia resta l'ipotesi di fermare del tutto la discussione sulla legge con una inedita – e da verificare – saldatura tra le posizioni dell'ateo Fini e quelle di parte della gerarchia ecclesiastica (non ruiniana).

    Ma perché l'appello sul fine vita possa essere reso pubblico si dovrà prima placare la polemica tra Fini, Silvio Berlusconi e il quotidiano di Vittorio Feltri. Meccanismo che si è già messo in moto. Giulio Tremonti, intervistato ieri dal Corsera, ha ufficialmente accettato il cosiddetto “patto di consultazione” con Fini. Posizione controfirmata pubblicamente da Sandro Bondi e da Gaetano Quagliariello. Ovvero, come è stato spiegato anche al Foglio: “Tra il presidente della Camera e Berlusconi si troverà un maggiore raccordo con incontri anche settimanali. Contemporaneamente Fini sarà coinvolto nelle decisioni dell'Ufficio di presidenza”.

    Non bastasse, ieri, l'avvocato e consigliere del Cav, Niccolò Ghedini, si è fatto ambasciatore di pace a Montecitorio. “Berlusconi non si occupa più del Giornale, si è scocciato di ripianarne i debiti. Ormai è roba di Feltri”. Abbastanza da depotenziare l'iniziativa di Italo Bocchino che per Fini – senza un mandato esplicito del presidente della Camera –  ha raccolto le firme di tutti i deputati ex An. Operazione (“pleonastica” per Ignazio La Russa) che già ieri veniva superata dai commenti distensivi di FareFuturo. Dalla fondazione (ma anche tra i deputati finiani) si è sollevato, peraltro, qualche dubbio “sull'opportunità di fare sfoggio d'orgoglio aennino. Noi siamo nel Pdl, non dobbiamo né vogliamo tornare al passato”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.