Chi è Zygmunt Zimowski

Il “ministro” della Salute del Papa parla polacco ma si fa capire bene

Paolo Rodari

Il 60enne arcivescovo polacco Zygmunt Zimowski guida il “ministero” vaticano della Salute dallo scorso aprile. E domenica, in una delle sue prime uscite pubbliche, si sono viste le linee del suo agire. E' a Poznan, infatti, dove è in corso il congresso mondiale dei farmacisti cattolici, che Zimowski, citando testi scritti in passato da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ha pronunciato parole con le quali ha voluto richiamare la necessità di garantire l'accesso alle medicine per i più poveri e, insieme, ricordare come non tutti i farmaci siano uguali.

    Il 60enne arcivescovo polacco Zygmunt Zimowski guida il “ministero” vaticano della Salute dallo scorso aprile. E domenica, in una delle sue prime uscite pubbliche, si sono viste le linee del suo agire. E' a Poznan, infatti, dove è in corso il congresso mondiale dei farmacisti cattolici, che Zimowski, citando testi scritti in passato da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ha pronunciato parole con le quali ha voluto richiamare la necessità di garantire l'accesso alle medicine per i più poveri e, insieme, ricordare come non tutti i farmaci siano uguali: quelli “contro la vita” non dovrebbero essere venduti e di più, contro la loro vendita, sono i farmacisti cattolici a essere chiamati a fare obiezione di coscienza.

    Zimowski ha tenuto un discorso che, come è logico che sia, prosegue la battaglia che Benedetto XVI dovette inaugurare con le cancellerie di mezza Europa proprio lo scorso aprile, nell'imminenza dell'addio del cardinale Javier Lozano Barragán al “ministero” poi occupato dall'arcivescovo polacco. Fu, infatti, partendo per l'Africa che Benedetto XVI venne pesantemente criticato, soprattutto da esponenti del governo belga, per aver dichiarato che la soluzione per combattere l'Aids non è da ricercare nei preservativi quanto nell'umanizzazione della sessualità e in un'autentica amicizia e disponibilità nei confronti delle persone sofferenti. In buona sostanza, il medesimo concetto espresso con altri accenti l'altro ieri da Zimowski a Poznan: una sanità dominata non dall'etica ma esclusivamente dalla logica del profitto è contro l'uomo.

    Zimowski non ha difficoltà a comprendere e a mettere in pratica le prerogative del Pontefice quanto alla salute. Prerogative che, a ben vedere, sono in linea col magistero dei predecessori di Benedetto XVI e, quindi, con quella “sicurezza sanitaria” che più volte ricorre nei testi pontifici: cioè la necessità che a tutti venga assicurato l'accesso almeno ai farmaci di base, quei farmaci che salvano la vita. Esattamente per diciannove anni e quindici giorni (dal 1983 al 2002) Zimowski ha lavorato a stretto contatto con Ratzinger alla dottrina della fede. Esperto di cose morali, fa della riservatezza una delle caratteristiche centrali del proprio agire. All'ex Sant'Uffizio ha lavorato principalmente nella sezione “protocollo”. Amicissimo del segretario di Wojtyla don Stanislaw Dziwisz, venne nominato vescovo di Radom nel 2002. Fu lo stesso Zimowski a raccontare come, una volta saputo della nomina, si recò nell'ufficio di Ratzinger per chiedergli che fosse lui a imporgli le mani. Ratzinger gli rispose: “Non sono degno”. Ma poi accettò non senza aver appurato che qualcuno s'incaricasse di tradurre in polacco il testo dell'omelia da lui redatto in tedesco appositamente per l'ordinazione. Insomma, Zimowski è dalla nidiata di presuli della ratzingeriana dottrina della fede che è uscito. Per divenire, lui come tanti altri, pedina preziosa nel governo della curia romana.

    Il prossimo banco di prova per l'arcivescovo polacco sarà nel mese di ottobre, quando in Vaticano si aprirà il sinodo dei vescovi sull'Africa. Fu in vista dell'appuntamento autunnale che Benedetto XVI, a Yaundé in Camerun lo scorso aprile, consegnò ai presuli africani un documento preparatorio nel quale accusava la tendenza sempre più diffusa dei paesi ricchi di fare profitti in campo medico, tralasciando i paesi più poveri. Non a caso a Poznan il successore di Lozano Barragán ha parlato del fatto che spesso “per motivi economici vengono trascurate le malattie tipiche dei paesi in via di sviluppo perché, sebbene colpiscano e uccidano milioni di persone, non costituiscono un mercato abbastanza ricco”.