Il Cav. e Mattei, qualcosa in comune

Francesco Forte

La visita di Silvio Berlusconi all'Aquila, in terra di Abruzzo, per celebrare la consegna in tempo da parte delle imprese delle case ai terremotati, che lasciano le tendopoli per  moderni e confortevoli alloggi costruiti a tempo di record, mi ha fatto venire in mente Enrico Mattei, che aveva ereditato e rilanciato le disastrate Agip e Anic e, scoperto il metano, nella pianura padana, non lontano da Milano, aveva creato la Snam.

Guarda il documentario su Mattei nel programma "La storia siamo noi" di Giovanni Minoli

    La visita di Silvio Berlusconi all'Aquila, in terra di Abruzzo, per celebrare la consegna in tempo da parte delle imprese delle case ai terremotati, che lasciano le tendopoli per  moderni e confortevoli alloggi costruiti a tempo di record, mi ha fatto venire in mente Enrico Mattei, che aveva ereditato e rilanciato le disastrate Agip e Anic e, scoperto il metano, nella pianura padana, non lontano da Milano, aveva creato la Snam. La cui sigla, per noi, appena arrivati all'Eni, nel 1955-56 in cui era stato fondato, voleva dire “Siamo Nati a Matelica”, la città di cui Mattei era oriundo, fra le Marche e l'Abruzzo. Un'area industriale di imprenditori rampanti, che può essere considerata la Brianza del Sud.

    Alla Snam di marchigiani quasi abruzzesi ce ne erano, oltre a Enrico Mattei, anche molti altri, ed erano impregnati dello stesso spirito fanatico del fare. Anche Mattei, quando realizzava una “missione impossibile”, come, ad esempio, quella di prendere nell'Eni una fabbrica meccanica disastrata come il Pignone, trasformandola in un'impresa di tecnologia avanzata nel settore delle sonde e delle trivelle per le ricerche di petrolio, faceva una cerimonia fastosa, in cui si enunciavano le concrete realizzazioni, specificando i tempi e i costi e, accanto agli aspetti economici, quelli sociali. Ora nella cerimonia berlusconiana il numero di famiglie sistemate nelle nuove case e di famiglie a cui ciò accadrà entro date prestabilite vicine. Allora, nelle cerimonie di Mattei, accanto alla quantità in kg o tonnellate di tubi in acciaio o trivelle o che altro, prodotte, con i relativi costi unitari, i nuovi posti di lavoro creati. “Dare lavoro” era una delle idee fisse di Mattei. Berlusconi nel 2001 ha fatto un  programma elettorale promettendo un milione di posti di lavoro. E la scommessa che pareva assurda è stata realizzata. Mentre vedevo le cerimonie di Berlusconi basate su appartamenti di tre vani più cucina e servizi, consegnati ai terremotati, e riandavo al piazzale pieno di sole ove Mattei elencava la quantità di kg di metallo lavorato prodotto e i posti di lavoro creati, mi è capitato di leggere un editoriale del Corriere della Sera in cui si sosteneva che Berlusconi, oramai, si era messo contro tutte le élite: la magistratura, gli economisti (ma è Tremonti che se l'è presa con loro e comunque nel suo mirino c'è un gruppo particolare di economisti), i banchieri (idem come sopra), i giornalisti. In effetti il paragone fra Mattei e Berlusconi muove da qui. Ma non dalla critica alle élites, bensì dalla legge della circolazione delle élite, enunciata da Mosca e Pareto, che l'editorialista del Corriere e quello successivo che ha ripreso il tema sul Sole 24 Ore”, sembrano ignorare.

    Mattei e Berlusconi sono homines novi, venuti dal mondo del fare, dotati di una grande ambizione, con una visione del mondo giovane, che si contrappone a quella delle elite consacrate. Entrambi con l'idea fissa della conquista sessuale, accanto alle vittorie nelle strategie economiche e politiche. Si vociferava allora che Enrico Mattei una notte fosse stato con una celebre attrice, dalle gambe lunghissime e dal seno sinuoso, dandole, tramite il suo “ammiraglio” (una guardia del corpo fedele, che era stato ufficiale di marina) un milione di lire. E un mattino, dopo avermi chiesto ragguagli sul prezzo del barile di petrolio, con mio imbarazzo Mattei  mi chiese “quante ne ha fatte stanotte?”. Non ebbi tempo di rispondere, lui mi presentò la mano sinistra abbassando il pollice e il mignolo, poi cambiò discorso.
    Eravamo in Via Lombardia, la sede storica dell'Eni, lì vicino c'è l'albergo Eden, ove Mattei soggiornava, l'equivalente di Palazzo Grazioli. Ogni tanto veniva a chieder soldi da lui il principe Caracciolo senior, presidente dell'Aci (Automobile Club Italiano) . E li otteneva, come, in minor  misura, l'elegante figlio Carlo, per iniziative promozionali a difesa del giovane ente, malvisto dalle élite di Foro Bonaparte. Il nuovo ambasciatore americano a Roma, David Thorne, che non sa nulla di Enrico Mattei, non può capire perché Silvio Berlusconi ha potuto far volare sul cielo di Tripoli le “frecce tricolori” con la scia bianca-rossa-verde e non solo verde come la voleva Gheddafi (e come la camicia di Bossi, padano delle “valli chiuse”).

    E non può capire come mai Berlusconi possa essere amico di Putin e possa indurlo a cambiare idea, in certi momenti critici. E' sempre la teoria della circolazione delle elite, in questo caso più di Wilfredo Pareto che di Gaetano Mosca, a funzionare. In economia si chiama “concorrenza”, libero scambio fra pari. Mattei, in Libia, come in  Russia, come prima nel medio oriente, si presentò con la formula della sua Brianza del Sud: noi siamo nuovi, non siamo colonialisti, e abbiamo una buona tecnologia e lavoratori che vengono dalla gavetta e vi offriamo un rapporto alla pari, in cui voi state con noi non solo nel contratto, ma anche nella società. L'Eni di Mattei fece l'accordo con la Libia o lo mantenne con Gheddafi anche quando la politica pareva sovrastare l'economia. L'Eni di Mattei fece il gasdotto con la Russia comunista, pur sostenendo sul piano politico una linea chiaramente occidentale.
    La formula di Berlusconi con Putin e Gheddafi è simile a quella di Mattei, nel contenuto economico e nella linea occidentale. Ha successo perché  si basa su un rapporto in cui c'è lo scambio di mutuo vantaggio e la buona fede. L'Adam Smith che regola questa formula non è quello della “Ricchezza delle Nazioni”, ma quello della “Teoria dei sentimenti morali”, in cui accanto al tornaconto c'è la simpatia.

    Ma non si tratta solo di una relazione personale, si tratta di una relazione geopolitica e culturale. Il problema cruciale – che io ho vissuto in prima persona – dei popoli e dei leader dei paesi dell'Africa, del medio oriente, dell'Asia e dell'Est europeo era e rimane quello di non identificare lo sviluppo economico, politico e civile con un “pensiero unico” di matrice anglosassone o comunque “nordica”, nel senso del Nord Europa e quindi dell'etica protestante, con la sua noia e il suo grigiore. E l'alternativa italiana, mediterranea, viene vissuta come liberatoria: è possibile entrare nella modernità, nel neocapitalismo, senza perdere il sorriso, senza rinunciare al “piccolo è bello”, alla diversità, alla bizzarria.  E senza sostituire il jogging artificiale a una camminata a piedi, totalmente privi di equipaggiamento Nike. Ciò comporta un elemento in più di fisicità che permette a Berlusconi di accogliere, nella sua piscina, a Villa  Certosa, un leader dell'Est europeo che si sdraia nudo al sole. Enrico Mattei, con la  sua formula di collaborazione alla pari, di alternativa alle imprese capitaliste dei paesi più grossi e potenti, andò molto lontano. Ma si attirò anche molti nemici. E quando dovevamo andare in Algeria, per un nuovo accordo globale di cooperazione, le minacce alla sua persona si infittirono.
    Nessuno dei suoi più stretti collaboratori volle salire sul suo aereo, che decollava dalla Sicilia diretto a San Donato Milanese, L'aereo esplose nel cielo di Bescapè, nel pavese. E nessuno ha ancora spiegato perché ciò sia accaduto. La circolazione internazionale delle élite ha così subito una pausa. Ma l'Eni, dopo alti e bassi, è ancora una delle carte del gioco di politica estera saldamente occidentale ma non omologata,  dalle élite consolidate che Silvio Berlusconi sta svolgendo. Spero che l'ambasciatore italiano a Roma capisca che questa politica comporta per gli Stati Uniti uno scudo forse addirittura maggiore di quello dei missili in Polonia a cui Obama ha rinunciato. La legge di circolazione delle élite, comunque, è un fatto, che non si arresta nel cielo di Bescapè.

    Guarda il documentario su Mattei nel programma "La storia siamo noi" di Giovanni Minoli