Stia in campana Churchill

Stefano Di Michele

A un certo punto pure Bruno Vespa – che tante ne ha viste, e secondo i suoi detrattori tante ne ha fatte passare – ha avuto un sussulto e quasi s'è intuito un mancamento: “De Gasperi! Ma dai, ma dai…”. E quell'altro, la plastica perfezione raggiunta dalla sorprendente chioma (un incrocio, parlando s'intende dal punto di vista visivo, tra Fabio Fazio e Diabolik) dove non un pelo si smuove: “Ma lasci stare…”.

    A un certo punto pure Bruno Vespa – che tante ne ha viste, e secondo i suoi detrattori tante ne ha fatte passare – ha avuto un sussulto e quasi s'è intuito un mancamento: “De Gasperi! Ma dai, ma dai…”. E quell'altro, la plastica perfezione raggiunta dalla sorprendente chioma (un incrocio, parlando s'intende dal punto di vista visivo, tra Fabio Fazio e Diabolik) dove non un pelo si smuove: “Ma lasci stare…”. Così, esauriti a un certo punto comunisti, cattocomunisti, Casini (inteso Pier), farabutti generalmente intesi, giornalisti particolarmente segnalati, Repubblica (mitt.: Largo Fochetti, Roma), editore svizzero, cronisti spagnoli, Fini, tutti i governi dall'80 al '92 con “i comunisti in coabitazione” – insomma, l'intero cucuzzaro delle polemiche degli ultimi mesi – scalpitante in studio, il Cav. ha chiuso il fronte della cronaca e ha aperto quello storico. Ripetendo l'ardito paragone – che poi, paragone per modo di dire, avendo precisa opinione che paragoni non siano possibili – tra il suo presente governo e all'ammasso gli altri della storia italica.

    E' tutto uno sfigurare nel confronto, ha spiegato il Cav. E qui è entrato in scena De Gasperi – inevitabile raffronto, avendo ormai di suo superato in anni a Palazzo Chigi il democristiano trentino. “Ha sbagliato…”, ha mormorato il conduttore giornalista. “No, non ho sbagliato, non c'è nessuno”, ha ribadito secco il conduttore politico. E' stato a quel punto che Bruno Vespa – che già aveva accompagnato il Cav. nella transumanza sui luoghi del terremoto, fianco a fianco, stupore per stupore, “un miracolo! un miracolo!”, e il diretto interessato che con conveniente umiltà faceva finta di nulla, essendo ai miracoli abituato e svezzato, manco il cardinal Bagnasco e il locale vescovo il giorno prima – ha avuto come un sussulto, un moto dell'anima, un timore d'azzardo: “Aveva un compito difficile, eravamo morti…”. Figurarsi se il Cav. – che certe volte veniva ripreso di profilo e nella foga e nell'indignazione si faceva evocativo del duca di Montefeltro ritratto da Piero della Francesca – si fa impressionare dalla guerra mondiale. “Per quanto riguarda tutte le situazioni di esperienza interna non c'è assolutamente paragone tra quello che ha fatto e sta facendo questo governo e quello che hanno fatto i governi di De Gasperi”. Testuale. La faccia di Vespa, onestamente – “sono in Rai da quarant'anni”: a momenti gli capitava di conoscerlo di persona, a De Gasperi – era la faccia di un conduttore imbarazzato, si scherza coi santi, c'era il fondato timore che fosse necessario l'intervento del maggiordomo con i sali. Il Cav. – che mica uno vive di solo D'Avanzo e Bocchino – si è buttato temerario: “Se vuole, a singolar tenzone, la sfido a mettere in confronto le cose che hanno fatto quei governi e quello che sta facendo questo governo”. Bruno s'è attaccato all'idea: “Sfida raccolta, ne parliamo un'altra volta…”, e c'è da aspettarsi, dopo la memorabile serata dei mesi scorsi intitolata “Ora parlo io”, un'innovativa “Ora parlano loro: Alcide e Silvio, la sfida del governo”. Sarà una cosa da non perdere.

    Come si cantava in coro nelle simpatiche cenette, meno male che Silvio c'è, sennò tra poltrone bianche e cronisti equilibrati (a parte Sansonetti, che pare sempre più Morgan di X Factor prima del taglio della chioma) e Vespa che doveva parare le polemiche quotidiane e rassicurare lo spirito di De Gasperi, un principio d'abbiocco stava sempre in agguato. Ma mai, neanche per un secondo, il Cav. ha permesso che prendesse il sopravvento: al primo calare di ciglia ecco l'allarme per “l'internazionale di sinistra”, lo sfogo per “lo spirito antiitaliano”, l'irrompere dei “farabutti” planetari. Ma la sua (non sempre) riconosciuta saggezza aveva già fatto intuire al Cav. dove si sarebbe andato a finire, con tutto quell'apparato che doveva cantarne le lodi e rimandava indietro le stecche. “Non guardo più la Tv perché c'è sempre di mezzo Berlusconi”, e pareva Beppe Giulietti, e anzi stava un po' meravigliato, come quando uno va a pranzo dai parenti e trova un eccesso di portate, “ma perché vi siete voluti scomodare tanto?”. Che alla fine, quel 13,47 per cento di share (una roba da terza replica di Miss Italia) è stato gramo e insoddisfacente raccolto, che la fiducia sarà pure al 68 per cento, ma intanto pure le elettrici della libertà si erano tuffate su Canale 5 per buttare l'occhio su quel bisteccone di Gabriel Garko – perfetta e pettorale icona della battaglia allo straripamento berlusconiano – staccando ingrate l'orecchio dal meglio governativo da Cavour in poi.

    Ha detto che voleva vedere il Milan, il Cav., mica stare lì fino a notte fonda a ravanare tutto il ravanabile del notismo politico nostrano. Pareva una piazzetta di paese, a un certo punto: chiama Floris e detta alle agenzie, chiama Casini e fa pure lo spiritoso, il degasperino bolognese, racconta che lui il Milan se l'era gustato tutto, e giusto adesso buttava un'occhiata all'antico alleato. A un certo punto la faccenda s'è tanto aggrovigliata che il Cav. ha cominciato a parlare di “sessanta miliardi di lire che sono trenta miliardi di euro”, Bruno sosteneva che “sessanta miliardi di lire sono tre miliardi di euro”, il premier ribatteva “sessanta miliardi di euro sono trenta miliardi di lire”, un parapiglia che come Dio vuole a un certo punto ha avuto termine. E sempre, di colpo, qua e là, faceva capolino la Repubblica nei discorsi del Cav., e Vespa “vabbé vabbé”, e pur essendo condolente rispetto e certe situazioni, “io sono vittima ogni giorno di Repubblica”, cercava di stoppare e passare oltre, “non sono presenti quelli di Repubblica”, e quell'altro che insisteva meravigliato, “non sono presenti?, sono tutti i giorni in edicola”. Alla fine, hanno staccato tanto il Cav. quanto Garko. Adesso, con il Migliore, stia in campana Winston Churchill.