Il pil è il feticcio dei feticci, strumento cieco e fuorviante. Cambiamolo
Ora o mai più. Per Nicolas Sarkozy è ora, è il momento di modernizzare, potenziare, adeguare alla realtà strumenti e metodi con cui si è rilevata e misurata fino ad ora la ricchezza delle nazioni. Il presidente francese ha presentato l'altro ieri alla Sorbona le conclusioni della commissione da lui istituita nel 2008 e presieduta dall'americano Joseph Stiglitz premio Nobel per l'economia, a cui hanno partecipato tra gli altri Amartya Sen, anche lui premio Nobel, Jean-Paul Fitoussi, presidente dell'Osservatorio francese delle congiunture economiche ed Enrico Giovannini, uno dei più brillanti statistici italiani, appena nominato da Giulio Tremonti alla presidenza dell'Istat.
Ora o mai più. Per Nicolas Sarkozy è ora, è il momento di modernizzare, potenziare, adeguare alla realtà strumenti e metodi con cui si è rilevata e misurata fino ad ora la ricchezza delle nazioni. Il presidente francese ha presentato l'altro ieri alla Sorbona le conclusioni della commissione da lui istituita nel 2008 e presieduta dall'americano Joseph Stiglitz premio Nobel per l'economia, a cui hanno partecipato tra gli altri Amartya Sen, anche lui premio Nobel, Jean-Paul Fitoussi, presidente dell'Osservatorio francese delle congiunture economiche ed Enrico Giovannini, uno dei più brillanti statistici italiani, appena nominato da Giulio Tremonti alla presidenza dell'Istat. I saggi vogliono cancellare l'impressione largamente diffusa che la statistica sia una scienza astrusa, se non truffaldina come recita il famoso cliché dei due polli. Chiedono dunque a governi e a istituzioni internazionali di smetterla di adorare il vitello d'oro, di abbandonare il feticismo dei numeri e fra questi il pil, il prodotto interno lordo, da cinquant'anni tallone degli indicatori economici e chiave di volta di tutte le politiche governative: il feticcio fra i feticci è ormai strumento cieco e fuorviante, inadatto a indicare la ricchezza di un paese e il benessere di un popolo.
Al suo posto propongono che venga adottato un nuovo indicatore centrale il pnn, Prodotto nazionale netto, nel cui calcolo dovrebbero rientrare non solo la produzione e lo scambio di merci e di pagamenti, ma anche categorie di difficile misurazione come la qualità della vita e dell'assistenza sanitaria, la bontà della formazione e dell'istruzione dagli asili nido alle università, la protezione e la difesa dell'ambiente. Reddito e consumi dovrebbero essere scomposti per tipologia familiare, la pura media aritmetica tra quanto e come spende un single e una famiglia con figli sarebbe un'aberrazione protrattasi nel tempo solo per pura pigrizia intellettuale. Lo stesso si può dire della valutazione del capitale che dovrebbe andare oltre le macchine o il capitale finanziario e prendere in conto anche indicatori della creatività, della materia grigia, insomma della forza immateriale, ad esempio il numero di brevetti.
Molti obiettano che sono false novità, alcuni indicatori già esistono e se altri non esistono è semplicemente perché non è possibile misurarli. Si tratterebbe perciò di un'altra intemerata di un leader europeo, noto alle cronache per la sua diffidenza nei confronti del mercato in salsa anglo-americana e per avere passato questi ultimi mesi a cercare di mettere la mordacchia a bonus e benefit di banchieri e traders. In effetti a prima vista tutta questa vicenda potrebbe sembrare una inane battaglia fra acronimi, un voler spaccare il capello in quattro o per dirla in francese un periglioso esercizio di “enculage des mouches”. Non è così: abbattere il falso idolo è atto di igiene mentale e di liberazione materiale. Nelle quasi trecento pagine del rapporto abbondano esempi sull'inadeguatezza del pil. Se in un paese produttore di petrolio, dice Stiglitz, ci sono ogni giorno ingorghi nel traffico, il consumo di benzina schizza alle stelle e con lui il Pil: ma dove e come prendere in conto il decremento di ricchezza causato dall'inquinamento o dallo stress? L'idea di uno sviluppo sostenibile nel tempo, durevole e compatibile con l'ambiente è talmente diffusa da sembrare un cliché, Obama vuole farne l'asse di una nuova fase di sviluppo: ma è una politica non facile in sé che diventerebbe impossibile se i governi non si dotassero di nuovi, moderni strumenti di navigazione. Non può sfuggire a nessuno l'elementare verità che la crescita media del Pil non corrisponde affatto alla crescita reale del reddito medio: come spiega Jean-Paul Fitoussi in un'intervista al Monde, negli ultimi dieci anni il pil americano pro capite, cioè il reddito medio, è cresciuto del 9 per cento ma il reddito di quel 50 per cento della popolazione che ha di meno è in realtà ulteriormente diminuito del 4 per cento.
Per la percezione della gente c'è differenza eccome, per la politica di un governo pure. L'Insee, l'Istituto nazionale francese di statistica, metterà da subito in pratica i consigli di Stiglitz e soci. Ma la Francia da sola può poco e Sarkozy cercherà di fare opera di persuasione a Pittsburgh, al Fmi, all'Ocse. In Europa, dovrebbe poter contare almeno su Giulio Tremonti, da sempre sensibile all'argomento. Sull'Italia che da nuovi indicatori più aderenti alla realtà avrebbe non poco da guadagnare.
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