La Merkel e i liberali vincono le elezioni tedesche

Il più corteggiato del reame

Andrea Affaticati

Con la sinistra mai. Guido Westerwelle, capo del Partito liberale tedesco (Fdp), ha le idee chiare: dice che l'unica opzione è un governo con Angela Merkel, cancelliera cristianodemocratica riconfermata dal voto di domenica, altre variopinte coalizioni non sono contemplate. Westerwelle ha già un piano, al Foglio spiega i primi tre progetti che porterà avanti, nel caso il colpaccio con l'Unione (Cdu-Csu) vada a segno.

    Con la sinistra mai. Guido Westerwelle, capo del Partito liberale tedesco (Fdp), ha le idee chiare: dice che l'unica opzione è un governo con Angela Merkel, cancelliera cristianodemocratica riconfermata dal voto di domenica, altre variopinte coalizioni non sono contemplate. Westerwelle ha già un piano, al Foglio spiega i primi tre progetti che porterà avanti, nel caso il colpaccio con l'Unione (Cdu-Csu) vada a segno: “Alzare a ottomila euro la soglia del reddito individuale esentasse. Aumentare gli investimenti per l'istruzione e la ricerca al dieci per cento del pil: oggi la Germania ne investe giusto il tre per cento. Smantellare le testate nucleari residue nel paese”.

    L'Fdp non è mai stata tanto corteggiata come quest'anno, dopo che il risultato alle Europee ha segnato un balzo per i liberali. Anche la stampa di area progressista si è messa a fare il tifo per Westerwelle: il settimanale di Zeit così come il Tagesspiegel di Berlino gli hanno dedicato ritratti ed editoriali che tradiscono un'evidente simpatia. Westerwelle, che ha dichiarato pubblicamente la sua omosessualità, è uno dei pochi politici tedeschi rimasti con una spiccata dote oratoria, come ha dimostrato venerdì scorso al comizio sul Breitscheidplatz a Berlino, la piazza in cui si ergono, a monito perpetuo degli orrori della guerra, le rovine della chiesa dedicata all'Imperatore Guglielmo.In questo punto nevralgico della capitale tedesca, c'è un grande via vai di turisti: a due passi si trova il Tiergarten, con la sua popolazione multiculti (che, come in ogni suo comizio, si è presentata per contestarlo, e lui ha lasciato fare, interrompendo il suo discorso) e poco più in là il Ku'damm, la strada dello shopping. Westerwelle era combattivo e in gran forma. Un gelido neoliberista? Tutt'altro. “Com'è che la classe media risponde in solido, anche con la casetta ereditata dalla nonna, mentre il top manager dopo una lauta fuoriuscita può rifugiarsi a leccarsi le ferite sotto il caldo sole di Palma di Maiorca?”, ha arringato i presenti. Westerwelle non è il difensore dei ricchi, ma del ceto medio, quello che dalla crisi rischia di uscire peggio, perché non ha ricevuto gli aiuti statali, perché da sempre deve lottare con un eccessivo fardello fiscale. “Deve pur esserci una differenza tra chi ogni mattina si alza e va a lavorare e chi invece decide di stare a letto”. Tradotto: bisogna lasciare più soldi  ai lavoratori, se no perché mai andare a lavorare, visto che con il sussidio si finisce per avere in tasca più o meno gli stessi soldi?

    La maledizione dei liberali è che, in fase di speculazione elettorale, sono sempre i più ricercati – anche Gerhard Schröder, ex cancelliere socialdemocratico, aprì a un'eventuale coalizione con loro – e poi finiscono ai margini del potere. Ma quest'anno è diverso, dicono, anche se pure questa è una dichiarazione già sentita. Vero è che Westerwelle ha fatto una campagna aggressiva, giocando in prima persona e mostrando tutta la sua dimestichezza in fatto di economia e società. I sondaggi danno i liberali abbastanza stabili: oscillano tra il 13 e il 14 per cento. Ma questo punto può fare la differenza. L'Unione è ferma al 36 per cento, mentre l'Spd di Frank-Walter Steinmeier sta lentamente rimontando: per scongiurare la coalizione nero-gialla (Unione-Fdp) i socialdemocratici dovrebbero arrivare al 28 per cento, e per ora mancano tre punti. Comunque sia, in modo ambizioso e per nulla scaramantico, la festa del 27 settembre è stata spostata dalla sede del partito (che contiene soltanto mille persone) al più capiente Römischer Hof sul viale Unter den Linden.

    I liberali non stanno a fare troppi conti e confermano fedeltà assoluta a Merkel. Una fedeltà non sempre ripagata lealmente, mugugna qualcuno. Il fatto che la cancelliera abbia continuato a ripetere di usare entrambi i voti (quello per il mandato diretto e quello per il proporzionale) per la Cdu non è stato molto gradito. Ma i dati sono rassicuranti. I liberali pescano nell'elettorato della Cdu deluso dalla Kanzlerin così come in quello dell'Spd. “La cacciata dalla Cdu di Friedrich Merz, l'ex stratega finanziario del partito – spiega al Foglio Helmut Metzner, responsabile della campagna elettorale liberale – e di Wolfgang Clement, l'ex ministro dell'Economia dell'Spd, espulso dal partito per aver difeso gli imprenditori e attaccato i compagni, ha irritato non poche persone di questi due partiti che sono attente alle regole dell'economia di mercato”.

    Un'altra ragione dell'ottimismo dei liberali è il fatto che tre quarti del paese è già governato dalla Cdu o da coalizioni con l'Fdp. Westerwelle piace, dicono i suoi, perché è l'unico tra i politici che non nasconde le sue intenzioni: meno tasse, no a una supertassa sui redditi più cospicui, no a un innalzamento della tassa di successione, sì a un prolungamento del funzionamento delle centrali nucleari. Gliene dà atto pure il socialdemocratico Sigmar Gabriel, attuale ministro dell'Ambiente, anche se solo per agitare lo spettro di una coalizione neoliberista. Westerwelle lo ripaga della cortesia: “Gabriel ci attacca perché vogliamo le centrali nucleari come ponte, finché non avremo sviluppato nuove tecnologie pulite. Ma di lui, in questi quattro anni, che resta a conti fatti? L'adozione dell'orsacchiotto Knut. Che quando era piccolo si prestava anche a belle foto, ora un po' meno, non fosse per l'incolumità del ministro”. L'Spd dipinge i liberali come una lobby di predatori senza cuore, ma la mossa rischia di non essere furba: i tedeschi non amano la demonizzazione.

    Ci sono però due problemi che i liberali ancora non hanno affrontato. Se i voti per governare soltanto con l'Unione non bastassero, dovrebbero prendere in considerazione altre ipotesi. Ma loro non ne vogliono sapere di coalizioni a tre. Westerwelle l'ha ripetuto anche domenica al congresso straordinario del partito, escludendo sia Spd sia Verdi, che “sono diventati sempre più ideologici e senza contenuto”, afferma Metzner. Eppure c'è chi sostiene che i liberali abbiano più in comune con il candidato dei Verdi Jürgen Trittin, il più vicino al “Joschka Fischer pensiero”, che con il capo bavarese della Csu, Horst Seehofer. “Già, ma Seehofer sta combattendo più che altro per la sua sopravvivenza”, dice Metzner. A incalzarlo c'è il ministro dell'Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg, la star del momento e probabilmente l'erede di Seehofer. “La Cdu ha bisogno di Guttenberg per rappacificarsi con una parte del suo elettorato orfano del liberista Merz, mentre Guttenberg ha bisogno dell'Fdp per tornare ad aggiustare il tiro nella politica economica dell'Unione”, conclude Metzner. Non a caso, la Cdu ha messo Guttenberg anche sui suoi manifesti elettorali, cosa abbastanza singolare visto che Guttenberg è della Csu.

    In caso di vittoria, l'Fdp ha un altro problema. Quale ruolo chiedere per Westerwelle? Lui, immaginando di calcare le orme dell'ex ministro liberale Hans-Dietrich Genscher, che sotto Helmut Kohl ebbe un ruolo di spicco, dice  di voler andare agli Esteri. Ma sarebbe un peccato mortale, ha scritto il Tagesspiegel: “Westerwelle non può assumere la guida di questo dicastero se vuole svolgere un ruolo propulsivo per le riforme”. Sarebbe un peccato mortale perché le visioni di Westerwelle non si limitano solo alle tasse, ma alla società nel suo insieme, al paese in prospettiva. Ne ha dato prova in un recente dibattito: “Vincere la competizione nel sistema dell'istruzione è ancora più importante che vincere quello per il sistema fiscale”. Nei Länder in cui l'Fdp è al governo ha già dimostrato di saper uscire dagli stretti steccati economici. E anche dal palco di Berlino Westerwelle è tornato sull'istruzione. C'è bisogno di una riforma che renda le scuole più competitive. Che è garanzia contro il disagio sociale ma evita anche di ritrovarsi i terroristi in casa. Ci vogliono regole di integrazione, a cominciare dalla conoscenza della lingua, non indagini a tappeto online. Westerwelle dovrebbe ambire – sempre secondo il quotidiano berlinese – a una carica più incisiva, magari all'Interno, vicecancelliere, vicecancelliere delle idee.

    Il polso per farlo ce l'ha. Lo sa anche Merkel, che forse proprio per questo ha centellinato le sue dichiarazioni a favore di una coalizione con i liberali. Se si ritroverà a governare con Westerwelle, dovrà anche lei cambiare il passo, come si augurava anche l'Economist. “Se dalle urne uscirà veramente una coalizione tra Unione e liberali, allora sì che sarà interessante vedere quello che succede – spiega al Foglio l'economista Henrik Enderlein – Merkel avrebbe due possibilità. La prima è di adeguarsi al nuovo partner e al nuovo corso, diventando una lady di ferro, la seconda è andare allo scontro con i liberali, in primo luogo con Westerwelle”. C'è anche un altro problema. Che cosa succederà se per la terza volta l'Fdp dovesse non farcela? Cosa ne sarà di Westerwelle? “La gratitudine non è una categoria politica”, fa notare Metzner. Ma oggi la sconfitta non è contemplata, per Guido si prepara soltanto la festa.