Amata prostata

Annalena Benini

E' diventata argomento da salotto e fra poco si potrà utilizzare nei convenevoli con ultracinquantenni: tutto bene a casa? e la prostata? La prostata di Antonio Di Pietro ieri era salva, per fortuna, e subito dopo aver dato la notizia del tumore benigno, Di Pietro ha aggiunto: “Ho già fatto la prova del nove”, insomma la virilità è intatta e il mondo può esultare (Di Pietro si è poi fatto fotografare con coppola, sigaro in bocca e aria molto maschia, dev'essere l'allegria da scampato pericolo).

    E' diventata argomento da salotto e fra poco si potrà utilizzare nei convenevoli con ultracinquantenni: tutto bene a casa? e la prostata? La prostata di Antonio Di Pietro ieri era salva, per fortuna, e subito dopo aver dato la notizia (ad Aldo Cazzullo, sul Corriere) del tumore benigno, Di Pietro ha aggiunto: “Ho già fatto la prova del nove”, insomma la virilità è intatta e il mondo può esultare (Di Pietro si è poi fatto fotografare con coppola, sigaro in bocca e aria molto maschia, dev'essere l'allegria da scampato pericolo). La prostata o l'assenza di prostata del Cav. è da anni oggetto di studi filosofici e di spy story, editoriali, inchieste, querele, risatine, incredulità su note vicende notturne. Ci sono prostate di governo e prostate di opposizione, ma sono tutte unite e solidali perché la prostata annulla le inimicizie: in un'intervista di qualche anno fa uno stretto collaboratore dell'allora premier Romano Prodi, Angelo Rovati,  dichiarò: “L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro e sulla prostata”, cioè su quelli che si devono controllare il Psa ogni anno.

    E' un paese per vecchi, è il paese della prostata e del terrore, senza colore politico, che si pensi che l'operazione è andata bene, la vita è salva ma qualcos'altro no  (Giampiero Mughini invece scrisse sinceramente: “Senza prostata non sono più un uomo ma sono vivo”). E' il posto dove anche il più appassionato dei moralizzatori non può sopportare l'idea, a sessant'anni, che si sospetti che non faccia più l'amore. La faccenda è serissima, non si scherza sulle malattie, ma quel particolare in più, la virilità, la capacità perduta o salvata di potere amare ancora le donne, trasforma tutto non in un coraggioso racconto di cancro scoperto e sconfitto e in un appello alla prevenzione, ma in un romanzo di Philip Roth: “L'afflusso di ormoni andava esaurendosi, e la prostata ingrossava, e forse non gli restavano che pochi anni di potenza relativamente affidabile, e forse ancor meno di vita” (da “Il teatro di Sabbath”).

    Roth ha creato un filone letterario sulla prostata, ha descritto l'animale morente, ha nobilitato le discussioni maschili sugli effetti dell'operazione, ha descritto la paura assoluta degli uomini di mezz'età, l'ossessione e la depressione. In nome della prostata si possono raccontare al mondo e proprie vicende intime, anzi ci si sente in dovere di rassicurare amici e nemici sulla prova del nove.
    Un paese fondato sulla prostata non significa solo gerontocrazia, significa anche ansia mostruosa, crocicchi nei bagni in Parlamento per aggiornarsi sui consigli dei medici, racconti sconsolati e racconti esaltati, consigli su certi rimedi temporanei ma miracolosi, pacche sulle spalle e umana, maschile comprensione in caso di virilità perduta. Potrebbero quindi, tutti, superare gli odi ideologici e favorire le larghe intese: ricominciare serenamente dalla tutela della prostata (risparmiandoci almeno i particolari).

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.