Ognuno ha il suo Santoro
Ognuno ha il suo Michele Santoro, mica è solo il Cav. a dover portare la croce. Barack Obama, per esempio, ne ha addirittura due. Uno è il regista provocateur Michael Moore, l'altro è il letterato radical chic Gore Vidal. Il primo, Moore, è pronto a girare un film contro la “guerra di Obama” e ha già minacciato i deputati del Partito democratico di organizzare una campagna per cacciarli dal Congresso se non voteranno la riforma sanitaria.
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Ognuno ha il suo Michele Santoro, mica è solo il Cav. a dover portare la croce. Barack Obama, per esempio, ne ha addirittura due. Uno è il regista provocateur Michael Moore, l'altro è il letterato radical chic Gore Vidal. Il primo, Moore, è pronto a girare un film contro la “guerra di Obama” e ha già minacciato i deputati del Partito democratico di organizzare una campagna per cacciarli dal Congresso se non voteranno la riforma sanitaria. Il secondo, Vidal, ha detto al Times di Londra che Obama è “terribile”, che l'America “diventerà presto una dittatura militare” e di essersi pentito di aver scelto uno così “inesperto” come l'attuale presidente.
Moore e Vidal in realtà sono i Santoro non solo di Obama, ma di qualsiasi presidente americano, e come Santoro è molto probabile che ogni volta non facciano altro che assicurare la loro rielezione. Era successo con George W. Bush, capiterà anche a Obama se Moore dovesse passare dalle parole alla pellicola. Ai tempi di Bush, più Moore le sparava grosse – al cinema, alla premiazione degli Oscar o in televisione – più le persone normali si spaventavano e pensavano bene di schierarsi con chi riceveva i suoi attacchi. Quando, nel 2004, Moore si è seduto in prima fila alla convention del candidato democratico John Kerry, accanto a un altro personaggio radioattivo come l'ex presidente Jimmy Carter (l'Oscar Luigi Scalfaro d'America), si è subito capito che Kerry era spacciato.
“Io e molte altre persone abbiamo ogni intenzione di cacciarvi dal Congresso alle prossime elezioni se vi metterete in mezzo alla legge sulla sanità che vuole la gente”, ha detto un Moore che, come Santoro, pensa di conoscere il parere della “gente” più di quelli che la medesima “gente” ha scelto come rappresentanti. “Pensate che non faremo niente soltanto perché siete del Partito democratico? Pensate male – ha detto Moore – Troveremo qualche repubblicano sufficientemente intelligente da capire che la maggioranza degli americani vuole la sanità universale”. Il problema di Moore è che nemmeno Obama propone la sanità universale, né ora che è presidente né quando chiedeva i voti. Ora Obama è addirittura pronto a rinunciare alla già bocciata “alternativa pubblica”, ovvero l'assicurazione sanitaria pagata dallo stato a chi non se ne può permettere una privata e che per i sostenitori del modello sociale di sistema sanitario costituiva l'ultima trincea.
La guerra in Afghanistan, ha detto Moore, ormai non è più di Bush, ma di Obama, e tra i due su questo punto cruciale non c'è molta differenza: “Da qui a un anno, il prossimo film potrebbe essere su di lui”, ha annunciato Moore. E non ci sono solo l'Afghanistan e la mediazione sulla sanità a tormentare il regista di “Fahrenheit 9/11” e “Capitalismo”, ma anche la politica finanziaria e filo bancaria della Casa Bianca: “Le volpi sono state messe a guardia del pollaio”, ha detto Moore a proposito del team economico assemblato dal presidente. “Nutrivo speranze in Obama – ha detto al Times lo scrittore Gore Vidal – era la persona più intelligente che da tempo ha occupato quel posto, ma si sta comportando in modo terribile. E' inesperto ed è totalmente incapace di capire le questioni militari”. Obama si consideri però fortunato: almeno Vidal non gli dà di “nazista” e “fascista” come ai conservatori.
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