Fini non trama

Salvatore Merlo

“Governa chi vince le elezioni”, altre soluzioni non esistono. Gianfranco Fini lo aveva già detto, mesi fa, in una lunga intervista a El Mundo proprio quando in Italia si era cominciato a parlare di complotti ai danni di Silvio Berlusconi. Ieri, il presidente della Camera lo ha ripetuto, persino con maggiore chiarezza. Lo ha ribadito affinché il messaggio arrivasse forte alla corte e ai quotidiani vicini al premier.

    “Governa chi vince le elezioni”, altre soluzioni non esistono. Gianfranco Fini lo aveva già detto, mesi fa, in una lunga intervista a El Mundo proprio quando in Italia si era cominciato a parlare di complotti ai danni di Silvio Berlusconi. Ieri, il presidente della Camera lo ha ripetuto, persino con maggiore chiarezza. Lo ha ribadito affinché il messaggio arrivasse forte alla corte e ai quotidiani vicini al premier. L'ipotesi di un governo tecnico che possa sostituire in corsa la leadership del Cav., ha spiegato Fini, smentirebbe la Costituzione materiale: “Nel nostro sistema – ha detto – la maggioranza è quella che esce dalle urne. Non a caso gli elettori che hanno votato nelle ultime politiche hanno trovato sulla scheda il nome del candidato premier”. Nessuna convergenza, nessun Cln antiberlusconiano  con l'appoggio di Pier Ferdinando Casini, Massimo D'Alema, Luca Cordero di Montezemolo e Francesco Rutelli. “Sono scenari che piacciono a chi vuol giocare al ‘piccolo chimico'”, celia il direttore scientifico della fondazione finiana FareFuturo, Alessandro Campi. E il vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, puntualizza: “Nessuno più di Fini ha interesse che questo governo arrivi alla scadenza naturale della legislatura. Non ci si riuscisse, Berlusconi dovrà accontentarsi di andare a elezioni anticipate”. Il Cav. ieri ha negato l'ipotesi, ma ha lanciato il ballon d'essai e il presidente della Camera gli ha fatto sapere che non lo ostacolerebbe.

    Domani Fini parteciperà all'inaugurazione della fondazione di Montezemolo, ItaliaFutura. Un incontro che sembra fatto apposta, nel giorno successivo all'attesa sentenza della Consulta sul lodo Alfano, per nutrire i retroscena. “Una cosa è cercare di interloquire con culture diverse, persino teorizzando un'ouverture a sinistra, un'altra è l'idea folle di organizzare una cospirazione”, dice Campi. L'incontro è in agenda da sei mesi. E poi cospirare per fare cosa? Gettare a mare il Pdl, governare senza il favore degli elettori con una maggioranza risicata? E' ridicolo. Meglio le elezioni anticipate. Un ribaltone farebbe precipitare il paese indietro di quindici anni e sarebbe sanzionato molto negativamente dalla gente. Piuttosto, la verità è che il centrodestra si fa del male da solo. Dovrebbe liberarsi di questa aria cupa, recuperare il sorriso e rispondere agli attacchi governando il paese”. Una via d'uscita che ieri ha indicato lo stesso Fini: le riforme, cioè il superamento del bicameralismo perfetto e il federalismo istituzionale. “Mi auguro che questa legislatura dia corso a tali interventi di non scarso spessore”, ha detto il cofondatore del Pdl.

    Silvio Berlusconi ha definito “un'enormità giudiziaria al di là del bene e del male” le motivazioni della sentenza con la quale il tribunale civile ha condannato la Fininvest a risarcire la Cir di Carlo De Benedetti con 750 milioni di euro. Nel dispositivo di condanna si legge che il premier “non è stato prosciolto nel merito” dalla Corte d'Appello di Milano nella causa penale sul lodo Mondadori, perché “non vi era l'evidenza dell'innocenza dell'imputato”. I capigruppo del Pdl hanno reagito con una dura nota comune: “La tempistica e i contenuti di una sentenza che a vent'anni dai fatti arriva con sospetta puntualità, rafforzano l'opinione di quanti, come noi, pensano che vi sia chi sta tentando, con mezzi impropri, di contrastare la volontà democratica del popolo italiano”. Umberto Bossi ha chiamato in causa la criminalità organizzata: “Gli attacchi al premier sono un problema di mafia. Abbiamo fatto leggi pesantissime contro la mafia, il rischio era che se la pigliassero con Berlusconi”. Il Giornale di Vittorio Feltri, riferendosi alla sentenza sul lodo Mondadori, ieri titolava: “Questo è un golpe”. Così la reazione del Pdl si concentra ancora sull'ipotesi, avanzata domenica da Fabrizio Cicchitto, di rispondere con una manifestazione di piazza. Idea muscolare che tuttavia non piace a Bossi (“allora meglio le elezioni subito”) né, forse, a Gianfranco Fini.

    “E' preoccupante che si parli di ‘golpe' e si teorizzi il ricorso alla piazza. Alle manifestazioni ci va la minoranza, non una coalizione forte che detiene una maggioranza assoluta in Parlamento”, dice il politologo finiano Alessandro Campi. “Sembra diffondersi una sindrome di sfiducia che, accompagnandosi a un clima di sospetti diffusi non solo contro Fini ma persino contro Giulio Tremonti e Gianni Letta, costringe il centrodestra a giocare in difesa. Si è persa la capacità di sorridere e di dissacrare gli attacchi che vengono dall'esterno. Neanche fossero una novità: è dal 1994 che si tenta di fare fuori Berlusconi attraverso le aule di giustizia o con sistemi extrapolitici. Non è cambiato niente, se non nell'atteggiamento del centrodestra che si è fatto difensivo e poco lucido. Ho come l'impressione che ci si preoccupi più del necessario e che si sia accettato il linguaggio proprio dell'antiberlusconismo forcaiolo, con effetti perniciosi. Non si dovrebbe scendere sul terreno della sinistra dipietrista, ovvero puntare sulla criminalizzazione descrivendo in modo cupo la vicenda politica, come fosse davvero avvolta da un velo di mistero. E' uno stato mentale che va capovolto: il Pdl è al governo? Allora non stia nell'angolo, ma rilanci con energia l'azione politica”.

    Italo Bocchino, che sempre di più rappresenta il ponte diplomatico e politico tra il presidente della Camera e la corte berlusconiana, conferma che questa deve essere la linea della maggioranza. “Andiamo avanti con il programma di governo. Il centrodestra ha già fatto moltissimo e farà ancora moltissimo”. Quanto alla psicosi da complotto che affligge parte del Pdl e persino la Lega (ieri Roberto Calderoli sul Corsera ha fatto allusioni intorno a una quinta colonna dei poteri forti nel governo, alludendo a Gianni Letta), il vicecapogruppo del Pdl alla Camera dice che se l'oggetto dei sospetti fosse Gianfranco Fini “tutti possono stare certi della sua assoluta lealtà”. “Domani incontra Montezemolo? E' il presidente della Camera ed è del tutto normale che partecipi all'inaugurazione di una nuova fondazione”, aggiunge Bocchino. Tanto più che Fini ha recentemente elogiato il ruolo delle fondazioni che, “producendo e veicolando idee” in questa fase politica suppliscono alla debolezza dei partiti “trasformati in comitati elettorali”. Bocchino precisa anche un aspetto non secondario dal punto di vista del galateo istituzionale: “Montezemolo ha smentito di voler scendere in politica” ed “è l'ex presidente di Confindustria. Tutto il resto sono sciocchezze”. Ma il clima è pesante. I berlusconiani sono in attesa. Tra stasera e domani si conoscerà il pronunciamento della Consulta sulle immunità, mentre contemporaneamente la Corte d'Assise di Milano vaglierà la richiesta di sospensione della sentenza civile su Mondadori. “Non c'è dubbio che la rigetteranno”, dicono dal fortilizio del Cav. E il lodo Alfano? “In bilico”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.