Corte fatale

La Consulta boccia il lodo Alfano e apre una crisi di sistema

Salvatore Merlo

I rapporti tra le istituzioni vengono scossi dall'inattesa bocciatura del lodo Alfano da parte della Consulta e dai rimbrotti esasperati rivolti da Silvio Berlusconi al Quirinale. Ma adesso che succede? Umberto Bossi, minaccioso, aveva annusato l'aria già nel pomeriggio (“siamo pronti a trascinare il popolo”), quando un messaggio sms aveva preso a girare tra i deputati di Montecitorio: “Aria di ribaltone alla Consulta”.

    I rapporti tra le istituzioni vengono scossi dall'inattesa bocciatura del lodo Alfano da parte della Consulta e dai rimbrotti esasperati rivolti da Silvio Berlusconi al Quirinale. Ma adesso che succede?
    Umberto Bossi, minaccioso, aveva annusato l'aria già nel pomeriggio (“siamo pronti a trascinare il popolo”), quando un messaggio sms aveva preso a girare tra i deputati di Montecitorio: “Aria di ribaltone alla Consulta”. Silvio Berlusconi, convocata una lunga riunione a Palazzo Grazioli, ha subito messo in chiaro davanti ai suoi e agli alleati della Lega che “il governo va avanti”. L'ipotesi di elezioni anticipate è stata sin dall'inizio un ballon d'essai che il Cav. ha utilizzato, con successo, per stringere a sé Bossi e Gianfranco Fini. La crisi di governo non è una opzione. Ma il clima è tesissimo, nemmeno lievemente temperato dall'assoluzione di Gianni de Gennaro per i fatti del G8 di Genova. Il premier, contrariato, ha attaccato la Corte e il Quirinale: “Abbiamo una minoranza di magistrati rossi organizzatissima che usa la giustizia a fini di lotta politica. Il 72 per cento della stampa è di sinistra. Gli spettacoli di approfondimento della televisione pubblica sono di sinistra e ci prendono in giro anche con gli spettacoli comici”. Poi: “Il capo dello stato sapete voi da che parte sta”. Napolitano ha replicato: “Il presidente sta dalla parte della Costituzione” e Berlusconi ha commentato livido: “Le sue parole non mi interessano. Mi sento preso in giro”. Eccesso di legittima delusione.

    La Consulta ha cancellato la norma sulle immunità invocando gli articoli 3 e 138 della Costituzione stabilendo che il lodo Alfano sarebbe dovuto essere stato approvato attraverso con legge costituzionale anziché ordinaria. Una sentenza contestata dagli avvocati del premier (“hanno rovesciato le loro stesse indicazioni”) ma soprattutto una motivazione che imbarazza la presidenza della Repubblica. Giorgio Napolitano aveva firmato il testo sulla sospensione dei processi giudicando che il nuovo lodo avesse recepito le indicazioni di massima espresse dalla Corte nella sentenza di respingimento del vecchio lodo Schifani. Fonti del Quirinale confermano: quando Napolitano ha firmato “si era rilevato che la sentenza non aveva sancito che la norma doveva essere adottata con legge costituzionale”. L'effetto immediato per Berlusconi, dal punto di vista giudiziario, è la riapertura dei processi Mills e Mediaset-diritti tv. Ma a preoccupare il premier non sono soltanto i processi già in corso, quanto l'eventualità che altri procedimenti possano essere ora aperti innescando un “effetto destabilizzante”. Il processo Mills è probabilmente destinato a cadere in prescrizione poiché il collegio giudicante ha già condannato l'avvocato inglese David Mills rendendosi “tecnicamente incompatibile” nel giudizio nei confronti del premier.

    Quali le conseguenze politiche? Al netto delle richieste di sinistra radicale e dell'Idv (“dimissioni”), la posizione del Pd è attendista. “Ora Berlusconi continui il suo mestiere e si rimetta alla sentenza”, ha detto in tono evasivo Pier Lugi Bersani. I democratici non hanno fretta, vogliono vedere che succede e comunque, per una eventuale spallata, aspettano l'esito del loro combattuto congresso. Anche l'Udc rimane in attesa: “La sentenza non è un giudizio universale. Il governo deve continuare a fare il suo lavoro”, ha detto Casini. Sembra mancare un'alternativa, le convergenze tra il grande centro e il centrosinistra paiono evaporate. Ma chissà. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nei giorni scorsi al centro di sospetti da parte del Pdl, ieri si è rivolto a Luca Cordero di Montezemolo dissolvendo i retroscena maliziosi: “Non ho in mente né di fare grandi coalizioni, né un partito con Letta e Montezemolo”.

    Il fidato Andrea Ronchi, a lodo bocciato, ha aggiunto
    : “Siamo legittimati dagli elettori. Dobbiamo concentrarci sull'azione di governo”. Ma Fini è preoccupato e ha manifestato, in privato, fastidio per gli attacchi a Napolitano e ai giudici. Il cofondatore del Pdl vuole una reazione imperniata su un rapido rilancio delle riforme. Quelle che anche Bossi ha rivendicato: “Se salta il federalismo è la guerra”. E i berlusconiani? L'ipotesi di approvare una legge costituzionale, come richiede la Consulta, è stata già scartata dal Guardasigilli Alfano. Al momento in cui questo giornale va in stampa è in corso un direttivo del Pdl: “Non c'è ancora un piano definito. Stiamo discutendo, è domani il giorno delle decisioni”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.