Tregua dopo la sentenza
Il Guardasigilli, Angelino Alfano, al termine di un incontro con Silvio Berlusconi, descrive al Foglio l'indirizzo politico del governo dopo la bocciatura della legge sulle immunità. La maggioranza non intende presentare un altro lodo. Ma aprirà un dibattito sulla reintroduzione dell'art. 68 sull'immunità parlamentare e si impegnerà per avviare una riforma costituzionale della Giustizia.
Il Guardasigilli, Angelino Alfano, al termine di un incontro con Silvio Berlusconi, descrive al Foglio l'indirizzo politico del governo dopo la bocciatura della legge sulle immunità. La maggioranza non intende presentare un altro lodo. Ma aprirà un dibattito sulla reintroduzione dell'art. 68 sull'immunità parlamentare e si impegnerà per avviare una riforma costituzionale della Giustizia.
“Il costituente disegnò perimetri distinti e autonomi per la magistratura rispetto al potere politico – dice Alfano – Pensò a una protezione dei parlamentari che fosse da bilanciamento tra poteri, prevedendo argini che scongiurassero invasioni di campo. Nel '93 il meccanismo è saltato e da quel momento la storia ci dimostra che il rapporto tra politica e magistratura non si è più riassestato: con epiloghi che sul piano politico hanno prodotto frequenti e traumatiche interruzioni di legislatura. La magistratura ha sempre oscillato su un pendolo tra consenso popolare e sfiducia collettiva, a seconda dei periodi. Ecco perché su questa materia occorre una riflessione non demagogica che veda coprotagonista il Pd. Qualche voce in tal senso sembra levarsi (Enzo Bianco) ma nel Pd serve un leader col quale dialogare, aspettiamo il congresso”. Il governo seguirà le indicazioni della Consulta? Presenterete un altro lodo? “Abbiamo seguito, nel preparare la legge bocciata, la strada che ci sembrava palesemente indicare la sentenza della Corte sul lodo Schifani del 2004. Abbiamo seguito l'indicazione allora, ma non abbiamo alcuna intenzione di ‘inseguire' adesso. La sentenza ha vanificato il senso di una scelta che aveva una finalità nobile e chiara: evitare che l'infinita querelle in materia di giustizia potesse affliggere la politica italiana come già successo nelle ultime cinque legislature”.
C'è chi sostiene che il governo possa intervenire con un decreto. “No. Cammineremo invece sul percorso delle riforme, con testi già depositati in Parlamento: processo penale e intercettazioni. Vareremo anche il piano carceri seguendo il modello Berlusconi all'Aquila. Non solo. Chiederò subito un incontro al premier, ai leader della coalizione e ai nostri tecnici per mettere a punto la riforma costituzionale. Dobbiamo portare a compimento ciò che il centrodestra sostiene sin dal 1994”. Ovvero? “Lavoreremo sulla parità tra accusa e difesa e sulla separazione degli ordini. Una revisione organica, che parta dal principio del giusto processo, non può che trovare collocazione naturale nella Carta”.
Gianfranco Fini auspica un complessivo rilancio delle riforme, in particolare il federalismo. “Sono interventi che fanno parte del programma. La riforma della giustizia è uno dei principali. Sarà uno di quelli per i quali saremo giudicati”. Fini ha incontrato Napolitano e ha stigmatizzato gli attacchi alla Corte e al Quirinale. “Il ruolo che sta svolgendo Fini è collegato alla sua funzione istituzionale. Ma Fini ha svolto e sta svolgendo un ruolo decisivo nella costruzione del Pdl”. Nessuno screzio con il Cav? “Squadra che vince non si cambia. Fini e Berlusconi vincono e lo fanno insieme”. E con Napolitano?
“Ci sono stati 16 mesi di proficuo lavoro e, se devo fare un pronostico, dico che continuerà a essere così”.
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