Concia, furiosa, difende la sua legge dagli equivoci sulla libertà d'opinione

Marianna Rizzini

L'onorevole pd Paola Concia, relatrice della legge sull'omofobia bocciata ieri alla Camera per “incostituzionalità”, è arrabbiata, sarcasticamente molto arrabbiata. Arrabbiata con la maggioranza, rea di aver “detto bugie”: “Diciamo che ieri, grazie a Pier Ferdinando Casini, il Pdl si è rivelato in tutto il suo splendore. Ha votato contro la costituzionalità di un testo precedentemente approvato e portato in Aula. Dopodiché io personalmente avrei votato a favore di un ritorno in commissione, ma il Pdl ha votato contro”.

Leggi Ecco le ragioni di chi ha voluto bocciare la legge sull'omofobia

    L'onorevole pd Paola Concia, relatrice della legge sull'omofobia bocciata ieri alla Camera per “incostituzionalità”, è arrabbiata, sarcasticamente molto arrabbiata. Arrabbiata con la maggioranza, rea di aver “detto bugie”: “Diciamo che ieri, grazie a Pier Ferdinando Casini, il Pdl si è rivelato in tutto il suo splendore. Ha votato contro la costituzionalità di un testo precedentemente approvato e portato in Aula. Dopodiché io personalmente avrei votato a favore di un ritorno in commissione, ma il Pdl ha votato contro”.

    Dal sacco delle critiche escono però parole aspre anche per il Pd, almeno a giudicare dalla frase pronunciata a caldo dalla relatrice sconfitta: “Senza avvertirmi il mio gruppo ha cambiato idea e ha votato contro la possibilità di tenere in vita questa legge con un suo ritorno in commissione” (Concia invece si è astenuta). Più tardi, al telefono con il Foglio, placata l'ira implacabile del primo momento, l'onorevole spiega che lei si è astenuta, sì, e il Pd ha votato contro il rinvio, “ma perché non era stata data assicurazione sui tempi”. Poi aggiunge un amarissimo: “Certo, io avrei fatto una battaglia diversa”.

    Ma le parole più furibonde sono per i detrattori dell'altroieri, e cioè per i deputati pdl – capitanati da Alfredo Mantovano – che avevano presentato un testo di disapprovazione per la “legge Concia”, testo in cui si esprimeva l'obiezione definita ieri da Concia “ridicola”. L'obiezione era questa: l'introduzione nel Codice penale di una circostanza aggravante inerente all'orientamento o alla discriminazione sessuale “nei delitti non colposi” non solo contro la vita, l'incolumità individuale e la libertà personale ma anche contro “la libertà morale” disegnava, secondo i suddetti detrattori, una possibile compressione della libertà di espressione. Paola Concia ripete: “Obiezione ridicola” e dice che il fatto che si parli di “delitti non colposi contro la persona” rende già evidente la non sussistenza di rischi per la libertà di opinione: “Sventolano questa fesseria per compiacere le gerarchie ecclesiastiche”. L'amarezza si aggrava a voler scrutare il futuro: “Adesso la legge se la fanno da soli il ministro Carfagna e Italo Bocchino”, dice l'onorevole Concia, “faranno da soli una schifezza perché questo è quello che volevano fare: una legge scritta dalla sola maggioranza”.

    La situazione è, se possibile, ancora più trasversalmente complicata.
    Italo Bocchino, infatti, è anche uno dei nove deputati pdl (finiani) che ieri hanno votato contro la pregiudiziale di costituzionalità. Si asteneva invece Giulia Bongiorno, protagonista con Paola Concia di un tentativo di mediazione bipartisan – e con lei si astenevano altri nove esponenti della maggioranza. Mara Carfagna, dal canto suo, accusava il Pd: “Mi farò garante, come ministro delle Pari opportunità, di riparare all'errore commesso dal Partito democratico proponendo al Consiglio dei ministri un disegno di legge che preveda aggravanti per tutti i fattori discriminanti previsti dal Trattato di Lisbona, compresi quelli dell'età, della disabilità, dell'omosessualità e della transessualità”.
    Proprio ieri, poi, e poco prima della bocciatura della legge, il sindaco Gianni Alemanno, in piena emergenza aggressioni nella Capitale, si era fatto portatore di una posizione “terza”: “Sì alle aggravanti in caso di violenza personale, per reati fisici reali”, diceva il sindaco di Roma, “però sono stati aggiunti nel testo discorsi più astratti, violenze morali, concetti un po' indefiniti che vanno precisati. Non vorrei che ci fosse una lettura troppo ideologica di questa legge”.

    Nel Pd, intanto, scoppia di nuovo un caso Binetti
    : la deputata ha votato con l'opposizione motivando il no con “l'ambiguità del testo”. Il suo no è “un problema, un signor problema” agli occhi del segretario Dario Franceschini e di molti colleghi di partito.

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    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.