Similitudini d'oltreoceano
Se Obama fa la guerra a Fox, come la mettiamo con la libertà di stampa?
Mentre sulla prima pagina della Repubblica di ieri Massimo Giannini scriveva che “non s'era mai visto in nessun paese dell'occidente” un attacco a un singolo giornale come quello del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi alla portaerei mediatica di Carlo De Benedetti, a pagina 19 della stessa Repubblica c'era la notizia che in un paese che qualche rapporto con l'occidente ce l'ha, gli Stati Uniti, c'è un presidente, non Silvio Berlusconi, ma Barack Obama, che malgrado la sua infinita bontà ha deciso di rispondere a pallettoni alla campagna antipatizzante di Fox News.
Mentre sulla prima pagina della Repubblica di ieri Massimo Giannini scriveva che “non s'era mai visto in nessun paese dell'occidente” un attacco a un singolo giornale come quello del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi alla portaerei mediatica di Carlo De Benedetti, a pagina 19 della stessa Repubblica c'era la notizia che in un paese che qualche rapporto con l'occidente ce l'ha, gli Stati Uniti, c'è un presidente, non Silvio Berlusconi, ma Barack Obama, che malgrado la sua infinita bontà ha deciso di rispondere a pallettoni alla campagna antipatizzante di Fox News. “Li tratteremo come avversari politici – ha detto al New York Times la stratega della comunicazione della Casa Bianca, Anita Dunn – non abbiamo bisogno di far finta che Fox News sia una normale organizzazione giornalistica”.
La notizia della dichiarazione di guerra del premio Nobel per la pace al network di Rupert Murdoch, l'editore-squalo purissimo che secondo i teorici del complotto di stoffa berlusconiana fungerebbe da megafono internazionale delle campagne anti Cavaliere di Repubblica, si trovava in ben evidenza anche sul Corriere della Sera, il cui direttore è da qualche giorno al centro di un infuocato dibattito a colpi di editoriali e di telefonate in diretta al programma di Gad Lerner con i maggiorenti di Repubblica che lo accusano di viltà per non essersi schierato nella battaglia campale del giornale debenedettiano in difesa della libertà di stampa, considerata a rischio per le critiche del premier alla campagna antipatizzante di Repubblica. Nessuno di loro, però, ha collegato il caso Berlusconi-Repubblica a quello Obama-Fox News, nonostante sia pressoché identico. L'attacco della Casa Bianca al canale di Murdoch non è isolato e non è nemmeno il primo. E' stato lo stesso Obama, a giugno, ad aver detto che “c'è un canale televisivo interamente dedicato ad attaccare la mia Amministrazione”.
Fox News è stato il network preferito dalla presidenza Bush, ma da quando c'è Obama alla Casa Bianca il canale di Murdoch per mancanza di concorrenza ha visto aumentare sensibilmente gli ascolti, fino a doppiare molto spesso la Cnn e ad attrarre più telespettatori di Cnn e Msnbc messi assieme. Obama detesta davvero Fox News, come ha scritto il biografo autorizzato e poi sconfessato di Murdoch, Michael Wolff, e non ne fa mistero. Tra loro è in corso una guerra sempre meno fredda, le cui battaglie e prese di posizione definiscono entrambi i protagonisti. Fox attacca, macina soldi e di fatto affida l'opposizione conservatrice a gruppi eccentrici che nel lungo termine potrebbero provocare danni al Partito repubblicano.
Obama prende le distanze da Fox, fa felice la sinistra liberal ma la sua già scolorita immagine di uomo politico post partisan perde ulteriormente smalto. In campagna elettorale, dopo un lungo inseguimento, Obama si è fatto intervistare dalla superstar del network Bill O'Reilly e poi è andato anche dall'equilibrato giornalista Chris Wallace, ma una volta entrato alla Casa Bianca l'opposizione della Fox è diventata più dura. La prima mossa del network è stata di modificare il palinsesto e di cancellare la doppia conduzione – un conservatore accanto a un liberal – di uno dei programmi di punta, Hannity & Holmes, lasciando soltanto il repubblicano Sean Hannity a guidare lo show. La scelta decisiva è stata quella di aggiungere alla scuderia degli opinionisti il nuovo fenomeno della tv via cavo, Glenn Beck, un libertario di destra che racconta alle cinque di pomeriggio il mondo di Obama in modo irriverente e sarcastico e che è già riuscito a far licenziare un consigliere ambientalista del presidente per le sue posizioni radicali ed estremiste.
La risposta di Obama è stata di ignorare Fox News, tanto che alle prime conferenze stampa non dava mai la parola al bravissimo e imparziale inviato del network Major Garrett (anche alla Casa Bianca lo considerano un giornalista serio e lui rifiuta di comparire nello show di Beck). Fox ha replicato alzando i toni, rifiutandosi di mandare in onda la diretta di un paio di comizi televisivi del presidente e facendosi promotore, soprattutto con Beck, di rumorose manifestazioni popolari d'opposizione alla politica economica della Casa Bianca. Il gruppo di azione politica dell'America nera, “Color of change”, furioso perché Beck ha dato di “razzista” a Obama ha scatenato una campagna per il boicottaggio pubblicitario del suo programma e una sessantina di grandi aziende ha ritirato gli spot.
A metà settembre, Obama ha fatto il giro di tutti i talk show televisivi della domenica, compreso quello in lingua spagnola, tranne quello della Fox. Il commento di Chris Wallace, il conduttore, è stato questo: “In tutta la mia carriera non ho mai visto un gruppo di piagnucoloni come questi che stanno ora alla Casa Bianca”. Anita Dunn, alla Cnn, ha confermato la linea obamiana anticipata al New York Times: “La Fox è un'ala del Partito repubblicano”. La replica di Beck non si è fatta attendere: “Sono più preoccupati della guerra contro la Fox che della vera guerra in Afghanistan”, mentre sullo schermo compariva una pianta militare di Manhattan con un mirino puntato sul quartier generale della Fox e la scritta “nemico”. Alla domanda se sia legittimo o no attaccare pesantemente un organo di informazione indipendente che critica l'operato del governo, il piccolo campione di intellettuali e giornalisti liberal e conservatori interpellati dal Foglio non sembra preoccupato per le sorti della libertà di stampa.
Il direttore dell'inserto letterario e di quello culturale del New York Times, il saggista liberal Sam Tanenhaus, ha detto che non sa se il comportamento della Casa Bianca sia legittimo o no, ma sa che di certo esiste un precedente, non proprio lusinghiero per Obama: “Il vicepresidente di Nixon, Spiro Agnew, aveva dichiarato guerra a tutti i network, accusandoli di avere pregiudizi politici contro la Casa Bianca. Ma anche l'Amministrazione Bush giudicava tutto il mondo dei media come un ‘gruppo con interessi speciali'. In questo caso – ha detto Tanenhaus – mi pare che sia stata Fox a cominciare la guerra, trasmettendo un documentario pieno di calunnie durante la campagna elettorale”. Bill Kristol, opinionista di punta del network di Murdoch, considera “legittimo per la Casa Bianca trattare Fox in qualsiasi modo voglia”, ma crede anche che sia “una stupidaggine”, perché “i telespettatori di Fox sono tanti e molti di loro sono di larghe vedute su parecchie questioni, ma Obama se li sta inimicando”. Questa vicenda, ha concluso Kristol, “riflette un atteggiamento generale dell'Amministrazione Obama che è convinta che se non sei un suo ammiratore svenevole, non puoi che avere qualche rotella fuori posto”.
Il direttore della rivista di sinistra New Republic, Frank Foer, fa un discorso più articolato: “Finché c'è un atteggiamento di grande apertura nei confronti della stampa non vedo un grande problema nell'attaccare un organo di informazione particolare. Fox News non è soltanto di parte, ma mette in circolazione bugie molto dannose. Obama è costretto a rispondere e pensa che questo sia l'unico modo a disposizione. Se ripetesse la stessa cosa con altri, comincerei a inquietarmi seriamente. A volte mi sono preoccupato che Obama fosse incline a prendere questa direzione. Ma fin qui, dormo sonni tranquilli”. Il direttore di Newsweek, Jon Meacham, la cui copertina dell'edizione europea chiede a Berlusconi di dimettersi anche per il suo attacco alla stampa, non ha risposto all'email del Foglio sul caso Obama-Fox.
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