Fini, Violante, gli avvocati e i magistrati
Non soltanto immunità. Consigli al governo sulla riforma della giustizia
Sul tema della possibile riforma sulla Giustizia ieri è intervenuto anche Gianfranco Fini. Il presidente della Camera ha sostenuto che anche “in caso di separazione delle carriere sia da assicurare l'indipendenza della magistratura” e nel pomeriggio i coordinatori del Pdl hanno ricordato che sia “fuori discussione ogni ipotesi di sottoposizione del pm all'esecutivo”.
Sul tema della possibile riforma sulla Giustizia ieri è intervenuto anche Gianfranco Fini. Il presidente della Camera ha sostenuto che anche “in caso di separazione delle carriere sia da assicurare l'indipendenza della magistratura” e nel pomeriggio i coordinatori del Pdl hanno ricordato che sia “fuori discussione ogni ipotesi di sottoposizione del pm all'esecutivo”. Il principale argomento che si nasconde dietro la dialettica sulla riforma è però soprattutto uno: quell'immunità parlamentare voluta dai padri costituenti e sostanzialmente abolita sedici anni fa sull'onda emotiva di Tangentopoli (quando vennero introdotte modifiche sostanziali che ridussere le garanzie dei parlamentari). Oggi sono invece in molti a voler ripristinarla com'era in origine e parlando col Foglio Luciano Violante sottolinea come il testo originario dell'articolo 68 sia stato corretto perché “era stato delegittimato dall'abuso che ne aveva fatto la politica”. Dunque la riforma dell'immunità non sarebbe del tutto “illegittima” ma “oggi non sembra né opportuna né urgente”. Per Violante “in questo momento non è pensabile bloccare il lavoro del Parlamento per approvare una legge sulle immunità. Si sgretolerebbe ulteriormente il rapporto di fiducia tra società e politica”. Se si parla di squilibrio di poteri tra magistratura e politica, l'ex presidente della Camera ricorda che lo squilibrio c'è stato, ma “è avvenuto a fasi alterne e le prevaricazioni ci sono state da entrambe le parti”.
Meglio ipotizzare la riforma del sistema giudiziario e Violante propone due soluzioni: “Una riguarda la giustizia come servizio e l'altra la giustizia come potere”. Innanzitutto “la riduzione del numero di tribunali, da 164 a 100: spendiamo per la giustizia quanto la Francia, dove però ci sono meno tribunali e più efficienza”. La seconda proposta riguarda il Consiglio superiore della magistratura, oggi eletto per due terzi da tutti i magistrati ordinari e per un terzo dal Parlamento in seduta comune. Secondo Violante “le proporzioni andrebbero suddivise in tre parti, una affidata al Parlamento, una ai magistrati e una nominata dal presidente della Repubblica, tra personalità che abbiano svolto grandi funzioni istituzionali”. Inoltre “la responsabilità disciplinare va portata fuori del Csm e affidata ad un'Alta corte”. “Ci vuole coraggio”, dice Violante, ma senza coraggio le cose non cambieranno mai. Si potrebbe trovare “una maggioranza trasversale che le approvi”. Mentre sull'opportunità di ritornare all'immunità parlamentare è categorico: “Non è necessario e non è opportuno. Le priorità sono altre”.
Non è solo la politica a interrogarsi sull'opportunità di una riforma dell'immunità parlamentare. Giuseppe Cascini, segretario dell'Anm, fa notare che più volte l'associazione abbia sottolineato “le forme di immunità già presenti. E fino al '93 in Italia c'era un filtro per le iniziative penali, l'autorizzazione a procedere”. Se è stato necessario rivedere le garanzie dell'articolo 68 è perché “c'è stato un eccessivo uso del Parlamento nel negare l'autorizzazione”. Oltretutto per Cascini, anche negli ultimi anni, con regole più ristrette “il Parlamento ha negato spesso le autorizzazioni per l'utilizzo delle intercettazioni che coinvolgevano gli eletti”. Gli istituti, secondo Cascini, “vanno giudicati in concreto. E l'immunità non aveva dato risultati positivi”. Nessuna possibilità, dunque, di fare un passo indietro: “Bisogna prima riflettere sulle ragioni che hanno portato alla modifica del testo costituzionale: è stato abolito per un uso distorto che era diventato prassi”. E' di diverso avviso il presidente dell'Unione delle Camere penali, Oreste Dominioni: “E' ragionevole pensare di ripristinare il vecchio testo dell'articolo 68” perché l'immunità parlamentare garantisce uno schermo da eventuali iniziative della magistratura”. Quindi ribadisce che “la misura era stata pensata proprio per questo dai padri costituenti”. Valutare l'ipotesi di ripristinare il testo originale dell'articolo 68 per Dominioni potrebbe significare anche “estendere oltre la riforma o allargare le ipotesi di immunità”, ma per il momento basterebbe “ripristinare una garanzia che deve essere costituzionalmente garantita”. Ed è convinto che sia possibile farlo “già ora, in sede parlamentare”, senza attendere oltre.
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